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Riconosco gli edifici che precedono l'ingresso al campus, mentre nell'oscurità di mezzanotte ci avviciniamo sempre di più alla Sterling.
Non abbiamo lasciato la Pennsylvania per un clima più mite, questo è certo: sembra che fuori tutto sia ghiacciato: la neve, le strade, le auto, gli alberi.
Natale è finito e rimane solo l'alone grigio che domina Gennaio.

Eric rinsalda la presa sulla mia gamba, costringendomi a distogliere lo sguardo dal paesaggio al di fuori del finestrino e a concentrarlo su di lui: l'espressione seria, più tesa con ogni miglia che ci siamo lasciati alle spalle da Reading in poi. Vorrei sapere a cosa sta pensando, se è quello che preoccupa anche me, il fatto che mi lascerà alla Lynn Hall e non so quando ci vedremo di nuovo, il fatto che per la prossima settimana Eric sarà completamente irreperibile, concentrato sul football. Cerco dentro di me la forza di dimostrarmi comprensiva, di ricordarmi quanto ha lavorato per arrivare fin qui e ora più che mai distrarlo dal gioco non è un'opzione. Per questo ho deciso di fare buon viso a cattivo gioco: l'ho costretto a permettermi di aiutarlo a disfare l'albero di Natale a casa degli Haynes nonostante mi abbia spezzato il cuore, e nonostante lui si sia dimostrato deciso ad allontanarmi dalla scena del crimine. Ho cercato di scherzare, ridere e prenderlo in giro ogni volta che lo vedevo farsi troppo serio, di alleggerirgli la coscenza. È nervoso per la finale, di questo sono certa, nemmeno Eric Haynes è immune all'ansia da prestazione.

Quando raggiungiamo il campus noto subito che per strada non c'è quasi nessuno, il freddo deve aver costretto tutti a chiudersi nei dormitori. Eric svolta a destra, si ferma ad uno stop e poi procede dritto senza dire una parola, così come ha fatto da quando ci siamo lasciati alle spalle l'ultima tavola calda dove ci siamo fermati, ed in cui mi ha costretta a mangiare. Ferma l'auto di fronte al vialetto che precede l'ingresso della Lynn Hall, la maggior parte delle finestre illuminate ad indicazione del fatto che le altre ragazze sono ancora sveglie. Nessuna possibilità di trascinare Eric dentro con me.

Spegne il motore facendo piombare l'abitacolo in un silenzio teso, la radio non riproduce più musica, il rumore dell'aria calda si ferma di botto. La sua mano è ancora sulla mia gamba, però, i suoi occhi fissi sulla strada davanti a noi. Mi slaccio la cintura, mentre penso al modo giusto per ringraziarlo per questi giorni. Non appena sono libera, però, i suoi occhi scattano su di me. Dio, è davvero nervoso. «Ho un'idea.» comincia deciso, le dita che affondano nel tessuto dei miei jeans. «Vieni alla Kappa Sigma.»

«Cosa?» domando stupita.

«Sicuramente stanno tutti dormendo, se facciamo silenzio...»

«Eric.»

«Per un paio di giorni, o di più se vuoi... se vuoi rimanere.»

«Non credo che gli altri dormiranno per due giorni, o di più.» ribatto corrugando la fronte. «È troppo rischioso.»

Eric sospira, prima di tornare a fissare la strada in silenzio. Quando parla, sembra ancora più risoluto di prima. «Troviamo una stanza da qualche parte.»

«Che?»

«Sì, sicuramente c'è qualcosa vicino al campus, solo per un paio di giorni...»

«"O di più se voglio rimanere"?» ripeto le sue parole, ma lui sembra che nemmeno mi ascolti, prende il cellulare dal portaoggetti della macchina ed apre una pagina di ricerca. Sgrano gli occhi nel capire che è serio, estremamente serio. «Eric, non possiamo vivere in un hotel per una settimana.»

«Perchè no?»

«Perchè... perchè...» ha ragione, perchè no? Scuoto la testa, cercando di tornare ad essere la persona razionale in questa conversazione, mai avrei pensato di dover cercare di riportare Eric Haynes con i piedi per terra. Mai nella mia vita. «La finale è tra una settimana, hai bisogno di concentrarti. Significa che hai bisogno di tornare a casa, dormire nel tuo letto, riposarti come si deve, non passare una settimana in albergo.»

Fallen from the sky with Grace Where stories live. Discover now