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"Dios, esta es la mejor carbonara de mi puta vida", esclama Lautaro, posando la forchetta sul piatto vuoto, soddisfatto del suo pranzo del primo dell'anno.

Eravamo a tavola, sotto una tettoia di legno e riuniti in una lunga tavola scura, nel giardino di casa di Paulo, e avevo preparato un pranzo italiano per tutti loro, perdendo il conto delle uova utilizzate, per paura che non potesse essere abbastanza.

Ma dovevo anche essere sincera, forse la fortuna per una volta aveva giocato dalla mia parte, e quella volta mi era venuta più buona del solito, e sentirselo dire da tutta la famiglia, ma soprattutto da Paulo, che mi aveva sussurrato fosse venuta anche meglio di quella di mio fratello, che era la perfezione, beh, mi dava una certa soddisfazione.

Scoppiamo a ridere, mentre Romina, sua madre, che aveva accettato l'invito a casa della sua ex suocera, regala uno sguardo a suo figlio, da sempre infastidita di fronte ad un cattivo linguaggio.

Poi, per Dolores, l'illuminazione.

"Ma la conosci qualche parolaccia in spagnolo?", mi chiede, spostando il suo piatto vuoto e facendosi avanti con il busto verso il tavolo, esattamente di fronte a me.

In realtà non avevo mai usato parlare in spagnolo quando ero arrabbiata, o mentre litigavo con Paulo, perché neanche lui le usava tanto, quando litigava con me. Preferiva farlo in italiano, così che potessi capirlo anche in quel caso.

Solo una volta avevo dedicato un insulto in spagnolo per un professore all'università con cui non ero andata molto d'accordo.

Paulo scoppia a ridere, per poi rispondere al posto mio che il momento in cui ci eravamo insultati ognuno nella lingua dell'altro non era ancora arrivato.

"Forse 'joder', ma non credo di saperlo dire nemmeno nel modo giusto", ammetto, sentendo entrambi scoppiare a ridere proprio perché ovviamente non avevo pronunciato bene la parola.

Spingo via Paulo che, continuando a ridere, cerca di avvicinarsi per baciarmi le labbra arricciate in segno di offesa, facendolo ridere ancora di più.

"Io non faccio queste cose, sono una ragazza gentile ed educata", mi difendo, mentre l'occhiata ironica che mi riserva Paulo questa volta fa ridere me.

"Bea tiene razón", replica subito la sua mamma, sorridendomi poco lontana da me, al suo posto a capotavola.

"Questo perché non l'avete vista guardare una partita da casa – ribatte Paulo – in realtà la mia ragazza è un vero maschiaccio", aggiunge poi, meritandosi un dolcissimo pizzicotto sul fianco.

"Non sono un maschiaccio. Ci tengo a difendere la mia squadra", rispondo, alzando le mani in segno di innocenza.

Dolores scoppia a ridere, per poi alzarsi e offrirmi la sua mano.

"Va bene, allora, Cristiano Ronaldo – dice poi – andiamo a farci una bella partita a calcetto. Vediamo chi delle due è più maschiaccio", propone, mentre non le permetto nemmeno di finire che sono già in piedi.

Ci spostiamo nella parte del giardino più grande, con un enorme prato verde tagliato alla perfezione, con una piccola porta da calcio sul fondo, voluta e desiderata tanto da Paulo che, nella casa della sua infanzia non aveva mai avuto un giardino e per arrangiarsi aveva disegnato una porta sul muro con delle pietre, pur di giocarci con i suoi fratelli. Lateralmente, dalla parte del muro dell'abitazione, una lunga panca di legno è riservata ai tifosi che vogliono assistere ad una partitella da giocare in famiglia, evento che si teneva tutte le volte in cui, soprattutto durante l'estate, Paulo tornava in Argentina e nella sua casa si ritrovavano in circa una trentina ogni volta.

Más que nunca - Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora