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Sorrido al concierge notturno, ricevendo in risposta un cenno della testa ed un "Miss Morland" quasi sussurrato. Tento di camminare lentamente, con calma, cercando di non far capire alle receptionist o agli altri ospiti dell'albergo quanto i miei passi siano leggeri. Non ho bevuto alcol alla festa, eppure mi sento euforica, estremamente euforica.

Infilo le mani nelle tasche della giacca, il mio cellulare deceduto da ore è solo un peso morto accanto alla chiave della camera. Quando le porte scorrevoli dell'ascensore si aprono mi infilo all'interno e, per tutto il viaggio, sono costretta a fare i conti con il mio riflesso allo specchio. Non avevo così tanto trucco in faccia quando sono uscita di casa, di questo sono certa.
Il "ping" dell'ascensore mi fa sussultare, muovo passi incerti verso la camera, pregando, per la gioia di mia madre, che Eric non sia ancora tornato in albergo.

Dio non risponde, non è una sorpresa.

« Ehi.» saluto Eric continuando a sorridere, mentre chiudo la porta alle mie spalle e valuto la situazione. Il mio ragazzo è seduto sul bordo del letto matrimoniale, i gomiti posati sulle gambe e le mani che gli coprono la bocca. Capelli in disordine, occhiaie leggermente più marcate del normale, e una chiara luce negli occhi: è furioso.
In fretta prendo l'unica decisione possibile: comportarmi come se niente fosse. « Sei già tornato dalla cena?»

« Sono le due del mattino, Luna.» mi risponde in tono freddo, prima di abbandonare il letto e fronteggiarmi in tutta la sua altezza. « Ho provato a chiamarti per ore.»

« Lo so, lo so.» mormoro, abbandonando la giacca su una sedia e sfilandomi simultaneamente gli stivaletti. Ringrazio il Cielo di non essere ubriaca. « Il mio cellulare è morto, e stavo aspettando che Kate si decidesse ad andare via...»

« Chi?» mi interrompe a bassa voce.

« Kate.» ripeto ovvia, sfilandomi i jeans, la felpa e rimanendo con addosso solo un top grigio che ho pescato dalla mia valigia in fretta e furia. « Studiava moda al Fashion Institute di New York.» proseguo verso il bagno, mentre i suoi passi mi seguono. Il suo silenzio è più pesante del normale. « Ho fatto da modella per lei per un paio d'estati, chiedi a LeBron.»

« Luna.».

Visto il suo tono di voce, lascio andare l'acqua micellare e mi volto verso di lui, il dischetto di cotone ancora in mano. « Sí?» chiedo, senza perdermi la tensione delle sue spalle.

« Dove diavolo eri.» scandisce lentamente ogni parola, dovrebbe essere una domanda ma non lo è.

« A una festa con Kate nel West End.»

« A una festa con...» si interrompe, chiude gli occhi e prende un bel respiro. « Comincia dall'inizio per favore. Sono uscito per incontrare i Patriots prima della cena, eri ancora in hotel.»

« Sono tornata verso l'appartamento.» spiego fingendomi tranquilla. Stiamo per litigare, so che stiamo per litigare. « Volevo fare un salto da Trader Joe's, ma Kate ha risposto alle mie storie di Instagram perchè stava scattando una campagna qui a Boston e una delle modelle si era data malata all'ultimo. Quando ha detto che mi avrebbero pagato 800 dollari sono corsa subito verso la location. Dio, quanto trucco mi hanno messo in faccia?» mi lamento, recuperando un altro dischetto e gettando quello sporco nella spazzatura.

Faccio in tempo a legarmi i capelli e a lavarmi la faccia, prima che Eric mi ricordi della sua presenza, e che stavo raccontando qualcosa. « La festa, Luna.»

« Oh sì.» mi asciugo la faccia e recupero lo spazzolino. « Il fotografo ci ha invitati nel suo appartamento nel West End.» mi lavo i denti, Eric attende sulla soglia del bagno, le braccia incrociate, gli occhi fissi sulla sottoscritta.

Fallen from the sky with Grace Where stories live. Discover now