25. Quelli che Restano pt I

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Tra tutte le persone che prendono la valigia e partono, per molti anni Elsa era stata una di quelli che restano.
I suoi zii e i suoi cugini si erano trasferiti in Francia quando Elsa era piccola, per lavoro. Solo il tempo di conoscerli e passare con loro gli anni più spensierati della sua vita.
Poi i suoi amici più grandi partiti per università lontane, in tutta Italia e in tutto il mondo.

Elsa rimaneva sempre più sola, seduta al tavolino del bar del paese dove ogni venerdì veniva a fare merenda con i suoi amici. Intorno a lei le sedie vuote, e nella sua mano il cellulare con cui mandava messaggi a tutti, per sentirli più vicini.

Poi c'è Laura, sua sorella più piccola, che le è vissuta accanto tutti i giorni per 19 anni.
Finché un giorno le ha mostrato una brochure di un corso di laurea in Ingegneria ed è partita per Modena e poi per Milton Keynes.

Qualche volta in bicicletta Elsa arrivava fino al mare.
Si sedeva sulla spiaggia in silenzio, con il vento che le accarezzava i capelli, e guardava le onde.
Pensava a tutti i pezzi di cuore che erano volati dall'altra parte del mare, ma rimanevano sotto lo stesso cielo.
Pensava a quante cose e quante persone le onde portano via, verso l'orizzonte. E quante cose, quante persone, quante nuove esperienze portano ogni giorno dall'orizzonte alla spiaggia.

Una sera, forse si sentiva più sola del solito, o forse era solo tanto stanca, guardando il mare scoppiò a piangere. Poi, ancora con la maglietta e i pantaloncini addosso, cominciò a correre dritta verso le onde, andò avanti fino a non toccare più con i piedi e cominciare a nuotare.
In quel momento, per la prima volta nella sua vita, aveva pensato di provare ad andare.
Di smettere di essere una di Quelli che restano, soli.
E così, in pochi giorni, senza pensarci troppo perché aveva paura di rinunciare, era partita per l'America.

Con il tempo aveva capito che Quelli che partono non sono meno soli di Quelli che restano, ma almeno ognuno vive la sua vita, non più ferma ad aspettare ma in movimento, cercando di circondarsi sempre di persone da amare, di amare chi si ha accanto e di tornare da chi si ama.

E poi la brezza del mare, qualche volta, guida le onde verso casa.

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All'ingresso del paddock del Redbull Ring, gli ingegneri passano in fila uno dopo l'altro attraverso i tornelli di sicurezza passando il bedge, e per un attimo sugli schermi appare la loro foto con il nome.
In coda dietro l'ultima degli ingegneri c'è il primo dei fotografi, curioso per deformazione professionale.
Matthew allunga lo sguardo sul monitor, in cui, sopra alla foto di una ragazza di ventiseianni appare il nome: Laura Bardi.
C'è qualcosa che attira la sua attenzione, nella foto e nel nome, ma non riesce a capire cosa.
Insegue il gruppo degli ingegneri e le scatta una foto. Sì, ha un'aria familiare. Una volta tornato in albergo cercherà tra le vecchie foto per capire quando l'aveva già vista.

Elsa arriva ai tornelli del paddock di corsa, è in ritardo ed è qualcosa di strano perché Elsa di solito arriva ancora prima che gli ingressi siano aperti.
Ma questo maledetto finesettimana si sta rivelando molto più impegnativo del previsto. È solo venerdì mattina ma ha già fatto 5 riunioni e ha passato molte ore a discutere per l'approvazione di un nuovo progetto. E nella notte anche una videoconferenza con i colleghi americani che hanno un altro fuso orario.  Fa solo in tempo a pensare "speriamo che almeno le prove libere siano tranquille" ed ecco che una gomma esplode all'improvviso durante la simulazione del passo gara e una Alpha Tauri finisce contro l'unico muro che si può prendere a Spielberg, quello del rettilineo della partenza. Pierre sta bene ma ovviamente deve fare tutti i controlli al centro medico. Elsa lo aspetta sulla porta, è stanchissima ma gli sorride come se si fosse appena svegliata su una spiaggia alle Maldive. Quando ami il tuo lavoro non senti la fatica di sorridere.

Appena ha un attimo di tempo libero guarda il cellulare, e prova a fare una telefonata, ma nessuno risponde. Allora riattacca, sente qualcuno che la chiama per un motivo qualsiasi e corre a risolvere un problema. Poi ha un altro momento libero e riguarda il cellulare, pieno di chiamate perse. Prova a richiamare ma di nuovo nessuno risponde. Va avanti così per tutta la giornata di sabato, tra le prove e le qualifiche di Formula 1 e le gare di Formula 2 perché deve anche sostituire un suo collega assente. 

Sabato sera, arrivata nella sua camera d'albergo, guarda lo schermo del cellulare. Finalmente potrebbe fare quella chiamata, ma ha talmente tanto sonno che le si chiudono gli occhi. Scrive solo un messaggio.

"Ciao, mi dispiace di non essere riuscita a chiamarti, ho avuto un sacco di impegni. Buona fortuna per domani, comunque vada sono tanto orgogliosa di te. Buona notte"

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