IX - Tout commence à Paris

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Avremo sempre Parigi.

Casablanca





Paris, France

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Paris, France.
Una settimane prima della partenza...

Bonjour, bonjour
Mon petit amour
Voici la vie
Qui sème la joie

La canzone si diffondeva dolcemente in tutta la stanza, arrivando sino alle orecchie di Aria, ancora aggrovigliata tra le lenzuola bianche.

Vois en le regardant
L'amour est comme un enfant
Fou de caresse
Fou de tristesse
Il arrive, court et s'en va

«Buongiorno raggio di sole!» esclamò una voce squillante riempendo tutta la stanza.

«Vic!» non riusciva a credere ai suoi occhi; si passò una mano sul viso, ancora provato dal sonno, mentre si alzava di scatto «Quando sei tornata?»

«Mezz'ora fa» la donna, stanca e stremata dal lungo viaggio, si sedette ai piedi del letto, accarezzandole alcune ciocche di capelli.

«Com'è andato il viaggio?»

Vic - così come la chiamava Aria - fece spallucce e si lasciò cadere sulle lenzuola bianche «Dodici ore di volo, un incubo»

«Hai almeno risolto qualcosa?» ridacchiò la giovane donna con un pizzico di ironia.

«Ti stai prendendo gioco di me?»

«Non oserei mai»

«Ti va di fare colazione?» le propose la donna sulla cinquantina, rialzandosi dal letto e ricomponendosi del tutto «Quando sono arrivata Rose stava preparando le brioche»

«Sto morendo di fame» esclamò con l'acquolina in bocca al solo sentir parlare di cibo.

A quel punto Aria si alzò come un fulmine, richiuse la finestra dalla quale quella mattina filtravano i raggi del sole e scese le scale per arrivare nella sala da pranzo. Appena mise piede lì le sue narici furono invase dall'odore del caffè che prendeva abitualmente Victoria.

«Signorina Aria, è arrivata una lettera questa mattina» la avvertì la sua cameriera mentre le porgeva un piatto colmo di pietanze di ogni tipo.

«Che lettera?» domandò di rimando, senza però dare troppa importanza a quell'informazione.

«Non so signorina, gliel'ho lasciata sul ripiano della cucina»

«Grazie mille Rose» le sorrise prima di addentare un pezzo di brioche con la cioccolata.

Victoria sorrise, mescolando con il cucchiaino lo zucchero che aveva versato nella tazzina di caffè «Che hai fatto in questi giorni?»

«Mi disperavo per la tua assenza»

«Intendo seriamente...» scosse la testa per la sua continua ironia.

«Lavoro, lavoro e ancora lavoro»

La donna si passò la lingua sulle labbra per togliere tutti i residui del caffè e poi sospirò «Come procede la nuova collezione?»

«Secondo me sarà la migliore» affermò sicura di sé.

«È quello che penso da quattro anni per ogni tua nuova collezione» si portò una mano ai capelli biondi, appiattendoli.

«Tu sei di parte»

«No no» schioccò la lingua sul palato «Dico solo la verità»

Aria le sorrise riconoscente mentre afferrava la caraffa e si versava un po' di tè freddo nel suo bicchiere.

«Come va con quel ragazzo? L'hai più sentito?» ritornò a domandare curiosa, nascondendo un piccolo sorriso dietro la tazzina di porcellana.

«È inutile che fai quella faccia...» la ammonì «Quel tizio era un completo idiota»

«Hai detto la stessa cosa per quello prima e per quello prima ancora... aspetta com'è che si chiamavano? Rafael e?»

«Rafael era quello dell'azienda vinicola...» le rinfrescò la memoria «Gli altri due si chiamavano Samuel e Goffredo»

«E cosa c'era che non andava in loro? Mi sembravano due tipi apposto»

«Il primo era una noia mortale, il secondo mi ha ruttato in faccia» rabbrividì al solo pensiero.

Victoria scoppiò a ridere e per poco non rischiava di sputare tutto il caffè dalla bocca «Davvero?»

«Si, eravamo a cena e stavamo mangiando il dolce quando all'improvviso boom, fa un rutto»

«Non l'ha fatto mica di proposito...»

Aria roteò gli occhi verso l'alto e cambiò discorso, concentrandosi sulla donna seduta difronte a lei «Tu che hai fatto di bello a Tokyo?»

«Lavoro, lavoro e ancora lavoro» ripetè la sua stessa frase «A proposito ti ho preso un regalo, solo che l'ho dimenticato in valigia, dopo ricordamelo così te lo prendo»

Alla mora luccicarono gli occhi, amava i regali inaspettati «Che mi hai preso?»

«Lo sapevo che non dovevo dirtelo...»

«Lo sai che sono curiosa, non puoi fare così!»

«Allora mentre tu ti prepari vado a prenderlo» Victoria scese ad un compromesso «Però muoviti!»

«Perché? Dove andiamo?» alzò un sopracciglio interdetta «E poi tu non eri stanca?»

Vic si alzò, rimettendo al suo posto la sedia ed avviandosi verso l'ingresso della grande villa parigina di Aria «L'hai dimenticato?»

«Cosa?» alzò la voce per farsi sentire, ma l'altra era già uscita fuori.

Decise di alzarsi anche lei ed andare in cucina per leggere la lettera che le era arrivata quella mattina. Non ricordava di dover ricevere lettere quel giorno o in generale.

Sul ripiano della cucina accanto ad un contenitore di biscotti con le gocciole al cioccolato, trovò una lettera bianca un po' stropicciata. Se la rigirò tra le mani e notò che sul retro, con un perfetto corsivo, c'era scritto il suo nome con dell'inchiostro nero.

Aria.

La aprì subito dopo e ci trovò un sacchetto rosso in velluto con un nastrino di raso nero. Sciolse il fiocco e rovesciò il contenuto nella mano libera.

Fece un passo indietro sussultando immediatamente.

Strinse la mano e poi li lasciò cadere sul pavimento.

«Ehi cos'era quel rumore?» Victoria nel frattempo era rientrata in casa e sentendo quel frastuono si era precipitata immediatamente in cucina «Cosa sono?» si accasciò accanto alla porta «Oh mio dio, sono...» non riuscì più a dire nulla.

Aria cominciò a passarsi velocemente le mani tra i capelli, ancora in disordine «Stavano nella lettera» si abbassò sulle ginocchia per raccogliere ciò che aveva fatto cadere «Cosa significa Victoria?»

Se li rigirò tra le mani, uno ad uno, e notò che su ognuno c'era un'incisione.

«Vic...» parlò con la voce che le tremava «Ci sono dei nomi»

«Che nomi?»

«Quelli della mia famiglia»

AriaKde žijí příběhy. Začni objevovat