66. Nightmare pt II

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« Io ho paura. So che molti piloti dicono che non hanno mai paura quando guidano. Io invece ho paura, ho paura di morire, ho paura di farmi male, ho paura di fare incidenti. Ma è solo paura, non è che non salgo più in macchina per questo. Ce l'ho, e faccio le cose lo stesso »
- Lando Norris.

Mentre saliva le scale per arrivare all'ufficio dove era stata convocata dalla FIA, Elsa ripensava a quelle parole lette in un intervista su un giornale. Non ne aveva mai avuto l'occasione, ma forse avrebbe dovuto dire Grazie a Lando. Grazie per avuto il coraggio di esprimere le sue paure a parole, di condividere le sue emozioni con gli altri. Grazie, anche se ora non gli servirà a nulla.

Lando non era certo il solo a sentirsi così, ma di sicuro era uno dei pochi che aveva il coraggio di parlarne. E quello che aveva detto non valeva solo per gli altri diciannove piloti di Formula Uno, ma anche per tutte le altre persone del mondo.

Tutti abbiamo paura di qualcosa, e spesso non sono i ragni o i serpenti le vere ragioni per cui ci tremano le gambe e il cuore ci esplode nel petto. Elsa ricordava di aver sempre avuto paura, soprattutto paura per gli altri. Paura che un giorno, dopo aver passato tutta la vita a salvare gli altri, non potrà fare nulla per salvare le persone che ama di più al mondo. Eppure Elsa, Lando e tutti gli altri vanno avanti con le loro vite, ognuno con le proprie paure appoggiate sul comodino, perché ogni giorno, appena sorge il sole, è il momento di uscire a vivere la tua vita, e non puoi rimanere nascosto sotto il letto.

Aveva conosciuto la paura di perdere il lavoro solo quando aveva capito cosa rischiava per la sua relazione con Daniel, ma aveva sempre saputo che avrebbero potuto licenziarla da un momento all'altro per come faceva il suo lavoro, e questo non le era mai importato. Era sempre stato un rischio calcolato, o a modo suo o niente. E forse doveva andare così.

A questo pensava mentre saliva gli ultimi gradini per entrare nella sala riunioni nell'hospitality della FIA a Interlagos. Era scappata dal Messico con il primo aereo lunedì pomeriggio, e arrivata a San Paolo del Brasile era rimasta praticamente tutto il giorno chiusa nella sua camera d'albergo per non farsi vedere dalla gente, aveva un sacco di chiamate perse, da Daniel, dai suoi colleghi, dai suoi parenti... e soprattutto da decine di numeri sconosciuti, quasi tutti giornalisti che, dopo aver scritto un bel titolo clickbait per i loro articoli, ora volevano intervistarla per  "darle la possibilità di dire la sua" quando in realtà volevano solo avere 5 minuti con lei per farle più domande scomode possibile per cercare di tirare fuori ancora articoli imbarazzanti su di lei.

Poche ore dopo essersi svegliata martedì mattina a San Paolo aveva ricevuto la convocazione della FIA "urgente, per una riunione straordinaria".

Elsa sapeva benissimo che i pochi passi che la separavano da quella stanza sarebbero stati per lei gli ultimi metri da percorrere a testa alta con l'orgoglio di essere ancora il responsabile medico della sicurezza dei piloti di Formula Uno, perché appena si sarebbe seduta su una di quelle sedie che già intravedeva dalla porta socchiusa, avrebbe avuto in mano la sua lettera di licenziamento da firmare.

In poco più di ventiquattr'ore i social e i giornali avevano scritto tutto il peggio su di lei, l'avevano accusata di avere rapporti sessuali con i piloti, soprattutto con quelli più giovani di lei e più facilmente condizionabili, avevano addirittura detto che lei li avrebbe ricattati sessualmente per concedergli l'autorizzazione a guidare. Anche sul povero Lando si erano scatenati, soprattutto i tifosi degli altri piloti, che, forse per noia, forse per cattiveria repressa, appena possono si sgranchiscono le dita sulla tastiera con commenti pieni di odio.

Era tutto così assurdo, non aveva fatto nulla di male, anzi. 

E, ancora peggio, aveva fatto la stessa cosa decine di volte con molti altri piloti.

Are You Ok || Formula 1Where stories live. Discover now