31. Monza 2021, Saturday Pt I

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"a Monza c'è qualcosa in più" dice Charles Leclerc nelle interviste che traducono in dieci lingue e rimandano in continuazione alla televisione ogni volta che c'è un buco nel palinsesto.
Nessuno sa dire veramente cosa ci sia "di più" a Monza, i tifosi, il cibo, il clima, la passione per quella macchina rossa che si legge negli occhi di ogni spettatore, o forse anche solo l'aria di casa.
Nelle interviste nessuno racconta che "in più" c'è anche una pressione devastante, le aspettative di migliaia di persone dentro l'autodromo, fuori dall'autodromo, davanti alla televisione, dietro alla televisione, ovunque. Tutti guardano. Tutti vogliono vedere una Ferrari sul podio. Tutti avranno opinioni e critiche per ogni tuo minimo errore.
La qualità più importante per chi lavora in Formula Uno è saper gestire la pressione. Mantenere la calma anche nei momenti più critici.
Riuscire a non esplodere anche mentre senti il peso del mondo sulle tue spalle.
Non è un talento innato, è tutta questione di allenamento.

Elsa quando aveva sedici anni vomitava la colazione prima di arrivare a scuola, quasi tutte le mattine. Poi ha smesso, di fare colazione.
Qualche volta durante le interrogazioni si sentiva come se le parole le sfuggissero dalla bocca e non riusciva più a dire niente, andava in iperventilazione, si sentiva svenire.

Non c'è stato un momento in cui ha capito come fare per superare l'ansia. Nessun rimedio letto in nessun libro.
Solo piccoli passi.
Un biscotto per colazione. Un'interrogazione con più di tre frasi di seguito dette senza balbettare.
Due biscotti per colazione.

È in questo modo che è finita a prendere 30 all'esame di anatomia, davanti alla commissione più temuta dell'università. In questo modo che ha imparato a fare interventi di urgenza con pochi secondi per decidere cosa fare, farlo e salvare la vita di qualcuno.
Nessun segreto se non quello di smetterla di tirarsi indietro, di non rinunciare mai a fare qualcosa per colpa dell'ansia. Di accettare anche quando qualcosa non viene perfetto, perché è normale non essere perfetti quando si è sotto pressione.

La mattina del sabato del weekend di Monza i piloti Ferrari entrano al circuito, cercando di farsi largo tra la folla di fan, giornalisti e curiosi. Nell'aria c'è entusiasmo, adrenalina, tensione. Vengono chiamati da ogni parte, la gente urla i loro nomi. Si girano a salutare, farsi fare fotografie, firmare autografi spostandosi in continuazione verso le transenne a destra e a sinistra dell'entrata, finché Silvia, la responsabile Ferrari dell'ufficio comunicazioni, gli dice di andare avanti. Allora smettono di firmare autografi, si girano per l'ultima volta indietro a salutare tutti e passano i tornelli dell'ingresso del paddock. In quel momento si girano per la prima volta l'uno verso l'altro e si guardano negli occhi. Si scambiano uno sguardo molto dolce, pieno di complicità e comprensione. L'unica cosa che aiuta a sopportare il peso delle aspettative è sapere che non sei solo.

All'interno del box Ferrari, le prove libere del sabato mattina cominciano in salita: la macchina non si guida bene, non si riesce a capire cosa non va e appena risolvi un problema ne salta fuori un altro. I tempi non sono buoni, ma è difficile fare tempi buoni con una macchina che non sai dove può arrivare, non ti fidi a spingerla al massimo e quando lo fai rischi di perderla. È così che succede; la macchina di Carlos Sainz arriva alla Ascari, perde il controllo e il muro è subito lì, lo colpisce in piena accelerazione prende un forte contraccolpo.

Elsa vede tutto in diretta sugli schermi, schiaccia il pulsante per chiedere alla direzione gara la bandiera rossa e dà immediatamente l'ordine di far uscire la medical car. Ian va a recuperarlo e lo porta al centro medico, lei è già lì ad aspettarlo, non sembra nulla di grave ma deve fare tutti i controlli per assicurarsi che possa correre nella sprint race del pomeriggio.

Carlos scende dalla medical car camminando senza mostrare particolari problemi, Elsa è davanti all'ingresso, lo invita ad entrare appoggiandogli una mano sulla spalla e chiude la porta dietro di lui.
Dentro il centro medico del circuito di Monza c'è un'unica stanza con due letti, organizzata come una sala urgenze di un qualsiasi pronto soccorso, con orribili piastrelle bianche alle pareti, fredda luce a neon, carrelli e macchinari attorno ai letti.
Fa segno a Carlos di sedersi su un letto, ha ancora tutta la tuta e il casco addosso. Ha solo aperto la visiera, così almeno possono guardarsi negli occhi.
L'ambiente non è decisamente rilassante, ma appena si siede e guarda negli occhi Elsa si sente già più tranquillo.
"ok, fai un respiro profondo. Ho visto dagli schermi che hai preso un colpo forte al collo, adesso ti diamo una mano a togliere il casco, il sistema Hans ha funzionato quindi non dovresti avere problemi, ma ti mettiamo un collare intanto che controlliamo che tu non abbia lesioni. Ok? "
" ok"
Due infermieri gli tolgono il casco e lo aiutano a sdraiarsi. Elsa gli slaccia la tuta, gli alza la maglia bianca ignifuga e gli mette quattro sensori adesivi che misurano il battito cardiaco.
Prende una piccola torcia elettrica dalla tasca in alto del camice e gliela punta negli occhi per controllare la reattività delle pupille.
"Dove ti fa male?"
"da nessuna parte... E un po' dappertutto... Cioè un po' il collo... La schiena forse..."
"mhm... è normale, significa che hai ancora molta adrenalina che non ti fa percepire il dolore. Facciamo un rx e poi aspetti qui un po' in osservazione, intanto che i parametri tornano normali.
È tutto apposto comunque, stai tranquillo."
"E oggi pomeriggio? Posso correre? La macchina? Si può riparare? Ho fatto un disastro..."
Elsa è seduta sul bordo del letto, gli appoggia una mano sul petto.
"Ma si dai, secondo me ce la fai a correre, adesso intanto rilassati dieci minuti, poi ci penseremo"

"Hanno già riportato la tua macchina ai meccanici - annuncia un infermiere che è appena rientrato nella stanza - dicono che non è troppo danneggiata, se si danno da fare per la sprint race sarà pronta"
Carlos sembra abbastanza rassicurato e comincia ad essere meno teso, Elsa gli sorride e si allontana dicendogli "torno subito".

È uscita per andare a controllare la situazione in pista: la bandiera rossa è finita e sono tornati a correre, tutti i medici della squadra sono tornati ai loro posti e sembra tutto regolare.
Dalla televisione nel corridoio senfe solo un team radio "Guys I need to stop, can't explain here - ok box" sono poco più di sette parole, ma Elsa percepisce che c'è qualcosa che non va nelle voce di Charles.

Are You Ok || Formula 1Where stories live. Discover now