Cinquantaquattro

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Avete mai sentito parlare di aneurisma celebrale?
È quando a seguito del costante passaggio di sangue nel vaso sanguigno indebolito, la pressione arteriosa causa il rigonfiamento di una piccola area verso l’esterno, come fosse un palloncino.

In medicina un aneurisma che si sviluppi all’interno del cervello viene detto aneurisma cerebrale.

La maggior parte di questi aneurismi causa sintomi rilevabili solo in caso di rottura, un evento drammatico che determina improvvisamente situazioni molto gravi e sintomi come:
Nausea, ronzio alle orecchie, forte mal di testa e perdita di coscienza.

A volte si sviene per pochi secondi ma poi ci si riprende, in quei casi è tutto risolvibile con farmaci e medicine.
Ma se l'aneurisma si rompe, nella maggior parte dei casi occorre un intervento chirurgico e le possibilità di uscirne vivi o senza danni cerebrali sono poche.

Vorrei poter sapere queste cose grazie agli episodi del doctor house guardati più volte oppure per aver semplicemente letto un libro ma la verità è che non avrei mai voluto saperle dal medico che in questo momento si trova in sala operatoria a operare quello che meno di cinque ore fa era il mio ragazzo.

Sono le 6:00 del mattino e Cole è in sala operatoria ormai da tre ore. Nel frattempo mi hanno raggiunto Allison e Madelaine mentre non ho avuto il coraggio di chiamare Dylan.
Mi immagino già le interviste e gli articoli che usciranno su questa storia.

Nessuno deve sapere cosa sta succedendo e al momento gli unici a conoscenza siamo noi tre in sala d'attesa e i medici nella sala operatoria.

Da quando tutto è iniziato non ho detto una parola, ne a Allison ne a Mads.
Me ne sto qui ad aspettare e questa attesa piano piano mi sta uccidendo. L'ospedale è calmo, c'è un continuo viavai di infermieri e Medici che però non sembrano avere fretta di occuparsi dei loro Pazienti. Non ci sono emergenze e parlano tutti a bassa voce.

Percepisco spesso sguardi su di me ma faccio finta di niente. Mi giro in torno, c'è poca gente in sala d'attesa: una donna in giacca e camicia molto elegante con uno sguardo serio fisso sul suo smartphone. Non sembra essere preoccupata, forse la persona per cui è qui non è in grave pericolo o forse deve semplicemente fare delle analisi lei stessa.

Poco più avanti di lei si trovano due anziani, entrambi leggono una rivista e anche loro sembrano tranquilli.
Alla loro destra poi, noto un uomo magrolino con gli occhiali che si guarda intorno disorientato finché ad un certo punto decide di alzarsi e andarsene.

Giornata tranquilla.
Io sono l'unica qui con il mascara ancora scolato e gli occhi rossi e gonfi, spettinata e così in ansia che sembro quasi tranquilla. Quando ho paura reagisco così, mi isolo, non parlo con nessuno, piango e scappo. Scappo dai miei problemi, dalle mie paure come se dovesse essere la soluzione migliore. Madeline e Allison cercano di consolarmi e dirmi che non è colpa mia ma non voglio più sentire.

Non so ancora quanto tempo ci vorrà e non ce la faccio più a starmene qui seduta con le mani in mano.
Decido quindi di alzarmi e incamminarmi verso l'uscita. Allison fa per alzarsi e seguirmi ma Madelaine la blocca mimandole un "no" con la testa.
Esco dall'ospedale e vengo percossa da brividi non appena mi colpisce una folata di vento.

Alzo la testa al cielo e chiudo gli occhi. La dentro non riuscivo a respirare, qua fuori già sento almeno l'aria che va ai polmoni e mi sento subito meglio. L'alba illumina la strada e il cielo piano piano si fa sempre più chiaro. Non posso più stare qui, ho bisogno di allontanarmi, smettere di pensare.

