Cinquantatre

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*Lili's pov*

Ore 2:20, strada solitaria, sempre la stessa, percorsa migliaia di volte. Io che cammino lungo il marciapiede traballando qua e là. Una folata di vento mi fa volare i capelli sciolti davanti alla faccia e mi fa venire i brividi. Mi stringo nella mia felpa grigia cercando di restare in piedi, ma le gambe non mi reggono quasi più ormai. Do la colpa all'alcool quando in fondo so che è per quello che è appena successo.

Poi succede così in fretta e quando meno te lo aspetti: il mio corpo si ferma e per un istante rimane immobilizzato. Come quando nei film senti un colpo di pistola, veloce e inaspettato, come un fulmine in una giornata serena. C'è quell'istante dove speri di essertelo immaginato e poi la paura che ti costringe ad accelerare il passo. Quando infine realizzi, inizi a correre più veloce che puoi dalla parte opposta.

Non è poi cosi tanto diverso quando invece di una pistola senti il rumore di un'auto che va a sbattere. L'unica differenza è che invece di correre dalla parte opposta corri nella direzione dell'incidente.

È quello che è successo quando, ancora sotto shock per essere appena stata mollata dal mio ragazzo, ho sentito il rumore delle ruote di un'auto sgommare. Un suono di quelli che fanno le macchine a tutta velocità in curva e poi, lo schianto.

Se un secondo prima riuscivo a malapena a reggermi in piedi ora, sarà per l'adrenalina dovuta all'ansia, le mie gambe sembrano rinate. Mi giro e corro, corro più veloce che posso e si, sono ancora ubriaca e cado. Cado due volte, la prima riesco ad attutire la caduta aggrappandomi a un palo e la seconda cado in mezzo alla strada.

Il fatto che non passi nessuna macchina da venti minuti potrebbe sia avermi appena salvato la vita, sia segnato il destino di quella della vittima e se fosse stata l'unica macchina passata per questa strada due minuti fa ad aver fatto l'incidente, allora in cuor mio sapevo a cosa stavo andando in contro.

Se ancora non ero crollata del tutto allora questo mi avrebbe dato il colpo di grazia eppure correvo. E se cadevo, con il cuore in gola e gli occhi rossi dal pianto, mi rialzavo e continuavo a correre finché non raggiunsi un palo della luce sul quale era schiantata un'auto. Stavo per crollare, non crollai. No, invece corsi verso la macchina di Cole.

Altre ragazze penserebbero di essere state fortunate ad essere scese dall'auto in tempo. Io invece, mi sento dannatamente il colpa.
Provando ad ignorare ogni mio tipo di emozione apro lo sportello dell'auto.
Cole sembra aver perso i sensi e l'unica cosa a tenerlo dritto è la cintura che slaccio immediatamente avvicinando Cole a me. Appoggio la sua testa sulla mia spalla e cerco di vedere se ha ferite. Sembra illeso eppure non riesco a svegliarlo.

Mi chiedo come abbia fatto a perdere i sensi e nel frattempo tiro fuori il telefono dalla tasca dei pantaloni. Digito il numero del 911 cercando di riprendermi dallo shock e stringendo Cole tra le mie braccia.
Riferisco con voce stridula e spaventata dove mi trovo, chi sono e in che condizioni si trova Cole.

Riattacco il telefono e aspetto l'ambulanza senza allontanarmi un secondo da lui. Accarezzo il suo viso sussurrando ripetutamente le parole:
"Andrà tutto bene. Andrà tutto bene"
Come per autoconvincermi che sarà così, ma i secondi passano e non ricevo segni di vita e inizio ad andare in panico. Penso a quello che gli ho detto prima di scendere dall'auto e che se non si risveglierà più quelle saranno le ultime parole che gli resteranno di me.

Cerco ripetutamente il battito nel suo polso e non trovandolo poso la mano sul suo petto, il cuore batte, molto lentamente ma batte. Tiro un sospiro di sollievo e trovo il coraggio di guardarmi intorno.

Non c'è nessuno, non passa nessuna macchina e da una parte è una cosa positiva. Se si diffondesse la voce non lo sopporterei. So quanto possano essere cattivi i giornalisti su una cosa del genere. Guardo il parabrezza dell'auto, i fanali si sono spaccati ma non sembra essere un danno grave. Probabilmente l'auto funziona ancora. Ma allora come ha fatto Cole a svenire? Sia stato lo shock? No, a quest'ora si sarebbe già svegliato.

Fortunatamente tutti i miei dubbi e le mille domande svaniscono quando sento in lontananza le sirene dell'ambulanza e della polizia.

Ancora sotto shock mi costringo ad allontanarmi per fa si che possano prendere Cole e metterlo sul una barella. Un agente della polizia si avvicina per farmi delle domande.
Ammetto che ero ubriaca e che forse lo sono ancora, ma gli dico che Cole era perfettamente sobrio.

Gli dico che non ero nell'auto ma che ho sentito l'incidente. L'agente poi dice di conoscermi, di avermi visto in televisione e forse proprio per questo motivo, o forse perché vede che sono ancora particolarmente traumatizzata, smette di farmi le domande e si allontana.

Rimango ferma appoggiata all'auto mentre l'ambulanza carica su il mio ormai ex fidanzato e un secondo dopo mi ritrovo a bordo del veicolo a tutta velocità a tenere la mano a Cole pregando che si svegli e che stia bene. Mi era passato di tutto per la testa, anche le idee più strane ma mai mi sarei aspettata quello che i medici mi dissero una volta arrivati in ospedale.

Succede tutto così un fretta:
Corro all'interno dell'ospedale senza lasciare mai la mano di Cole finché la barella passa sotto gli occhi di quello che deve essere un medico. Riesco a sentire la frase:
«è un mio paziente»
E la mia mente si riempe di altre e mille domande impazienti di avere risposta.

Al medico poi se ne aggiunge un altro e iniziano a parlare di cose incomprensibili tra le quali riconosco le parole: "sala operatoria" e "intervento"
«che cos'ha?? Che significa che è un suo paziente?»
Chiedo ripetutamente finché il medico non mi tira un'occhiataccia e chiede all'infermiera di farmi uscire.

Fisso i medici confusa e impaziente.
«venga la accompagno in sala d'attesa»
Dice l'infermiera prendendomi per mano costringendomi a lasciare quella di Cole. Seguo l'infermiera mentre lo vedo allontanarsi sulla barella dentro qualche stanza dove iniziano ad entrare medici e infermieri.

«che cosa gli fanno, che cos'ha?»
Chiedo ripetutamente all'infermiera che però si limita a dirmi:
«aspetta notizie dal dottore»
E se ne va lasciandomi sola nella sala d'aspetto logorata dall'ansia e dai sensi di colpa.

Continua...

GO AHEAD~ Cole & LiliOn viuen les histories. Descobreix ara