50. Austin GP pt II

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Daniel parcheggia la macchina nel sotterraneo dell'albergo, e Elsa, Jack e Aaron scendono.
Il piccolo Jack non ha mai mollato, nemmeno per un momento, la mano di Elsa e ancora cammina accanto a lei intrecciando le dita alle sue.
Arrivati alla reception dell'albergo Daniel li saluta, perché deve andare a riposare e prepararsi per le qualifiche del giorno dopo, ma prima di andarsene dà in mano ad Aaron un pass per entrare nel box McLaren e mette al collo di Jack il suo.
Aaron lo ringrazia sorridendo, Jack non dice niente perché è rimasto a bocca aperta, Daniel se ne accorge e ride. Prima di voltarsi e andare via incrocia lo sguardo di Elsa: orgoglioso, pieno di gratitudine e si, anche un po' innamorato.

Aaron va alla reception a prendere le chiavi della camera, mente Elsa lo aspetta lì vicino con il bambino.
"Hai fame?" Gli chiede, abbassandosi verso di lui per guardarlo negli occhi, con la stessa frase che gli ripeteva almeno tre volte al giorno quando vivevano insieme.
Jack sorride e annuisce con gli occhi spalancati, forse quella frase, con la sua voce, gli ricorda involontariamente tutte le cose buone che mangiava quando in casa cucinava lei.
Elsa non ha mai imparato a cucinare bene, ma il solo fatto di essere italiana e di aver osservato, almeno da lontano, sua madre e sua nonna cucinare, la rendeva praticamente uno chef stellato in confronto a qualsiasi madre casalinga americana che sa cucinare solo hamburger e maccheroni al formaggio.
Da quando Elsa aveva iniziato a cucinare a casa di Aaron in poco tempo Jack aveva cominciato a voler mangiare solo quello che cucinava lei, e invitava tutti i suoi amici a pranzo per fargli assaggiare la pasta e la pizza di Elsa.
In realtà lei ha sempre odiato cucinare, ma non gliel'ha mai detto, e per Aaron e Jack avrebbe fatto questo e altro.

Dopo aver lasciato le valige in camera Elsa, Aaron e Jack scendono insieme al ristorante dell'hotel, e chiedono un tavolo per tre.
Appena si siedono uno accanto all'altro al tavolo apparecchiato capita un attimo di silenzio, con uno sguardo un po' imbarazzato con cui fissano i menù e i bicchieri davanti a loro. Poi trovano il coraggio di guardarsi negli occhi e le parole cominciano a scorrere a fiumi.
Cominciano a raccontarsi tutto quello che è successo nelle loro vite in questi anni.
Aaron, come sempre, è il meno loquace. Parla quasi sempre Jack o per raccontare cose che ha fatto a scuola o con gli amici, o per fare domande a Elsa.

Elsa legge nei suoi occhi che per tutto questo tempo ha avuto sempre una sola domanda per lei fissa nella sua mente: 'dove sei finita'. Una domanda piena di tristezza, di incertezza, di sconforto che col tempo diventa rabbia.
Ma Jack invece sembra non aver nessun rancore per lei, la guarda come se la felicità per averla ritrovata fosse più grande di tutto dolore per averla persa.
E quella sola domanda ora si scompone, come nei fuochi d'artificio, da una sola luce in mille scintille.
"Ma sei stata veramente in Africa?"
"C'erano i leoni?"
"E come sei arrivata in Formula Uno?"
"Ma veramente Hamilton è fortissimo?"
"Ma a casa in Italia ci vai mai o sei solo in Formula Uno?"
"Ma quando sei diventata amica di Daniel?"
"Conosci anche Leclerc?"
"Sei mai stata su una macchina di Formula Uno?"
"Ma d'inverno quando non c'è la Formula Uno vai in Italia a sciare?"

Elsa con tanta pazienza e tanta voglia di raccontare, un pezzo per volta cerca di raccontargli tutta la storia, cerca di essere sincera, anche se ogni tanto omette qualche parte e pensa a quante cos'è avrebbe raccontato ad Aaron se non fossero le orecchie di un bambino in ascolto.

Dopo cena tornano verso le loro camere, sono vicine ma separate, Jack vorrebbe chiedere ad Elsa di dormire con lei, come quando era piccolo, ma anche in quel momento, con quell'incredibile maturità che quel bambino di otto anni dimostra, capisce che non è il caso, che ormai le cose cambiate lui è e non tornerà più nel lettone con lei, ma che, in fondo, i momenti di felicità si possono trovare anche nel passare la serata a parlare.

Il giorno dopo Elsa e Daniel arrivano presto in circuito, Elsa cerca di smaltire il più velocemente possibile tutto il lavoro ma ne rimane comunque sommersa: è la fine della stagione, e perciò anche il momento di lavorare ai programmi e agli studi sugli standard di sicurezza dell'anno prossimo. Ogni mezz'ora c'è una riunione, e quando non c'è riunione ci sono carte da compilare, e appena mette l'ultima firma è quasi ora di infilarsi la tuta per sedersi a bordo della safety car alle prove libere. Ha 10 minuti di tempo, troppo pochi per cercare Aaron e Jack e tornare a centro medico a cambiarsi, troppi per spenderli inutilmente guardando altre carte e procedure da studiare. Fuori ci sono 28 gradi, non proprio l'ideale per passeggiare con la tuta ignifuga addosso. Ma a Elsa non importa: si cambia, indossa la sua tuta blu scuro con la scritta 'doctor' sulla schiena, prende in mano il casco, ed esce verso la pit lane.

Are You Ok || Formula 1Where stories live. Discover now