78. Plans and failures

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Era riuscita a fare tutto esattamente come aveva pianificato.
Aveva il campione di sangue prelevato da Andrea, aveva le etichette con il suo nome e la sua data di nascita stampate "per errore" in doppia copia identica.
Aveva anche l'altra provetta, quella con il campione ematico che veniva dal suo braccio e che aveva trasportato di nascosto dall'albergo al circuito senza che nessuno se ne accorgesse.

Ora doveva solo attaccare l'etichetta sbagliata sulla provetta senza nome, scambiarle, e sbarazzarsi della provetta in più.

Facile. Questione di due minuti.

Ma mentre staccava l'etichetta dalla carta stampata, si era sentita scuotere da qualcosa dentro o sopra di lei.

Aveva sentito di nuovo sulla pelle quella sensazione, il respiro che viene meno, i muscoli che si irrigidiscono, la pelle che sembra sudare freddo. Aveva nascosto le provette nel suo zaino ed era corsa in bagno.

Non riusciva nemmeno a pensare alla gravità di quello che stava facendo, come minimo si sarebbe meritata di essere radiata dall'albo dei medici.

Nella sua testa continuava a cercare di consolarsi e rassicurarsi pensando a tutti i casini che aveva visto combinare negli anni ai suoi colleghi davanti ai suoi occhi passandola liscia. Cercava di convincersi che infondo almeno lei non aveva ucciso nessuno. Ma sapeva benissimo che era comunque molto grave. Non aveva mai pensato che sarebbe arrivata a commettere un reato, per giunta solo per un suo interesse personale.

E invece, eccola qui, davanti ai lavandini del bagno del prefabbricato che ospita il centro medico del circuito di Melbourne, ad aspettare che le passi anche questo attacco di panico.

Si lava via dalla faccia quel sorriso falso con cui aveva consegnato al laboratorio la scatola con i campioni da analizzare, si guarda allo specchio e si sente una nullità.

Si stava pentendo. Ora capiva che il vero, grande, errore che aveva fatto, non era stato quello di passare quella notte con Daniel senza pensare alle conseguenze ma quello di cercare di nasconderlo a tutti i costi, di arrivare a pensare di commettere un reato pur di risolvere tutto da sola senza fidarsi di nessuno.

Torna nel suo studio e riapre la cella frigorifera portatile che era pronta per essere spedita in laboratorio: prende la vera provetta con il campione ematico di Andrea, e la mette dentro, prende la provetta contraffatta, strappa l'etichetta sbagliata e ne attacca sopra un'altra, una che non contiene nessuna bugia.

Ora non basta più la sua firma sui documenti di accompagnatoria, allora esce dal suo ufficio ed entra in quello di Mark, dopo aver bussato alla porta.

Per un secondo, mentre guardava le nocche della sua mano destra che battevano dolcemente sul cardine della porta, aveva pensato di dirgli tutto, di chiedergli una mano sul serio, di spiegargli la situazione così com'era invece che inventarsi una scusa.

Ma un secondo dopo era entrata, Mark era distratto come sempre, e guardava una gara di football americano al computer mentre firmava svogliato le carte che aveva sul tavolo con la stessa velocità con cui i piloti preparano le cartoline autografate per i fan.

"Mark, ho bisogno di una tua firma"

"Dove?"

"Qui" - gli aveva detto, porgendogli il foglio di accompagnatoria al campione del suo sangue per le analisi.

"Fatto" - le aveva risposto, guardandola per un secondo e poi spostando subito lo sguardo verso lo schermo del computer per esultare per un Touchdown dei Seattle Seahawks.

Elsa stava per dire qualcosa... ma guarda lui, guarda il foglio che le è ritornato in mano con la sua firma, guarda di nuovo lui con la sua partita. Beh, è colpa sua se non guarda quello che firma. Adesso ho quello che mi serve e non ho bisogno di altro.

Are You Ok || Formula 1Where stories live. Discover now