Capitolo 34

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Come si chiamano quei periodi in cui non si ha voglia di fare davvero nulla? Quei periodi in cui l'unico desiderio è quello di rimanere sotto le coperte fino a far decomporre le lenzuola e il corpo dentro?
Quei periodi in cui vuoi addormentarti e svegliarti soltanto mesi dopo?

Nullafacenza? Lasciarsi poltrire? Lasciarsi andare?

Depressione?

Qualunque fosse il suo nome, era esattamente quello che stavo facendo io.

Questo era il periodo che stavo vivendo io.

Mi alzavo dal letto solo per mangiare qualcosa, o lavarmi.

Le lezioni, dopo la sessione, erano ricominciate, ma nell'ultima settimana si erano bloccate per la neve, che aveva ricoperto l'intera città, perciò non dovevo neppure uscire di casa per andare all'università.

La spesa neppure la facevo, non avevo fame, né voglia di prepararmi qualcosa da sola.
Per questo, ringraziavo le mie coinquiline quando mi spalancavano le finestre, buttandomi giù dal letto e portandomi in cucina, a volte imboccandomi con le loro dispense.

Era un gesto pieno d'amore, ma a volte avrei voluto davvero ucciderle.
Mi stavano addosso, volevano farmi star meglio, ma non capivano che l'unico modo per stare meglio lo trovavo riducendomi a un vegetale nel mio letto.

Sento bussare alla porta della mia camera e prego non sia di nuovo arrivato il momento di "interveniamo e salviamo la piccola Bea", ma invito chiunque ci sia dietro a entrare.

"Ehi.." mi sussurra Alessia, affacciandosi con la testa oltre la porta.

"Ehi" le rispondo da sotto le calde coperte e facendole capire che sono sveglia, viva e vegeta.

"Ti ho portato il computer e qualcosa da sgranocchiare nel frattempo" mi informa, entrando in stanza e cominciando a poggiare roba sul lato libero del letto.

"Per cosa?" le domando, portando di poco fuori la testa.

"Come per cosa? C'è la partita!" mi informa, quasi incredula al mio menefreghismo improvviso.

E aveva ragione.
E non sapevo nemmeno io come avevo fatto a dimenticarlo.

La Juventus non giocava da oltre una settimana, vista la neve che, oltre alla mia città, aveva bloccato anche la città di Torino, e soprattutto aveva fatto rinviare una partita di Campionato.

Io, dal canto mio, mi ero rifiutata di guardare quella dopo, nonostante la sua estrema importanza, poiché semifinale di coppa Italia, ma non avevo alcuna intenzione di rivedere Paulo in campo.

Paulo.

Dopo l'ultima sera a Torino, in cui mi ero rifugiata da Roby, non lo avevo più visto, né sentito.

I primi giorni aveva insistito con messaggi e chiamate, accompagnato da Roberta, ma le mie continue non risposte, hanno fatto deporre le armi ad entrambi, dopo poco.

Con quest'ultima, solo qualche messaggio in più.
Era così dolce e premurosa con me, ma c'erano giorni in cui davvero non volevo sentire né vedere nessuno, e questo includeva anche i suoi messaggi.

Paulo era arrivato a qualche monologo in solitaria, con la nostra chat che si sviluppava solo da un lato.

Almeno era andata avanti così per un po'.

Poi si era calmato.

Poi aveva smesso.

Perché era pur sempre uno scorpione.

Lui, da quanto mi diceva Alessia e dalle foto e le storie che vedeva, cercava di non scomparire per gli altri, cosa che invece avevo fatto io, cercava di non dar a vedere la sua confusione, la mia improvvisa assenza e la ricomparsa della sua ex, la quale, invece, metteva sempre più in risalto la sua presenza a Torino, il rapporto con le altre compagne dei ragazzi della squadra, in particolare con Michela, con la quale usciva il sabato sera o seguiva qualche partita insieme.

Más que nunca - Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora