Capitolo 65. Ritorna in te

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Nella mente ha origine la sofferenza.

Nella mente ha origine la cessazione della sofferenza.

Buddha

ALEX

"Non è possibile passare, il signor Torres ha vietato l'accesso a chiunque e non aspetta visite nei suoi appartamenti privati".

"Stammi a sentire, bell'imbusto" parte all'attacco Stella. "Lì dentro c'è mio fratello in preda ad una crisi esistenziale e io ho bisogno di parlarci. Quindi leva il tuo braccione super pieno di testosterone e fammi passare. Scommetto che conosco questa casa molto più di te, non mi intimorisce una guardia che lavora solo part-time".

La guardia, alta quasi quanto me posizionata davanti al cancello della reggia Torres, vorrebbe mangiare viva Stella, ma ci sono altrettanti ragazzi di un metro e novanta dietro di lei che le guardano le spalle.

"Io seguo gli ordini del signor Torres".

"Andiamo, fratello" dico. "Ci conosciamo, ormai. Veniamo sempre qui, ormai siamo di casa. Tu sei Donald, giusto?"

Mi fissa, con sguardo omicida.

Scrollo le spalle. "Chi tace acconsente".

"Hai sentito che ha detto la mia ragazza?" Dice Simon. "Facci passare o entreremo con la forza".

La guardia prende il walkie talkie. "A tutte le unità, degli intrusi stanno cercando di..."

Con un calcio il walkie talkie della guardia vola via perché la sorellina è entrata in modalità ninja.

Simon interviene. "Io te l'avevo detto che saremmo passati alla forza".

Alcuni suoi colleghi notano movimento e vengono verso di noi.

"D'accordo" dico. "È stato bello rivederti, Donald".

Gli sferro un pugno, riesce a riprendersi cercando di colpirmi allo stomaco e al viso. Mentre la squadra tiene impegnare le altre io penso a questo bestione alto quando me.

"Vedo che Jack ha rafforzato la sicurezza" commenta Liam.

"Ora ci penso io" Benji caccia una sorta di pistola dalla sua cinta, spara ad una guardia e inizia a prendere la scossa ma si regge ancora in piedi.

"Aiutatemi a metterli a tappeto! Le loro divise li proteggono".

Liam e Stella eseguono il comando, idem per le altre due, ma questo Donald proprio non molla.

"Donald" mi abbasso mentre schivo una raffica di pugni. "Parliamone, avanti. Siamo di famiglia".

"Non mi chiamo Donald".

"Allora mettiti un cartellino o, non so, un post-it sulla fronte".

Porto la testa all'indietro per il cazzotto che ho preso. Mi tocco il naso e c'è del sangue.

"Come ha osato inficiare sul mio visino?" Gli salto addosso mettendolo a tappeto.

Intanto, Benji prendendo la mia gli spara dritto in faccia con la sua pistola elettrica e inizia a tremare come se avesse un attacco epilettico. Concludo con un bel calcio nelle palle, così impara.

"Ecco qui, Donald, da adesso in poi non avrai più le palle di sfidarci" guardo gli altri. "Capita?"

Mi guardano piuttosto impauriti, che noiosi! Tutti seri qui. Hanno rimpiazzato Jack nel loro mestiere. Iniziamo a correre, perché diverse guardie si dirigono a passo svelto verso di noi, ma non ci importa perché dobbiamo andare da nostro fratello e ormai non temiamo più niente e nessuno. Male che va ci sparano e spero che le nostre nuove divise siano efficaci.

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