Cinquantacinque

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Con le gambe tremolanti seguo l'infermiera fino ad una stanza dove la luce del sole filtra dalle tapparelle dando un effetto di pace e serenità.
Faccio un passo all'interno di questa e subito mi blocco non appena lo vedo.
Sul letto, con gli occhi chiusi immobile. L'infermiera esce accarezzandomi il braccio e mi costringo a fare un passo avanti.

Come una dodicenne insicura mi avvicino lentamente a lui e sento gli occhi gonfiarsi di nuovo nel vederlo attaccato alle macchine. Ha la testa bendata ma la fascia coinvolge solo la fronte lasciando i suoi capelli neri cadere sopra di essa. Sotto il naso un piccolo tubicino dell'ossigeno che raggiunge le orecchie.
Sento il battito del suo cuore attraverso l'elettrocardiogamma. Sembra tranquillo, persino la sua espressione è dolce.

Questo è il Cole che conosco. Sposto una ciocca di capelli morbidi da davanti al viso e gli accarezzo la guancia. Mi mordo il labbro per non piangere e gli stringo forte la mano.
Ripenso alle parole del dottore:

«cambiamenti d'umore, apparente distacco, sono tutti sintomi. Non era lui a parlare o a comportarsi diversamente, era l'aneurisma.
Certo, non condiziona fino a questi livelli ma c'era un altro motivo se si comportava così. Quando veniva a farsi visitare si confidava con me, forse perché ero l'unico a sapere del suo problema e non ti diceva niente per non farti preoccupare, per proteggerti, perché sapeva che con il tempo sarebbe peggiorato e forse stava solo cercando il modo per allontanarti senza farti soffrire, prima che la malattia potesse farlo.

Non sono autorizzato a parlare per i miei pazienti per via del segreto professionale ma voleva che fossi tu a lasciarlo per questo si comportava così. E ogni volta che mi parlava di te il suo sguardo si illuminava, se non è questo amore allora non so cosi sia.»

Voglio che sia qui con me per sentirmi, per sapere che lo amo, ed è proprio perché lo amo che devo farlo:
«sono io che devo lasciarti andare.
Non ti merito e voglio che tu sia la persona più felice di questo mondo.»
Dico mentre le lacrime scorrono sul mio viso, di nuovo.

«Sembra che sbagli sempre...qualunque cosa faccia. Sono come una calamita per i guai e finché ciò coinvolgeva me andava bene ma ora che sto coinvolgendo anche te...»

Inizio a sfogarmi come se mi potesse sentire, come se dovessi giustificarmi.

«sto rovinando tutto, e rovinerò anche te e odio me stessa per questo e mi dispiace tanto, vorrei restare e tenerti la mano finché non ti sveglierai ma non so se lo farai e questa attesa mi sta uccidendo.
Ogni secondo che passa equivale a un "bip" su quell'elettrocardiogramma e ogni bip è una fitta al cuore per me nel vederti così, per colpa mia e ho paura di non sentirlo più. Ho paura di guardare quell'elettriocardigramma e vedere una riga dritta e il solo pensiero mi da la nausea. Ho paura di andare a casa e trovare il tuo nome sui giornali. Ho paura che tu possa svegliarti e odiarmi.»

Poi mi esce una risatina strozzata, isterica oserei dire.

«sai, ho sempre pensato al nostro futuro, persino al momento in cui avremo una famiglia... e nei miei pensieri era tutto perfetto come piace a te, ma nella realtà non lo è, io non lo sono e voglio che tu abbia il futuro che meriti, il futuro che vuoi e in questo io non posso farne parte.»

Lascio andare la sua mano e esco dalla stanza senza voltarmi indietro.
Passo davanti a Allison e Madelaine che mi guardano confuse e esco dall'ospedale. Ali mi corre in contro ma salgo in un taxi e dico all'autista di partire prima che lei possa raggiungermi. So che mi seguirà fin casa mia, o se non lo farà ora lo farà più tardi e non voglio vedere nessuno al momento. Scorro la rubrica del telefono e chiamo l'ultima persona che non mi sarei mai aspettata di chiamare.

Continua...

GO AHEAD~ Cole & LiliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora