16. Shield (Mick)

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Elsa è spesso inseguita dai giornalisti, ogni volta che succede un incidente è lei ad occuparsi di leggere il bollettino medico alla stampa e rispondere alle domande, un lavoro noioso che di solito si risolve nel ripetere in 4 lingue qualcosa tipo "sono stati eseguiti tutti i controlli del caso, il pilota non ha subito conseguenze e potrà partecipare alla gara".

Gli incidenti gravi non capitano spesso, il che è una gran bella cosa per i piloti e per lo staff medico, ma una pessima cosa per i giornalisti che guadagnano in base al numero di articoli che scrivono. Così, quando non hanno nulla da scrivere, diventano fastidiosi come zanzare, escono alle 6 di sera e ronzano intorno al bersaglio, e poi attaccano, pungendo sempre negli stessi punti, sugli stessi argomenti.
Elsa non è mai stata animalista, e trovava un senso di appagamento nello spiaccicare le zanzare, anche prima di aver visto tutto il dolore che causano con la malaria in Africa.

"Dottoressa... Dottoressa permette una domanda?"
Elsa esce dal centro medico con lo zaino sulle spalle, sa che ci sono 400 metri a piedi che la separano dall'uscita del paddock e il taxi per tornare in albergo, e non ha proprio voglia di fare più di due chilometri per schivare due troupe televisive con 4 cameraman e 3 giornalisti.
"Se posso rispondere velocemente..."
"Cosa ne pensa del leader della classifica di Formula 2? "
"Credo abbiate sbagliato persona, sono un medico, non un'opinionista"
"Ma un'opinione ce l'avrà di certo, pensa che vincerà il campionato?"
"Si, può darsi."
Elsa ci prova a usare la strategia-Kimi ma pare che funzioni solo con lui, perché i giornalisti non si spostano e anzi, accorciano sempre di più le distanze, puntandole i microfoni addosso.

"Si ma, dottoressa, ci potrà dire qualcosa di più"
"Mick è un bravo ragazzo e un bravo pilota, molto veloce, costante e capace di mantenere la testa sulle spalle. "
"Ha avuto modo di conoscerlo di persona?"
"Si, conosco tutti i ragazzi che si preparano per i test per giovani piloti in Formula 1."

"Dunque lei sa come sta suo padre?"
Elsa se lo stava aspettando, dalla prima domanda, eppure fatica a trattenere la voglia di spaccargli il microfono in faccia.
Si gira voltandogli le spalle e cammina più velocemente verso l'uscita, ma lui non molla e la insegue.

"Dottoressa, è ovvio che se scappa è perché sa qualcosa ma non lo vuole dire. Sul caso di Micheal molte persone sanno molte cose e fanno finta di non voler parlare. Perché non vuole rispondere? La pagano per non dire niente?"
"Non so niente e comunque non direi niente, per l'unico motivo che tutti meritano rispetto."
"E tutti i fan di Micheal non meritano rispetto? Non pensa che la gente abbia il diritto di sapere? I nostri ascoltatori si aspettano delle risposte!"

Elsa sa che la cosa migliore è sempre tenere la bocca chiusa.
Elsa si sente più paziente di un monaco buddista per i primi dieci lunghissimi secondi in cui continua a tenere la bocca chiusa.
Ma la raffica di domande impertinenti non accenna a diminuire.
Elsa non ce la fa a tenere la bocca chiusa.
Guardandogli le mani in un istante lei coglie qualcosa che può usare come arma. Non si dà tempo per pensare all'etica, all'eleganza, al politically correct.

"I suoi ascoltatori hanno dormito bene stanotte anche senza sapere che lei è diabetico?"

Lo sguardo del giornalista cambia radicalmente, abbandonato il tono saccente e accusatorio, ora la sua voce sembra spaventata e sulla difensiva.
"cosa... Cosa sta dicendo?"

"Beh, cosa stava dicendo lei? Che gli ascoltatori hanno il diritto di sapere? E allora perché non ha mai detto loro di avere il diabete? Infondo, come dice lei, questo tipo di informazioni sono importanti..."

Elsa approfitta del momento di confusione per sorridere, aggirarli e riprendere a camminare.
Dopo essere rimasto interdetto per qualche secondo il giornalista comincia a rincorrerla: "come si permette? Come ha avuto queste informazioni? Lei ha rubato la mia cartella clinica!"
Elsa si mette a ridere: "Forse lei non è ben informato, ma io sono pagata per fare diagnosi non per rubare cartelle cliniche. E, se mi hanno scelta per lavorare con i 20 piloti migliori al mondo, è perché come diagnosta sono molto brava."

E questa volta finalmente riesce a strisciare il badge all'uscita del paddock e salire sul taxi.

La sua intervista tragicomica finisce subito sui social. Ormai non c'è nulla di tanto stupido da non meritare un hashtag.

Tra una condivisione e l'altra arriva anche a lui, al ragazzino che una sera si era presentato nel suo ambulatorio per restituirle il pass che aveva perso giocando a fare la verticale.
"Ciao, mi chiamo Mick" le avevo detto, come se fosse del tutto inconsapevole che i suoi occhi azzurri e i suoi capelli biondi non hanno bisogno di presentazioni, come se non si fosse mai accorto di assomigliare al pilota nei poster appesi ovunque in un circuito di Formula 1.

Ed Elsa aveva amato dal primo momento il suo modo di fare.
Il suo sorriso, la leggerezza con cui porta un peso che spezzerebbe le spalle a chiunque.
Chi lo conosce davvero non farebbe mai paragoni, non lo considererebbe mai solo per il suo cognome.

Il giorno dopo, mentre finalmente tutti i giornalisti le girano alla larga, evitandola come se potesse lanciare incantesimi di magia nera, il ragazzino dai capelli biondi e gli occhi azzurri viene a cercarla.
"Ciao Elsa"
"Ciao Mick"
"Ho visto il video di ieri... Con quel giornalista... Anche mia mamma ha detto di dirti grazie. Grazie per come gli hai risposto e grazie per le cose belle che hai detto di me"
La guarda negli occhi e lei gli sorride, dolcemente, ha uno sguardo diverso da quello così inutilmente compassionevole si sente addosso tutto il tempo.
Gli sembra di incontrare sempre due tipi di persone: quelli che pensano che sia lì solo perché è raccomandato, e quelli che lo considerano solo un poveretto quasi-orfano. Elsa è diversa. È così gentile e un po' protettiva verso di lui, ma senza mai farlo sentire a disagio. Come se riuscisse a vedere chi è veramente, al di là del muro delle chiacchiere della gente.
"Di nulla Mick, su di te ho detto solo la verità... E anche sul giornalista.
Mi dispiace che tu debba trattare con persone così, se posso esserti d'aiuto con qualche risposta ad effetto chiamami quando vuoi"
Gli fa l'occhiolino e gli appoggia una mano sulla spalla.
"Grazie... Io... Ci ho fatto l'abitudine...
Ma... Potresti spiegarmi una cosa?"
"Certo Mick, dimmi"
"Come hai fatto a dire che fosse diabetico? Gli hai letto nella mente? Hai rubato sul serio la sua cartella clinica?"
"Ahahaha ma figurati! È una cavolata in realtà... Gli ho guardato i polpastrelli della mano sinistra. Quando ero in università giocavamo a fare diagnosi sulle persone che vedevamo per strada, solo dall'aspetto e dai piccoli dettagli... Lui aveva segni di punture sulle dita che corrispondono ai segni che lasciano gli aghi del test della glicemia che un diabetico deve fare almeno 3 volte al giorno. Poteva essere anche altre cose, ma mi è andata bene e ci ho azzeccato... E così ora pensano che sia capace di stregoneria... questo lavoro diventa ogni giorno più divertente"

Mick sta ridendo, Elsa con un braccio gli circonda le spalle mentre camminano insieme, lontano dalle telecamere, in una giornata di sole.

Are You Ok || Formula 1Where stories live. Discover now