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Perugia mi era mancata.

Un po' meno le urla delle persone sotto la mia vecchia casa universitaria a tutte le ore del giorno e della notte.

Ma mi era mancata.

Mi era mancata la sua tranquillità, il suo essere così semplice, nonostante la sua importanza a livello universitario, poiché accoglieva la maggiore percentuale di studenti stranieri d'Italia.

Ci avevo vissuto due lunghi anni, e mai avrei pensato di poterla abbandonare prima del tempo.

Ma, si sa, spesso la vita ti mette di fronte a scelte inaspettate e, tornando indietro, e nonostante le liti o la convivenza che non era affatto una cosa semplice, rifarei la stessa scelta altre mille volte.

Anche in una prossima vita.

Per lui.

Dopo mesi, avevo rivisto il mio ateneo, le aule nuove e allo stesso tempo consumate un po' dal tempo.

Avevo rivisto alcuni colleghi e ne avevo incontrati altri con i quali non mi ero mai trattata, ma che improvvisamente mi salutavano con calore.

Mi ero seduta, per l'ultima volta, di fronte ad un professore dall'accento umbro ed avevo esposto tutto quel che avevo imparato da quel libro che mi aveva consumata, in quell'ultimo, difficile mese.

La sensazione finale era sempre sublime, ed è sempre un immenso, unico piacere, provarla.


<<Quest'agonia è finita, finalmente>>, è l'esordio di Paulo in videochiamata, una volta tornata a casa con Alessia, che era pronta a preparare 200gr di pasta a testa per festeggiare l'esame passato.

Il suo viso, illuminato dal caldo sole dell'Arabia Saudita, in cui era in ritiro con la sua Nazionale, era ancora più dolce e bello.

O forse ero io, in quel momento, che vedevo tutto diversamente.

<<Ora conosci anche tu, la Bea insopportabile pre-esame, Paulo>> è il saluto di Alessia, mentre si affaccia sullo schermo del cellulare per salutarlo.

Lui scoppia a ridere, battendosi poi una mano sulla fronte.

<<Facciamo che te la spedisco indietro in quel periodo, va bene?>>

<<E' che non crede mai in se stessa, né nelle sue capacità. Non ce la farà mai a capire che è brava e alla fine ce la fa sempre>>

Le parole di Alessia mi risuonano nella testa, mentre io e Paulo ci scambiamo uno sguardo complice e consapevole di quanto, forse, sia vero quello che dice.

Lui annuisce, per poi guardarmi in una maniera così dolce da farmi venir voglia di baciare lo schermo.

Mi alzo, lasciando Alessia in cucina e chiudendomi nella sua camera, mentre Paulo, nello stesso tempo, raggiunge la sua, che condivide con Gonzalo.

<<Quanto rimani lì?>>, mi chiede, dato che in quei giorni non avevamo avuto modo di parlare molto, per gli impegni di entrambi e il fuso orario.

<<E' venerdì. Giusto questo fine settimana. A Torino non c'è praticamente nessuno e le lezioni cominceranno tra due settimane. Così qui rivedo anche qualche amico>>, lo informo.

<<Amico, come... ehm, Mattia?>>, chiede curioso, e sbagliando il suo nome per l'ennesima volta.

<<Di Mattia ne conosci solo uno, e quello è il tuo compagno di squadra. Non ce la fai proprio a dire Matteo?>>

<<Che fa, è lo stesso>>, ribatte, con un'alzata di spalle.

<<Non è vero, a te dà fastidio quando ti chiamano Paolo e non Paulo>>, dico, facendolo ridere.

Más que nunca - Paulo DybalaWhere stories live. Discover now