Prologo

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«Non sono sicura di volerlo fare.» dissi, guardando dal finestrino l'imponente portone in legno con attorno delle mura bianche.

«Non sei obbligata, ma sai quello che ti aspetta se non lo fai.» rispose Malcolm dai sedili posteriori.

«Ma non potevate scegliere un altro obbligo?» incrociai le braccia seccata, girando la testa verso Donna che era seduta al volante.

Malcolm Lee e Donna Wright erano i miei due migliori amici.

Malcolm oltre per la sua parlantina, allegria, mente pervertita, spiccava per la sua bellezza: viso squadrato, capelli dorati e leggermente ondulati lunghi fino a solleticargli il collo, combinati ad un paio di iridi color ambra e contornati da folte ciglia incurvate. Sembrava uno di quei ragazzi/modello che si vedevano sui reel nei social.

Portava sempre lo smalto, rigorosamente nero, con solo il medio in oro per mandare a quel paese con classe. Per il suo carattere socievole era conosciuto da molti. Inoltre, per il suo modo di fare sempre alla mano, non aveva mai problemi a trovarsi qualche ragazzo da portarsi a letto. Aveva una mente direzionata alle piccole attività criminali e... sessuali.

Donna invece era la tipica ragazza modello: diligente, voti eccellenti, praticava il cheer, faceva volontariato e il suo sogno nel cassetto, da quando l'avevo conosciuta il primo giorno di elementari, era quello di diventare un'assistente sociale.

Donna veniva dalla Corea del Sud ed era stata adottata quando aveva solo due anni. Durante il volontariato con ragazzi nel sistema di affido e case famiglia aveva sentito storie terribili e aveva deciso che doveva fare qualcosa. Era una bella ragazza, sembrava una di quelle bamboline di porcellana: capelli color pece, tenuti sempre caschetto, il perché era preferibile non dirlo. Occhi a mandorla, e scuri, lei ci teneva sempre a precisare con la doppia palpebra, a quanto pare non era così scontato per le caratteristiche fisiche orientali averceli in quel modo, perciò lei si definiva fortunata per quel dettaglio, e infine labbra piccole ma carnose e ben disegnate. Quello che avevo sempre invidiato di lei era la sua pelle, non aveva nessun poro, sembrava fatta appunto di porcellana. Era minuta e agile e questo le permise di essere perfetta per fare la flyer nel cheer. Amavo vederla esibirsi prima di una partita o durante le gare che facevano perchè nonostante fosse piccolina quando era su quel tappeto esplodeva di energia.

Tra la mente criminale sempre eccitata e quella super intelligente e organizzata, io ero in una categoria intermedia che però tendeva ogni giorno di più ad avvicinarsi a quella di Malcolm.

Ero una mente facilmente influenzabile.

«Non guardare me. È lui la mente del piano.»

Mi lamentai con un sbuffo rumoroso e tornai a guardare fuori dal finestrino.

Eravamo davanti alla Villa Miller.

«Potrebbero arrestarmi.»

«Scegli tu: arresto incerto o disegno di un pene in faccia per tutta la settimana di scuola.»

Era la sera prima dell'inizio dell'ultimo anno di scuola superiore.

E come da tradizione, inventata da noi, bisognava praticare il Preferiresti Incatenato.

Non era difficile. Il gioco Preferiresti consisteva nello scegliere tra due opzioni assurde e divertenti e soprattutto immaginarie.

Il Preferiresti Incatenato era la versione modificata da Malcolm, obbligatoriamente da compiere l'ultimo giorno delle vacanze estive.

La regola era che bisognasse realizzare l'opzione scelta. E le opzioni non erano mai cose banali.

Per scegliere lo sfortunato, si lanciavano i dati, il numero più basso era colui che doveva affrontare il Preferiresti Incatenato.

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