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"Cazzo", biascico, entrando in camera da letto di Paulo inciampando nelle mie stesse pantofole e rischiando di far cadere tutto quel ben di Dio che avevo deciso di portargli a letto per colazione.

Lui ancora dorme, il suo corpo rilassato giace sul letto, sotto una montagna di coperte disordinate e scombinate dai movimenti incoscienti.

La luce del sole splendente, anche il giorno di Natale, entra dalle piccole fessure delle persiane ancora chiuse alla finestra.

La notte di vigilia eravamo stati a casa, condividendo la nostra cena con alcuni compagni di squadra di Paulo, Nahuel e Florencia, mangiando cibo messicano grazie allo chef del ristorante torinese preferito di Paulo, che aveva cucinato per noi e cenato con noi, poi.

Ci eravamo divertiti davvero tanto, con giochi di società, da tavola e virtuali, e per tutto il tempo forse avevamo sentito meno, la nostalgia di casa e famiglia lontane.

Il Campionato non si fermava, e la Juventus avrebbe giocato il giorno di Santo Stefano e poi un'altra partita ancora, prima di un paio di settimane di vacanza totali subito prima di Capodanno.

Mi era dispiaciuto, non essere in mezzo ai miei parenti nella notte di Natale e mi sarebbe dispiaciuto ancor di più non esserci nel pranzone del 25.

Ma già un anno fa io e Paulo lo avevamo trascorso separati, non volevamo accadesse di nuovo.

Non dopo quello che ci eravamo promessi.

Poso la colazione sul comodino dal suo lato, poi salgo sul letto, attraversandolo in piedi per raggiungere la finestra dall'altro lato e spalancarla.

Paulo si muove lievemente, coprendosi anche l'ultima parte del viso con le lenzuola scure e scuotendo la testa di fronte alle mie note stonate di "All I want for Christmas" di Mariah Carey, mentre ritorno sul letto, improvvisando un balletto scoordinato.

"Dai, alzati, alzati e balla con me", lo incito, portando le gambe ai lati del suo corpo e sedendomi su di lui, ancora completamente coperto.

Ride, muovendo ancora la testa in segno di dissenso, poi ripete il gesto con il dito di una mano, che tira fuori dalla montagna di coperte.

Il suo dito si muove a destra e sinistra, poi apre la mano e mi fa segno di avvicinarmi.

La afferro, e lui intreccia piano le mie dita alle sue, per poi tirarmi giù e costringendomi ad avvicinarmi ancora di più a lui.

Gli scopro la testa, trovandomi di fronte un viso gonfio dal sonno, il lato sinistro marchiato dal segno del cuscino.

I capelli completamente disordinati, un sorriso da bambino stampato sul volto ancora mezzo addormentato, due occhi splendidi e chiari fissi nei miei.

"Sei buffo", gli sussurro, portando le mani tra i suoi capelli per sistemarli almeno un po'.

"Sei bella", ribatte, avvicinandomi a lasciare un bacio sul naso.

"Feliz Navidad", sussurra poi, lasciandomi un lieve bacio sulla fronte.

Si gira verso la sua colazione, mugugnando soddisfatto nel trovare un bellissimo cornetto appena sfornato, accompagnato da un latte macchiato.

Si mette seduto, poggiando la schiena alla testiera del letto, poi porta tutto sulle sue gambe.

Io mi sposto al suo fianco.

"Grazie, ma sono io a portarti la colazione a letto, di solito", mi dice, portando la tazza alle labbra dopo il primo morso al cornetto caldo.

"Allora è davvero Natale, oggi. Questo è il mio regalo", ribatto, facendolo ridere, mentre gli rubo un morso.

Más que nunca - Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora