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Avevo sempre odiato dire cazzate.

Inventarmi scuse.

Mentire.

Soprattutto con le persone che amavo.

E mi era anche difficile farlo, perché non ne ero capace.

Infatti gli ultimi tre giorni a casa con Paulo erano stati un continuo evitarlo, cercando e inventando impegni di studio per un esame da sostenere, e poco, quasi per nulla tempo per prepararlo.

Invece, quello che facevo era rinchiudermi a casa di Simona, valutando cosa fare, e dell'esame che realmente andava preparato in pochi giorni, non ero riuscita a studiare nemmeno mezzo capitolo.

"Credo che dovremo rivederci ad un altro appello, signorina", ho dovuto sentirmi dire dall'uomo di mezza età sedutomi di fronte, mentre segnava una croce sulla terza domanda posta, senza ricevere una risposta adeguata da parte mia.

Ero arrabbiata, delusa, e così infinitamente stanca dall'essere condizionata nelle cose importanti, da eventi futili e sicuramente meno fondamentali del mio futuro.

Mi ero trascinata stancamente fino al pomeriggio in cui avrei incontrato, dopo giorni di incertezze e dubbi, il mittente del messaggio, pensando anche a quale ennesima scusa avrei dovuto riservare a chi, invece, di quello che stavo facendo, non ne sapeva nulla, e forse nemmeno lo immaginava.


     Da: Paulo
<<Passo a prenderti
da Simona a
fine allenamento.
Ti porto fuori
per dimenticare
la gran bella
giornata di merda>>

è il messaggio di Paulo, che leggo nel momento in cui metto piede nel bar dell'appuntamento, riconoscendo una sagoma familiare in un tavolo appartato, in fondo alla sala.


Antonella era lì, impegnata nel farsi il selfie della giornata, di fronte ad una tazza di the, o uno di quegli intrugli di fit qualcosa per evitare il cibo vero.

Non che sapessi cosa facesse nella vita, ma negli ultimi giorni, ovviamente, Simona aveva indagato, ricordando ad entrambe che, purtroppo, esistesse ancora, e aveva sbirciato un po' i suoi impegni, il suo calendario da eterna ragazza con la speranza di diventare fashion blogger.

Peccato che non stava andando esattamente come volesse, evidentemente.

La raggiungo incerta, guardandomi più volte intorno con quel mal di stomaco che si era fatto vivo infinite volte, e quel timore dell'essere viste insieme.

Perché a prescindere da quello che avrebbe voluto mostrarmi, l'ultima cosa che avrei sempre desiderato era passare per chi non sono, o mettere in cattiva luce la persona che amavo.

"Hola... cioè, ciao Beatrice", mi accoglie la ragazza, con un sorriso sicuro a dipingerle le labbra carnose e rosee, quella sicurezza che io non avrei avuto nemmeno il giorno della mia proclamazione di laurea.

"Puoi anche parlarmi in spagnolo. Lo capisco benissimo", le rispondo fredda, e decidendo esattamente in quel momento che sarebbe stato questo il mio saluto per lei.

Annuisce, sbattendo le palpebre un paio di volte, poi mi fa segno con la mano di sedermi di fronte a lei.

Faccio come mi dice, e la osservo attirare l'attenzione di un cameriere, alzando leggermente la mano e facendo rumore di campanelline assordanti appese al bracciale Pandora che portava al polso.

Era completamente pieno, e probabilmente valeva quanto il mio intero abbigliamento nero di quella gran bella giornata di merda che stavo vivendo, e che ancora non era finita.

Más que nunca - Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora