44. Mi fido di te - pt II

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È andata esattamente così, come avevano deciso. Un capolavoro di lavoro di squadra, Charles Leclerc porta a casa la pole position numero 16 della sua carriera, e finalmente riesce ad esprimere quel "grazie" che pensava da tempo, aprendo la radio.

"Grande Carlos, grazie."

Il giorno dopo, però, in un attimo il sogno si infrange. Charles commette un errore, una piccola leggerezza mentre la macchina era in sovrasterzo, la perde, finisce contro le barriere. Riuscendo, tra l'altro, a vincere un premio per essere uno dei pochissimi piloti ad essere riusciti ad intaccare le barriere del Paul Richard nonostante le strisce di asfalto frenante.
Elsa sente la sua voce in radio, il suo urlo quasi la spaventa.

Charles è devastato. Elsa riceve un sms da Andrea "Non si è fatto nulla, ma non l'ho mai visto così, se puoi vieni a calmarlo."

Elsa lascia tutto quello che stava facendo e si precipita nel motorhome Ferrari. Mark scuote la testa e le lancia un'occhiata che significa "eccola che va fare la babysitter a quel ragazzino e a me tocca coprirla sperando che non succedano casini", ma senza dire niente si sposta sullo sgabello a fianco al suo, prende il posto di Elsa davanti agli schermi.

Charles si è chiuso dentro la sua stanza, da solo. Mancano ancora quasi venti giri alla fine della gara. Davanti alla porta chiusa ci saranno una decina di persone, tutti che lo chiamano dicendogli di uscire.

Elsa arriva e con il tono della voce un po' più alto del normale, in modo da farsi sentire anche attraverso la parete sottile del prefabbricato, manda via tutti. Rimane sola davanti alla porta, con Andrea in piedi alla fine del corridoio che temporeggia sperando di poter rimanere almeno lì. Elsa lo vede ma non gli dice nulla.
Le porte delle driver's room sono una accanto all'altra, distinte dai numeri 16 e 55 disegnati al centro.
Davanti alle due porte c'è un salottino con due divanetti e in mezzo un tavolino, sopra il tavolino ci sono dei fogli e una penna. Elsa si avvicina, legge cosa c'è scritto, sono programmi con la scansione oraria degli appuntamenti di qualcuno. Nulla di fondamentale pensa Elsa, gira il foglio, prende la penna e scrive: "Ti aspetto qui." Poi prende il foglio e lo passa sotto la porta.

Per cinque lunghissimi minuti non succede nulla. Elsa appoggia la schiena alla porta e sospira, per la frustrazione di non sapere come consolarlo. Appoggia l'orecchio alla porta cercando di sentire i suoi movimenti, vorrebbe almeno sentirlo respirare, per essere sicura che è ancora vivo ed è ancora lì.

La fessura che separa il pavimento dalla porta è alta poco meno di un centimetro, ma la stanza di Charles non ha finestre, con la luce spenta la poca luce che entra arriva da lì.
Charles vede la luce dimezzarsi e arrivare solo dai lati della fessura, capisce che lì c'è Elsa, la sente sospirare, si sente in colpa perché la sta lasciando lì ad aspettarlo senza risponderle.

Elsa sente la luce che si accende, e la serratura che scatta.
Si alza in piedi, aspetta di vedere se aprirà lui la porta, ma la porta non si apre.
Elsa abbassa lentamente la maniglia, e lentamente tira la porta verso di sé.
È seduto sul lettino, con la schiena appoggiata al muro e la testa piegata un po' all'indietro, con lo sguardo fisso sulla linea che separa la parete di fronte a lui dal soffitto.
Gira lo sguardo per guardare Elsa, con un'espressione che vale molto più di tante parole.
Elsa forse si aspettava di trovarlo in lacrime, ma ha gli occhi asciutti, sembra così distrutto da non avere nemmeno la forza per piangere. Elsa sa che non è un bene, rischierà di crollare davanti ai giornalisti.

In quell'attimo in cui si avvicina a lui e il suo istinto decide cosa fare, pensa a tutte le persone che nella prossima ora e mezza gli daranno pacche sulle spalle e abbracci per cercare di farlo sentire meglio, mentre lui spererà solo che la smettano il prima possibile.

Are You Ok || Formula 1Where stories live. Discover now