47. Lost and found

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Ormai da qualche tempo, in tutti i circuiti, il paddock di Formula Uno è affollatissimo, si fatica perfino a spostarsi da una parte all'altra, i lavoratori del circus passano più tempo a farsi largo tra la gente a gomitate che a eseguire i loro compiti... Elsa si chiede se sia cresciuto più velocemente il numero dei tifosi della Formula Uno o il numero dei paddock-pass venduti. Arrivata in Giappone, però, di certo non si aspettava di trovare tutta quella folla già nel parcheggio: la gente è così tanta che non si riesce a vedere dove si sta andando. Elsa scende dal furgoncino nero che ha accompagnato lei, Mark, Ian e tutto lo staff medico al circuito, e un attimo dopo aver chiuso le portiere già non vede più i suoi colleghi, come inghiottiti dalla folla.
"Ma che succede? Da dove viene tutta questa gente?" - riesce ad urlare Elsa all'autista prima che riparta.
"L'organizzazione del circuito ha cercato di fare il possibile per sgombrare gli spazi interni al circuito, concedendo alla gente di entrare a turni solo per poche ore, ma il risultato è che la gente si è riversata nel parcheggio!"

Non fa una piega... pensa Elsa, che ormai ha capito che non c'è modo per discutere con l'organizzazione, ogni volta ne pensano una nuova e inventano un nuovo problema.

Elsa infila il suo zainetto al contrario, con gli spallacci sulla schiena e la cerniera davanti, per controllarlo e per muoversi più velocemente. I tifosi sono tanti ma non sembrano così aggressivi come gli italiani davanti all'albergo dei piloti che avrebbero mangiato vivo il loro vicino pur di avvicinarsi un metro di più a Leclerc. Sono quasi simpatici con tutti quegli assurdi cappellini che sono vere e proprie opere d'arte.
È quasi arrivata al gate, quando, in mezzo a tutta quella gente e quel casino, come avesse un radar riesce a distinguere la voce di un bambino che piange, lo cerca e lo vede, seduto per terra, mentre rischia di essere schiacciato dalle altre persone e nessuno lo nota, stanno tutti pensando agli autografi, ai selfie, ai piloti...

Elsa si avvicina e di istinto si toglie lo zaino per prenderlo in braccio. Comincia a cercare i suoi genitori ma delle persone che sono lì vicino nessuno lo riconosce. Dev'essersi perso, e chissà quanto si è allontanato dai genitori. Elsa d'istinto gli parla all'orecchio e lo culla dolcemente per cercare di farlo smettere di piangere.

Ha circa 5 anni, un viso piccolo e dolce, dai suoi occhietti a mandorla scorrono lacrimoni esausti, chissà da quanto tempo stava piangendo. Ovviamente parla solo giapponese, ed Elsa non sa come aiutarlo a trovare i sui genitori. Gli guarda le braccia, per vedere se c'è un numero di telefono scritto da qualche parte. Nel frattempo lo stringe al petto, metre lo porta verso il gate, cercando di uscire dalla confusione.

Anche se in quella situazione è un problema e non un divertimento, tenere in braccio un bambino è una sensazione dolcissima.

Forse non tutte le donne sono fatte per diventare madri. Elsa è convinta del fatto che ogni donna debba scegliere liberamente come vivere la sua vita, e avere un figlio o una famiglia non è una condizione indispensabile per essere una donna realizzata.

Elsa però, l'istinto materno, ricorda di avercelo sempre avuto. Dalla prima bambola, alla prima volta che ha preso in braccio sua sorella, dai pazienti di pediatria ai ragazzini che giocano a fare i piloti, lei ha sempre avuto l'istinto di proteggerli e di volergli bene incondizionatamente.

Il bambino continua a non capire nulla di quello che le dice e a non risponderle nemmeno a gesti, è molto spaventato, ma appena passano i cancelli e la confusione della folla si dirada, smette di piangere.

Elsa non sa bene dove andare... vorrebbe trovare qualcuno della sicurezza a cui affidarlo, ma sono tutti sconosciuti e non sa se fidarsi...
Nel frattempo continua a camminare verso il centro medico, dove la aspettano per iniziare le visite di controllo ai piloti.

Are You Ok || Formula 1Where stories live. Discover now