54. Let's start again

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La pausa invernale quest'anno è volata più in fretta che ogni altra volta. Quei trenta giorni passati a casa, a preparare i regali di Natale e quel capodanno con il countdown urlato al freddo sotto il castello di Disneyland dov'era scappata per tre giorni con sua sorella e suo cugino per far finta di essere ancora bambini, sembrano già ricordi lontanissimi. Subito dopo era arrivato il gennaio più impegnativo della sua carriera in Formula Uno: prima dei test pre stagionali, ogni anno, Elsa esegue tutti i controlli medici su tutti piloti che rinnovano la superlicenza, quindi ovviamente tutti i 20 piloti di Formula Uno e in più anche ai piloti di riserva o ai collaudatori... per un totale di almeno 40 persone, che solitamente si presentano in un ambulatorio che la FIA le mette a disposizione, a Ginevra.

Ma quest'anno, vista la difficoltà dei piloti nell'incastrare tutti i loro impegni prestagionali, tra marketing e allenamenti, la FIA ha pensato bene di venir loro incontro, dividendo i due medici dell'équipe a formare due squadre, una con Elsa e una con Mark, incaricate di girare mezzo mondo per inseguire i piloti ed eseguire i test direttamente sul posto scelto dai piloti per gli allenamenti... Così, anche nell'unico mese in cui sarebbe potuta rimanere a casa, Elsa si è trovata correre tra la Val Gardena, le alpi austriache e Dubai... in realtà si è divertita tantissimo, soprattutto in quei quattro giorni sulla neve con Charles, i suoi amici e Andrea, il suo preparatore... per un paio d'ore guardava i ragazzi correre sul tapis roulant mentre controllava i dati di saturazione d'ossigeno e pressione, per il resto del tempo sciava, mangiava in buonissimi ristoranti di montagna, insegnava a quei bambini troppo cresciuti, o cresciuti troppo sui kart, a giocare a carte.

Anche in Austria si era divertita molto con i piloti Redbull, Yuki il cartone animato vivente, e il suo Nyck, che, finalmente, poco più di un anno dopo il giorno in cui si era ritrovato chiuso in ascensore a piangere sulla spalla di Elsa pensando che non sarebbe mai riuscito ad arrivare in Formula Uno, ora si preparava a prendere posto nella sua Alpha Tauri.

I giorni trascorsi a Dubai, la città preferita da molti piloti per i training camp, sono stati forse i meno divertenti e più solitari, ma aveva preso il sole e letto tanti libri a bordo piscina... insomma, seduta sul primo aereo della stagione per i pre-season tests in Bahrain si sentiva strana, come se in questi mesi non avesse mai smesso di lavorare né mai smesso di essere in vacanza.

La cosa positiva dovrebbe essere che più hai da fare e meno hai tempo di pensare... ma per Elsa non è stato così. Da mesi ormai, sempre più spesso, si ritrova a pensare a lui. Si chiede cosa stia facendo, cerca di calcolare che ora sia laggiù a Perth e pensa a una scusa per poterlo chiamare.
Sperava di vederlo per il check up, magari a Dubai, ma lui le aveva detto che avrebbe aspettato il GP di Australia per fare le visite e rinnovare la superlicenza, non verrà ai test né alle prime due gare... Elsa ci era rimasta male, ma aveva sentito molto dispiacere anche nella sua voce che le diceva: "Dai non ti preoccupare, mancano solo due mesi poi ci rivediamo..." e l'aveva presa come una conferma, la conferma che anche lui sente la sua mancanza.

Appena scesa dall'aereo all'aeroporto internazionale di Manama in Bahrain il cellulare squilla, è Lance.
Appena legge il suo nome sullo schermo del cellulare, come quando dal vento riesci a capire che sta per piovere, così Elsa riesce già a sentire il prossimo problema in arrivo.

Elsa non ha un rapporto strettissimo con tutti e 20 i piloti, va d'accordo con tutti e non ha problemi con nessuno di loro, ma con alcuni si è creato un rapporto di fiducia e anche di amicizia che con altri non ha.
Più o meno senza mettersi d'accordo i piloti si sono divisi in due gruppi, quelli che si affidano prevalentemente a lei, e quelli che sono seguiti da Mark, il suo collega.
Elsa trova utile questa divisione, non si dispiace se qualcuno preferisce Mark a lei, pensa che sia normale... l'unico problema è quando tra colleghi ci si trova a scontrasi perché ognuno difende i "suoi pazienti"...

Lance, ad esempio, è uno di quelli che di solito chiama Mark.
"Hello, doctor Bardi here." Risponde, sperando di sentire la voce di Lance, perché se fosse qualcun altro a chiamarla usando il suo telefono, allora sì che sarebbe grave.
Per fortuna, è Lance. Ha avuto un incidente in bicicletta mentre si stava allenando in Spagna, piange perché ha paura di perdersi l'inizio della stagione e le prime gare, mancano solo pochi giorni ai test. Sta andando all'ospedale e non sa ancora se ha qualcosa di rotto, ma i polsi gli fanno abbastanza male da non riuscire a tenersi da solo il cellulare appoggiato all'orecchio. Elsa cerca di rassicurarlo, ma cosa può fare per lui, lei dal Bahrain?
"Hai chiamato il dottor Green?" Gli chiede.
"Si, ma non mi ha risposto." Risponde Lance.
"Ok, adesso lo cerco io, forse non ha ancora preso il volo per venire qui, se è ancora in Europa gli dico di venire lì da te."

Tutta la fatica che Elsa fa per riuscire a contattare Mark prima che salga sull'aereo, convincerlo ad andare in Spagna ad assistere Lance, riorganizzare tutti i turni di lavoro al circuito durante i test con un medico in meno, è direttamente proporzionale all'incazzatura che Elsa deve affrontare al primo GP.

Si pente amaramente di aver affidato Lance a Mark, che crede nella chirurgia come se fosse una religione mistica capace di fare miracoli e superare le capacità fisiche del corpo umano, e che convince il giovane pilota canadese che in meno di quattordici giorni con due polsi rotti potrà tranquillamente tornare a correre. Elsa si oppone con tutte le forze, ma alla fine nell'equipe medica vige la democrazia, Lance viene autorizzato a correre. Ma i polsi gli fanno malissimo. Alla fine delle prove libere una telecamera inquadra i meccanici che, dentro al box dell' Aston Martin, tirano fuori di peso dalla macchina il pilota canadese che non riesce a uscire da solo.

Elsa passa tre giorni sospesa tra la speranza che ad ogni curva i suoi polsi riescano a girare il volante, l'immenso, sbagliato, desiderio di poter dire "te l'avevo detto", e il terrore di dover giustificare davanti ai media quell'enorme errore di valutazione.

Alla fine, per fortuna, hanno avuto ragione loro. Mark ha fatto la figura del medico-eroe, ringraziato ampiamente da Lance in un post su Instagram dopo la gara, e Elsa ha dovuto tacere per non ammettere pubblicamente che avevano ragione loro. È stato rischioso, è stato pericoloso. Elsa sa che il pilota non avrebbe passato il test che prevede di riuscire in autonomia dall'abitacolo della macchina in meno di 20 secondi. Elsa sa che è stata la scelta sbagliata, anche se alla fine la fortuna li ha aiutati per farla sembrare la scelta giusta. Eppure essere a capo di un team significa anche questo, significa doverci mettere la faccia anche quando la decisione non è tua, anche quando non sei d'accordo con quello che ha deciso la maggioranza dei tuoi colleghi.

È solo il primo Gran Premio della stagione più lunga di sempre, mancano ancora ventidue gare e Elsa si sente già stanca. Riesce a tornare a casa e, dopo un paio di giorni passati a lavorare sul serio in un ospedale vero, quello della sua città dove lavora tra una gara e l'altra per passare il tempo, si sente pronta per la prossima gara, in una leggera ventata di ottimismo ed entusiasmo la sfiora il pensiero che la prossima gara andrà bene, che infondo ama il suo lavoro e le piace viaggiare.

Poi si ricorda che la prossima gara è a Jeddah.

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