Inizio a camminare. Passo svelto, veloce come se dovessi liberarmi di tutte le energie che ho in corpo. Mi sento piena. Piena di adrenalina, ansia, pressione, paura e ho bisogno di liberarmi.

Appena raggiungo il marciapiede inizio a correre, prima lentamente poi sempre più veloce. Nonostante mi senta a pezzi e debole non voglio rallentare, non voglio permettermi di fermarmi e pensare, non ce la faccio più a pensare. Devo distrarmi e rimpiazzare il dolore con la fatica della corsa.

Ma più corro e più rivivo il momento dell'incidente: io che corro verso la macchina. E i dejavou non si fermano qui. Penso alla lite avuta il pomeriggio precedente, alle parole che ho detto e aumento la velocità.

Come per punirmi per averle anche solo pensate. Ripenso alla lite nell'auto e se non fossi scesa forse avrei impedito l'incidente, forse sono stata io a provocarlo.
"Vattene"
Le ultime parole che gli ho detto sono state "vattene".
E forse se ne è andato davvero.

Cado a terra in quel preciso momento, e scoppio in lacrime, lacrime che non ero riuscita a versare dall'inizio di tutto ciò. Forse avevo bisogno di questo, di realizzare come stavano le cose, di liberarmi in questo modo. Ma non mi sento libera, mi sento come rinchiusa in una piccola scatola che si stringe sempre di più e io sto scomparendo.

È la prima volta che piango così forte. Per qualcuno oltre tutto. Il sole ormai illumina la strada e i lampioni si spengono. La gente in auto rallenta per guardarmi dal finestrino come se fossi pazza.
Inizio a mormorare cose come:
«è tutta colpa mia, è solo colpa mia»
In un linguaggio incomprensibile soffocato dalle lacrime e dai lamenti.

Riconosco le voci di Allison e Mads in lontananza, sento i loro passi mentre corrono verso di me e subito mi avvolgono con le loro braccia. Vorrei che i loro abbracci siano rassicuranti e protettivi come quelli di Cole. Vorrei sentire il suo profumo sprofondando il mio viso sul suo petto, vorrei stringerlo forte e accarezzare i suoi capelli con le dita, vorrei potergli bagnare tutta la maglietta con le mie lacrime sapendo che non glie ne importerebbe niente.

Torniamo in ospedale. Sono talmente messa male che appena entriamo un'infermiera mi guarda come se fossi una tossica e mi chiede se ho bisogno di aiuto. In realtà si, ho bisogno di aiuto, forse vorrei anche essere una tossica in questo momento, ma mi limito a ignorarla e lasciare che le mie amiche rispondano con grazia al posto mio. Non sono nell'umore di essere gentile.

Mentre ci dirigiamo nella sala d'aspetto il dottore "di Cole" ci passa davanti. Non appena ci vede ci viene in contro. Non riesco a decifrare il suo sguardo, non sembra avere buone notizie ma non sembra neanche troppo triste e desolato per dire che l'intervento è andato male.

«l'intervento è finito. Purtroppo non possiamo sapere se è andato bene finché non si sveglierà. Non voglio darvi false speranze, quindi voglio che valutiate anche l'ipotesi: se si sveglierà»
Dice evidenziando il "se".
Annuisco con sguardo perso. Dovrei sentirmi meglio o peggio? Non so, mi sento come prima. Il dottore fa per andarsene ma prima si sofferma a guardarmi. Sospira e si avvicina a me.

«quando si rompe un aneurisma, le possibilità che il paziente riesca a superare l'intervento sono molto basse, ma Cole ci è riuscito senza problemi e senza danni cerebrali visibili. Ora non possiamo sapere se quando si sveglierà sarà lo stesso di prima quindi voglio che siate preparate ma voglio anche che sappiate che Cole è stato fortunato ad arrivare fin qui in queste condizioni, forse sarà fortunato anche al suo risveglio»

Detto questo sorride lievemente e si allontana mentre un'infermiera prende il suo posto.
«volete vederlo?»

Continua...

GO AHEAD~ Cole & LiliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora