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Afferro uno dei vassoi rossi della caffetteria, prima di posarvi sopra un piatto ancora bollente dalla lavastoviglie e seguire la fila di studenti lungo il buffet del pranzo. Penso sia la prima volta quest'anno in cui mi concedo di mangiare, seduta ad un tavolo, quando fuori c'è ancora la luce del sole. Il motivo è semplice: è lunedì, questa sera ho lezione di danza e giovedì scorso non ero decisamente in forma. Parlandone con LeBron, è stato chiaro sin da subito che non stia dormendo o mangiando abbastanza, lo stress dell'ultimo anno di università mi sta letteralmente uccidendo. Valuto le opzioni davanti a me: insalate, sandwich, due tipi di minestre, pollo alla piastra, puré di patate, patate arrosto, pasta immersa in un condimento non ben definito, quelle che dovrebbero essere lasagne, almeno tre dessert diversi, pane, montagne di pane. Non posso dire che la Sterling metta i suoi studenti alla fame.

«Se fossi in te, eviterei la shepherd's pie.» dice una voce al mio fianco.

Mi volto solo per vedere Jess, intenta a decidere di cosa riempire il suo piatto, mentre mi dedica un sorriso. «Pensavo fosse lasagna.» confesso confusa.

«Non mangiarla, fidati.» ripete tranquilla.

Sorrido e scuoto la testa, prima di prende una delle insalate già preparate e la vellutata di verdure. «Grazie.» dico a Jess, contenta di aver evitato la scelta peggiore.

«Oh, è il minimo.» risponde lei, la fronte corrugata. Mi basta guardarla in faccia per un secondo per capire a cosa sta pensando e venir trasportata di nuovo a quella sera di settimane fa, a quella festa, ricordare quanto era pallido il suo viso, quanto sia stata male, il fatto che sia dovuta andare al pronto soccorso per assicurarsi che nessuno l'avesse violentata.

Sento i brividi coprirmi le braccia, mentre mi sforzo di rimanere tranquilla. «Come stai?» le chiedo, avvertendo un pesante senso di colpa per non averlo fatto prima, per non averle scritto dopo quella sera e, soprattutto, per non aver ancora capito chi sia stato.

«Sto bene, davvero.» mi rassicura, prima di posare una fetta di torta al cioccolato sul suo vassoio e, subito dopo, metterne un'altra sul mio e farmi l'occhiolino. Se possibile, il senso di colpa aumenta. «Ho perso il conto di quante persone mi sono state vicine.» mi comunica, dandomi un leggero sollievo: si può dire qualsiasi cosa sulla Sterling, ma sono sicura che tutti abbiano capito la gravità di quello che è successo. Eppure, nessuno ha ancora fatto niente per trovare il colpevole.

«Mi dispiace non averti chiamata...»

«Luna.» mi interrompe, seria in volto. «Se non fosse stato per te non so cosa sarebbe successo, hai fatto molto più di chiunque altro, credimi.» posa una mano sul mio braccio coperto dal cappotto in panno grigio scuro, mentre io cerco di rispondere al suo sorriso e sono sicura che ne esca fuori solo una smorfia.

«Sicura di stare bene?»

«Starò meglio.» ammette questa volta. «Solo... penso che le feste saranno off limits per me, almeno per qualche mese, o qualche anno.» usa un tono leggero, ma non tranquillizza nessuna delle due e, mentre le orecchie cominciano a fischiarmi ed il mio respiro accelera leggermente, capisco che non è solo senso di colpa quello a fare pressione sul mio petto, no, è anche rabbia, tantissima rabbia. Jess mi saluta e raggiunge le sue amiche al tavolo, mentre io rimango ferma con il mio vassoio pieno e lo stomaco chiuso, nervosa: non è giusto. Non è giusto che Jess sia stata così male, si sia spaventata tanto da dover rinunciare ad una parte della sua vita a causa di uno stronzo che è rimasto tranquillo nell'anonimato, senza pagare per quello che ha fatto, uno stronzo che potrebbe provarci di nuovo alla prossima festa. Non è giusto. Non è giusto.

Ormai furiosa, abbandono il vassoio su uno dei tavoli e mi allontano velocemente dalla caffetteria, raggiungendo l'edificio della facoltà di Scienze ad una velocità impressionante, dato che devo attraversare buona parte del campus. Ho il respiro corto mentre mi avvicino ad una delle bacheche all'ingresso e cerco il nome di Donny Lang: ha prenotato uno dei laboratori, è sin troppo facile trovarlo. Non mi preoccupo nemmeno di bussare alla porta in vetro, semplicemente la apro e a passo di marcia avanzo verso Donny, fermo al di là di uno dei banconi, in mano un paio di fogli, addosso il camice bianco e gli occhi fissi su di me, mentre un'espressione ben più che sorpresa gli domina il viso.

Fallen from the sky with Grace Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora