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Una delle cose che maggiormente avrei odiato nella vita sarebbe sempre stata rappresentata dalla sveglia mattutina.

Avrei sempre preferito la sveglia naturale, rappresentata da mia madre, che al mattino veniva a spalancare le finestre della mia stanza, dandomi il buongiorno e incitandomi ad alzarmi, perché la scuola mi aspettava anche quella mattina.

Però diciamo che anche svegliarmi con Paulo non mi dispiaceva.

Lo sento rigirarsi lentamente nel letto, mentre anch'io mi muovo, allungandomi verso il comodino per mettere fine a quel fastidioso suono.

Decido di alzarmi, cercando di raggiungere la cucina ad occhi chiusi e rifiutandomi di aprirli se non dopo aver bevuto un buon caffè.

Apro le lenzuola grigie e mi metto seduta, ma non riesco nemmeno a far toccare terra ai piedi, che Paulo prontamente mi tira di nuovo giù prendendomi per il braccio.

Amava farlo, per il semplice gusto di darmi fastidio.

"Mh, no", mormora semplicemente, bloccandomi sdraiata accanto a lui e posando il braccio sinistro sul mio stomaco.

Porta il viso nell'angolo del mio cuscino e sospira, continuando a tenere gli occhi chiusi.

Amava rimanere un po' di più a letto la mattina dopo una partita.

Non dormiva, si rilassava.

Quella mattina, però, forse sarebbe stato un po' difficile, dopo una notte di tripletta in Champions League.

Aveva brillato, di luce propria, quella notte, nella sua casa, in mezzo ai suoi tifosi.

Al fischio finale si era goduto i cori e gli applausi dello stadio e i complimenti dei suoi compagni e i suoi amici sotto la foto che aveva postato poco dopo, con il pallone tra le mani, che si sarebbe portato a casa.

Anche Fedez gli aveva scritto, perché suo figlio non aveva smesso di sorridere verso lo schermo della tv ogni qual volta avessero ripreso una sua giocata.

Inutile dire quanto fossi impazzita, minacciandolo di farmi conoscere lui e sua moglie.

<<Erano tutti per te>>

mi aveva scritto subito dopo in un messaggio dagli spogliatoi, impaziente di rivedermi poco dopo.

Una volta a casa, dopo una cena offerta a mezza squadra nel locale di Roberta, Claudio lo aveva tenuto impegnato quasi un'ora al telefono per commentare la partita e la sua prestazione, nonostante in Russia fosse quasi notte fonda e Paulo fosse stravolto.

Lo avevo ritrovato, infatti, addormentato ancora con il cellulare tra le mani, una volta rientrata in camera dallo studio, in cui mi ero rintanata per recuperare quel tempo trascorso allo stadio e studiare qualcosa che mi mancava.

"Buongiorno", mormora, prendendo ad accarezzarmi la pancia.

"Buongiorno, Trybala", gli rispondo, chiamandolo allo stesso modo del titolo di quella mattina di Tuttosport.

Mi sorride, di quei sorrisi da bambino emozionato e felice, abituato a fare il lavoro che ha sempre sognato, ma senza mai sentirsi arrivato.

Con la voglia di fare sempre, giorno dopo giorno, di meglio.

Di più.

Mi giro verso di lui, prendendo ad accarezzargli una guancia.

"Come ti senti?", gli chiedo, godendomi il suo sorriso che non era sparito per mezzo secondo.

"Stanco, ma soddisfatto", mi informa allontanandosi leggermente per stiracchiarsi comodamente, mentre io mi allungo verso il comodino a spegnere la seconda sveglia di riserva, dandogli le spalle.

Más que nunca - Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora