32. Monza 2021, Saturday Pt II

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Emisfero destro, emisfero sinistro, lobo temporale, frontale, occipitale, parietale: il cervello è una macchina perfetta in grado di racchiudere tutte le funzioni di un organismo. Pensare, camminare, scrivere, immaginare, sognare, ricordare, guidare, saltare, cantare, sorridere. Siamo in grado di fare tutto questo grazie a 1,4 kg di materia celebrale, che contiene 100 miliardi di neuroni.

Il problema della nostra testa è che la diamo sempre per scontata, come se, solo perché il collo la tiene attaccata nostre alle spalle, fosse qualcosa di cui non dobbiamo mai preoccuparci. Come se potessimo resistere a tutto, solo perché le ferite che non sanguinano non si vedono. Come se fossimo fatti di pietra, solo perché sembriamo resistere a qualche colpo.
E soprattutto nessuno presta attenzione all'altro. Nessuno si preoccupa che anche l'altro possa stare male, possa senrsi ferito, angosciato, perso, in mezzo a fiumi di parole che entrano come spade nella sua testa.
Nessun giornalista si preoccupa di che effetto possa fare a un ragazzino di ventitré anni sentirsi chiamare in continuazione "il predestinato".
Nessun utente di twitter si preoccupa di cosa si provi a leggere "sopravvalutato" accanto al proprio nome.
Nessuna ragazza che è appostata davanti a un albergo di Monza si fa problemi ad urlare il nome del pilota che sta aspettando da ore sotto il sole come se fosse una divinità, per poi chiedergli foto e autografi e lanciarsi addosso a lui per abbracciarlo, come se non fosse uno sconosciuto.

Charles in quel posto, due anni prima, ha vissuto il finesettimana più bello della sua vita. Ha fatto un miracolo, è diventato il Predestinato, ha acceso speranze e sogni grandi quando il mare di persone che era sotto il podio per lui quel giorno.
Dal giorno dopo nulla è stato più lo stesso.
La quantità di interviste da fare, di richieste di tutti i tipi da tutte le persone del mondo, di fan che lo inseguono ovunque per una foto, di paparazzi che lo spiano anche in barca al largo: tutto questo aumentato a dismisura. E, poco più di un anno prima, non era nessuno.
Il suo mondo è diventato così smisurato all'improvviso. Non si lamenta, anzi è molto grato di tutto quello che ha e sa di essere molto fortunato. Ma da un po' di tempo gli sembra di non essere più libero come prima.
Come se i nuovi pensieri di questo nuovo modo di vivere lo schiacciassero, lo tenessero come imprigionato nella sua mente.
Non sei libero se non puoi liberare la tua mente dalle preoccupazioni.

Appena si trova davanti alla sua macchina, con tutti i meccanici attorno a lui che aspettano solo di potergli allacciare le cinture per cominciare le prove libere, comincia a sentire il respiro più corto del solito. Una sensazione strana e non piacevole, come di una fitta allo stomaco.
Poi sale in macchina, per un po' si concentra sul programma che deve fare e gli sembra di sentirsi meglio.

Esce dal box, resta in fila con le altre macchine in pitlane, semaforo verde e parte. Comincia con la simulazione di passo gara con le gomme medie, un giro dopo l'altro cerca di fare quello che può per far andare meglio la sua Ferrari che continua ad avere tanti problemi.
Nonostante tutto il suo impegno, i tempi che vede scritti sul monitor ogni volta che torna ai box non sono per niente buoni. Poi esce di nuovo in pista e ogni tanto allunga lo sguardo sulle gradinate, con tutti quei tifosi con le bandiere della Ferrari. Tutti lì per lui. Continua a ripetersi che deve pensare solo a guidare, ma è come se la sua mente non riuscisse a stare ferma.
Poi arriva la comunicazione radio "Box box, red flags"
"What happened?"
"Carlos crashed turn 2"
Pochi secondi dopo passa davanti all'incidente, vede Carlos che sta scendendo con le sue gambe, ma la macchina ha molti danni.
Mentre rientra lentamente ai box prova un'emozione strana, che non si ricorda di aver mai provato prima. Si sente solo.
Perché per la prima volta la sua mente formula il pensiero che il pilota che è appena andato a muro non è un avversario in meno di cui preoccuparsi. Quello è il suo compagno di squadra. L'unica altra persona che stava combattendo dalla sua parte. L'unica persona con cui condivideva il peso delle aspettative e dei problemi. E l'ha visto commettere un errore perché non ha retto la tensione.
Com'è successo a lui, succederà anche a me.

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