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Non sono mai stata ad una finale di football universitario, so perfettamente che durante il secondo anno i Big Red, grazie ad Eric, si sono qualificati ed hanno perso a Houston, all'ultimo, per appena un punto. L'anno scorso, invece, non hanno superato la semifinale, complice il fatto che le temperature nello stato di New York avessero raggiunto livelli artici durante buona parte dell'autunno e dell'inverno: allenarsi all'aperto, in un campo vero e proprio, è rimasta un'utopia per buona parte del tempo. Quest'anno, però, è diverso, sembra che chiunque se ne renda conto. La tensione e l'aspettativa nell'aria sono alle stelle, il nome di Eric è sulla bocca di tutti, la maggior parte dei tifosi dei Big Red con una replica della sua maglia addosso, il numero 19 ovunque. È la sua ultima partita per la Sterling, dopodiché diventerà una leggenda, indipendentemente dal risultato finale.

Do il mio nome al centro informazioni dello stadio di Ithaca, la ragazza dall'altra parte mi sorride e fa cenno con la testa ad una guardia di sicurezza, prima di passarmi un badge e augurarmi buon divertimento. Non sarà divertente, lo so già ora: sono talmente agitata da avere la nausea, forse persino più in ansia di Eric.

Negli utlimi due giorni non l'ho visto, ben attenta ad evitare di incontrarlo in giro per la scuola. Non che abbia davvero lasciato la mia stanza, se non per andare a lezione e, una volta, costringermi a prendere un caffé con Denise Rowland. Me ne sono pentita all'istante quando, senza peli sulla lingua, mi ha chiesto da quanto Eric ed io stessimo insieme e perchè non le avessi detto niente. Un colpo al cuore, al pensiero che Eric ed io non staremo mai insieme, che dopo oggi ci sono alte probabilità che le nostre strade si separino per sempre.

So che ha bisogno di vedermi sugli spalti, perché la mia presenza lo rassicurerà del fatto che non sono arrabbiata con lui, che non deve sentirsi in colpa, che non ha niente di cui farsi perdonare. È l'unico motivo per cui sono qui, quando tutto quello che vorrei fare è passare la giornata a letto e dormire, dormire per tutto il weekend.

Mentre seguo la guardia tra i corridoi al di sotto degli spalti, do un'occhiata al mio cellulare e, subito dopo, cerco di fare i conti con la sensazione di vuoto che prende il posto del mio stomaco. Ho ricevuto un centinaio di messaggi da parte di chiunque, persone con cui ho parlato due volte in vita mia, Bea, Jess, Gabrielle e chiunque avesse ricevuto la notizia di me ed Eric: chi ci ha visti in biblioteca deve aver sparso la voce. Eric, dal canto suo, mi ha chiesto tutti i giorni se potessimo pranzare insieme, tra gli allenamenti e le lezioni. Gli ho detto di essere impegnata e lui non ha insistito; credo che se avesse visto lo stato in cui sono, probabilmente mi avrebbe sollevata di peso dal letto e portata in caffetteria. Non mi interessa però, non mi interessa dei messaggi, non mi interessa delle chiamate, non quando l'unica persona con cui voglio parlare è decisa ad ignorarmi.

Non pensarci. Non pensarci.

«Luna!» la signora Haynes mi chiama dal suo posto, sorridendomi contenta e facendomi segno con una mano di raggiungere lei e suo marito, Kyle è seduto accanto a loro. La guardia sparisce mentre li raggiungo; la mamma di Eric non perde un secondo: mi avvolge in un abbraccio che per un attimo rischia di farmi scoppiare a piangere, qui, sugli spalti dello stadio di Ithaca. «Pensavamo di vederti alla conferenza stampa prima della partita.» commenta lasciandomi andare, mentre suo marito mi dedica un altro abbraccio e mi libera solo per concentrarsi sul coach Adams a bordo campo, intento a parlare con almeno dodici persone diverse, nessuno dei Big Red ancora presente.

«Dovevo studiare.» mi giustifico, cercando di tenere la voce ferma, sforzandomi di sorridere. La signora Haynes mi guarda confusa, ma prima che possa dire qualcosa i miei occhi virano su Kyle, dall'altra parte. Mi fa un cenno con la testa, lo sguardo estremamente freddo, prima di tornare a fissare il campo da football. Per un attimo mi ricordo che LeBron non è l'unico a non rispondere ai miei messaggi. Non cerco di parlare con Kyle, però, so che ha bisogno di tempo e non lo biasimo: Delia Garcia non aveva tutti i torti nel dire che Eric ha la sfera emotiva di una porta, non è sempre così, ma succede. Sta succedendo con Kyle, ora, deciso a mettere da parte l'orgoglio per il suo migliore amico, ma ancora profondamente ferito per quello che è successo. Eric l'ha messo davanti ad una scelta, non ho intenzione di fare lo stesso, di imporgli la mia presenza quando è chiaro che non mi consideri più sua amica. Posso davvero biasimarlo?

Fallen from the sky with Grace Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora