34

4.3K 137 37
                                    




Simona va ad aprire la porta d'ingresso di casa, sbagliando – ancora una volta – a schiacciare il giusto pulsante dei vari telecomandi attaccati alla parete del corridoio d'entrata, e aprendo probabilmente anche tutti i garage e i cancelli del giardino.

Non potevo biasimarla, io per prima non avevo ancora memorizzato il significato di tutti quei comandi elettronici, e aspettavo ancora che Paulo li scrivesse su un foglietto di carta da porre proprio sopra ognuno di essi.

Me lo aveva promesso circa da qualche settimana.

Lo aveva fatto? No.

Se ne sarebbe ricordato prima o poi? Probabilmente no.

Alla porta si ritrova proprio Paulo, in tutto il suo splendore per quei capelli schiariti e la pelle un po' più scura per quei pochi pomeriggi in cui avevamo trovato il tempo di prendere un po' di sole, proprio sulle sdraio del nostro giardino.

Peccato che a lui bastassero pochi giorni, mentre io avrei avuto bisogno almeno di un mese, e ciò che avevo raggiunto era un po' di rossore sulla fronte e sulle guance che avrebbe – probabilmente – rovinato il trucco per domani. O forse sarebbe stata la scusa buona per renderlo ancora più semplice.

Ci eravamo trasferiti definitivamente nella sua nuova casa all'inizio del mese di luglio.

Nostra – cazzo – nostra nuova casa, all'inizio del mese di luglio.

Non ci eravamo fermati un attimo, tra la fine del campionato, la laurea, la partenza per l'Argentina e poi il Brasile, per la sua Copa America.

Non era stato un torneo felicissimo, ma ci eravamo accontentati del terzo posto e del suo gol con quella maglia che tanto amava e che lo emozionava tantissimo, ogni qual volta la indossasse o pensasse semplicemente di farlo, di fronte a ogni convocazione.

Era stato bellissimo vederlo esultare felice, e poi avvicinarsi a me e alla sua famiglia, per scambiarsi uno sguardo e un saluto dolce e veloce.

Eravamo tornati in Italia subito dopo e ci eravamo promessi che mai avremmo cambiato ulteriormente casa. Soprattutto con il caldo dell'estate.

Un trasloco in piena estate a Torino? La morte.

Tanto non ce ne sarebbe mai stato bisogno, di spostarci ancora.

"Tu che ci fai qui? – gli chiede Simona indispettita – Quale parte di "non ci si vede la sera prima" non ti è chiara?", continua, facendolo ridere mentre alza le braccia per mostrare cosa avesse portato per farsi accettare.

A casa sua.

"Lo so, solo qualche minuto dai. Ho portato il gelato", la prega poi, entrando non appena Simona gli fa spazio e guardandosi intorno, una volta in salotto.

"Dove sono tutti?", chiede poi, mentre posa lo sguardo sul divano al centro della stanza, e su di me e Kaia, entrambe bellamente sdraiate lì sopra.

"Le ragazze sono andate a sbrigare le ultime cose e poi porteranno le pizze. Ceniamo qui, mentre i suoi genitori sono fuori probabilmente con la tua famiglia" gli spiega Simona, dopo avergli tolto di mano le tre, quattro vaschette di gelato che aveva portato per tutte noi.

Ci raggiunge sorridente, salutando - come sempre - prima Kaia con una carezza e un bacio sulla testa, dopo averla chiamata hermosa.

Poi porta lo sguardo su di me, e subito dopo su Simona.

"Posso darle un bacio?", le chiede indicandomi e facendole gli occhi dolci.

Scoppiamo a ridere e lo vedo chinarsi in pochi secondi verso di me, lasciandomi un lieve bacio a stampo.

Más que nunca - Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora