Capitolo 30. Distrazioni

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Ci vieni con me... o mia luna, sulla luna?

Nizar Qabbani

LIAM

Mi sveglio intontito.

Devo essere svenuto, ricordo solo che Benjamin era davanti a me mentre ero attaccato al muro. È bastato solo questo per farmi perdere il controllo di me stesso, ottimo.

Sono tra le sue coperte rossastre, indosso solo un paio di pantaloni della tuta e sono a petto nudo. Merda.

Giuro che se mi ha violentato io lo uccido.

Abbastanza frastornato cerco di alzarmi ma qualcuno apre la porta d'acciaio che internamente è colorata del solito colore mattone. È lui.

"Buongiorno, dolcezza. Ti ho portato la colazione".

"Non chiamarmi dolcezza" mi alzo dal letto. "Dove sono i miei vestiti e chi cazzo ti ha dato il permesso per spogliarmi?"

Posa una tazza con un cornetto sul tavolo. Scrolla le spalle. "Io".

Sbuffo scocciato. "Dove hai messo i miei vestiti?"

Si mette a braccia conserte, appoggiandosi al tavolo. Mi guarda. "Non credo tu ne abbia bisogno, voglio averti così in camera mia".

Perché cazzo mi bruciano le guance?

"Stammi a sentire" cerco di dire. "Ti stai prendendo delle libertà che non ti appartengono".

"Perché sei tu che appartieni a me, Liam..." si avvicina. "Smettila di resistere, prima che uscirai da qui cederai. Se uscirai da qui".

Il cuore batte mentre si avvicina. "Io non sono di tua proprietà, sei proprio come al Liceo, un sadico manipolatore".

"Ti correggo" dice. "Più che sadico sono lussurioso. Non a caso il mio colore, come quello della stanza, è rosso". Mi fa l'occhiolino.

Indietreggio. "Ancora con questa storia?"

"Liam, io ero come te. D'accordo, ho sbagliato a giocare con i tuoi sentimenti prendendoti in giro al Liceo, sono stato uno stronzo. Ma non puoi ostinarti a farti piacere le ragazze pensando assiduamente a loro. Cerca di far uscire la tua vera essenza. Solo perchè ti piace altro non significa che tu sia sbagliato o che i tuoi amici ti abbandoneranno. Perché io non lo farò".

"No, basta. Io non voglio ascoltarti".

"Perché mi respingi?"

"Perché sei tu che mi hai fatto questo!" Urlo. "Tu sapevi che io provassi qualcosa per te al Liceo, stavo cercando di capire queste emozioni e mi sono avvicinato. Ti sei preso gioco di me, volevi solo sesso, nient'altro. Io non volevo questo, ho cercato di dimenticarti siccome mi facevi soffrire, siccome per te la concezione di amore fosse diversa da quella che avrei desiderato. E ho capito che tutto questo, che tu, fosse sbagliato".

Mi guarda, aggrotta la fronte.

Continuo. "Io non posso, non riesco ad accettarlo questo affetto diverso dal comune. Non voglio essere strano e rischiare di non essere accettato dai miei amici. Non voglio essere questo, seguire la tua condizione di amore. Ma non riesco a reprimerlo. Perché io ti voglio, maledizione".

Inizio a girare per la stanza, non capendo più nulla. "Sono scappato con te per capire chi sono, cosa voglio e perché. Al Liceo volevi che il nostro rapporto fosse solo sessuale, non capivi che i miei sentimenti fossero effettivamente reali e io associo questa parte di me alla sofferenza. Se io cedo al mio essere omosessuale soffrirò perché vorrò te, ma tu sei solo un maniaco sessuale, vero? E io dovrei vendere i miei veri sentimenti a te? Dovrei donare questa parte vulnerabile di me ad una persona come te? Come noti, la situazione è già piuttosto complessa e difficile. Io non ho intenzione e non posso affidarmi ad uno come te. Anzi, in realtà non vorrei affidarmi neanche a me stesso e a questa parte di me che purtroppo esiste".

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