42. Being important pt II

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Gli occhi vuoti di Elsa. Quando Daniel la guarda le sembrano più profondi di un abisso. Così si sentiva in quel momento, come se fosse precipitata di nuovo sul fondo di un abisso.

"Elsa? Tutto bene?" Le chiede Daniel

Elsa sobbalza, come se si fosse destata all'improvviso da un sogno ad occhi aperti, da tutte le scene di quattro anni della sua vita che vedeva scorrere nel vuoto che stava fissando davanti a lei.

"Cosa?" Risponde, come risponde una persona che si rende conto di non aver ascoltato una domanda.

"Niente niente, volevo solo chiedere se stai bene. Sembrava che tu pensi a cose brutte"

"Io? Ah nono tutto ok sisi" risponde cercando di nascondere con qualche dote da attrice tutto quello che sta pensando.

Daniel ha capito che qualcosa non va. In realtà gli succede molto spesso di accorgersi di quando qualcuno ha un problema prima che quella persona gliene parli, quasi mai, però, ha tempo di fermarsi ad aiutarlo, chiunque sia la persona che vede in difficoltà.
Elsa però non è una persona qualunque. Daniel a Elsa ci tiene davvero.

Sono fermi uno di fronte all'altra, si sono incontrati per caso in mezzo alla gente, si sono guardati, si sono scambiati parole senza dirsi niente. Dovrebbero riprendere a camminare ognuno nella propria direzione, ma non riescono ad allontanarsi l'uno dall'altra.

Elsa ha paura del vuoto, il vuoto che ha sentito dentro quando ha letto il nome di Aaron sullo schermo del cellulare, quel vuoto che sembra una voragine aperta da una coltellata di ghiaccio.

Riflesso negli occhi di Elsa, il sorriso di Daniel è come l'ultimo piccolo appiglio nella roccia a cui uno scalatore si aggrappa per non cadere mentre le sue gambe oscillano nel vuoto.

"Vuoi che prendiamo un caffè insieme?" Le chiede. È un po' insolito come invito, nel paddock non capita quasi mai, perché nessuno ha mai tempo per fermarsi a bere qualcosa insieme. Ma quando tieni a qualcuno, non c'è bisogno di fermarsi a calcolare il tempo.

Elsa cade dalle nubi, come un brusco ritorno alla realtà dopo tutta quella valanga di pensieri. Un po' come toccare terra dopo una tempesta in mare aperto. Sta per rispondere di sì, pensa che passare un po' di tempo con Daniel la aiuterebbe a non pensarci, a rasserenare i pensieri. Ma il cellulare squilla di nuovo, di nuovo il suo nome sullo schermo.

"Scusami, non posso, devo rispondere" gli dice, senza riuscire a nascondere l'ansia nel tono della voce.

Si allontana un po' da lui, risale la pit lane fino all'uscita verso la curva Sainte Devote e scorre il dito verso destra, sul fondo dello schermo del cellulare, poi lo appoggia all'orecchio.

Daniel la guarda allontanarsi, preoccupato: quel tono della sua voce così allarmato, quello sguardo assente, non sono da lei. Così decide di seguirla: la vede da lontano scavalcare le barriere dietro a una via di fuga, girare l'angolo dietro a un palazzo e sedersi sul bordo del marciapiede con il telefono in mano. Lei non guarda indietro ma Daniel è proprio lì. Lui si nasconde dietro l'angolo, appoggiato al muro, e tende l'orecchio per cercare di sentire cosa dice.

Passano dei lunghissimi secondi di silenzio, tra quando Elsa ha appoggiato il cellulare all'orecchio e il momento in cui riesce a dire qualcosa.

Per dieci, forse quindici secondi, Aaron ed Elsa si ascoltano sospirare, da una parte all'altra del telefono, da una parte all'altra dell'oceano. Entrambi sanno che l'altro è lì, che ha risposto, che può sentirlo, entrambi non sanno cosa dire.

"Hey"

"Hey, Elsa."

Ancora silenzio. Entrambi avrebbero un mondo di cose da dirsi, entrambi non riescono a dire niente.

Are You Ok || Formula 1Where stories live. Discover now