29

6.5K 178 28
                                    

31 dicembre.

Essere catapultati dall'altra parte del mondo e passare, nel giro di 14 ore, dall'inverno all'estate, rimarrà per sempre una delle sensazioni più belle in assoluto.

Lo sarà meno il contrario, quando io e Paulo rientreremo in Italia.

L'Argentina ci aveva finalmente accolti insieme, per la prima volta.

Buenos Aires ci aveva dato il benvenuto con i suoi meravigliosi 37 gradi già a metà mattinata.

All'aeroporto erano venuti a prenderci Andrés, uno dei migliori amici di Paulo, e la sua ragazza, Giorgia.

Entrambi si erano fatti trovare con dei cartelloni con su scritto i nostri nomi tra le mani, come le famose scene dei film.

Per un attimo mi è sembrato di essere tornata alla mia prima volta in America con la mia famiglia, quando avevo 13 anni.

Un nostro parente americano ci aspettava con un foglio con i nostri nomi.

Aveva sbagliato a scrivere il mio, e da quel momento e per tutto il soggiorno sarei stata chiamata Beatricia.

A volte mia mamma mi chiama ancora così, per prendermi un po' in giro.

Andrés non lo avevo ancora mai conosciuto, se non tramite qualche videochiamata a distanza con Paulo, ed era già uno dei miei preferiti, perché lo prendeva costantemente in giro.

Nemmeno quella mattina si sarebbe fermato.

"Bienvenida en Argentina", mi dicono all'unisono i due, poi Andrés tira fuori il braccio nascosto dietro la schiena e mi porge un mazzo di fiori pieno di colori.

Rimango interdetta, sorridendo e ringraziando mentre mi presento.

"Non le piacciono i fiori", commenta Paulo, fingendosi offeso perché nessuno dei due lo aveva raggiunto per salutarlo.

Andrés mi guarda, poi si gira e si avvicina al suo amico, sorridendo sornione.

"Non devi essere geloso, Paulino", gli risponde, porgendogli i miei fiori in segno di scuse.

Paulo scoppia a ridere, dandogli uno scappellotto, per poi abbracciarlo forte.

Ormai è abituato a non vedere i suoi amici per mesi e mesi, però quando poi torna a casa, stare con loro è una delle sue gioie più grandi.

Era bellissimo per lui rivedersi dopo tanto tempo e non avvertire affatto la distanza di tutto quel tempo, perché nel momento in cui si rivedevano, ogni volta ci si rendeva conto che il tempo è come se non fosse passato mai, e ci si ritrovava a parlare tra amici come se ci si vedesse tutti i giorni.

Un po' come quello che provavo io, quando rientravo a casa mia, dalle mie persone.

Eppure Paulo passava un intero anno, lontano dalla sua casa.


Ci spostiamo nell'auto di Andrès, dove ad aspettarlo c'è il suo cane, che salta impazzito da un sedile all'altro della sua Jeep al solo suono della voce di Paulo.

Ovviamente.

"Hola Dumbo", urla Paulo, accogliendolo tra le braccia una volta seduto dietro al mio fianco.

Dumbo è un bulldog francese dagli occhi chiari e il pelo grigio. Ciò che più di tutto colpiva del suo aspetto erano le enormi orecchie dritte e rizzate sulla testa, che attiravano l'attenzione più di qualsiasi altra parte del corpo.

Che nome geniale.

Potevo impazzire letteralmente, di fronte a quella bellezza.

La mia vocina innamorata attira la sua attenzione, e in pochi secondi passa dalle gambe di Paulo alle mie, beandosi delle mie carezze euforiche, sotto lo sguardo divertito di Andrès.

Más que nunca - Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora