Capitolo 7

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Il giorno seguente alla chiamata con mio fratello Ethan, avevo chiesto scusa a mia madre e a Dave. Entrambi le accettarono anche se rimasero dubbi sul perchè di quella mia reazione. Ancora non avevo detto a nessuno che ci fosse una piccola possibilità che avrei ripreso a suonare. 

Mi ero presa un'altra giornata per pensarci. Discuterne anche con i miei migliori amici che mi obbligarono ad accettare, perchè sarebbe stato uno spreco rifiutare un'offerta di quel genere, soprattutto se data da Hayden Miller.

E l'idea che sarebbe stato uno spreco mi stava piano piano convincendo. Questa poteva essere l'ultima chance di poter riprendere il cammino di studi per avere un futuro in quella strada e solo una stupida l'avrebbe lasciata scappare.

Motivo per cui, appena entrai a scuola il giorno dopo, mi obbligai a parlare con Hayden. Era giovedì, avrei avuto l'ultima ora con lui in quanto ci sarebbe stato spagnolo ma non volevo discuterne davanti alla classe per cui decisi di farlo prima, durante la pausa pranzo. 

Ed eccomi davanti alla biblioteca. Avevo terminato la mia in modo estremamente rapido per evitare che cambiassi idea. Dovevo fare questa cosa al più presto o sapevo che poi avrei iniziato a rimuginarci troppo e non avrei più accettato. 

Da quando erano iniziate le lezioni, aveva messo piede in mensa solo il primo giorno per avvisare me e i miei amici di stare lontano da lui e poi puf, sparito. Ma i radar delle ragazze lo captavano sempre e avevo scoperto che passasse la sua pausa in biblioteca.

Nerd.

A quell'ora in biblioteca non c'erano molti studenti per cui mi fu facile trovarlo seduto in un tavolo in fondo all'ampia stanza.

C'era solo un problema: non era da solo.

Stava pranzando e discutendo di qualche libro spalancato sul tavolo con la Diva. Che a quanto detto da Malcolm, si chiamava Heather Todd. Io avrei continuato a chiamarla Diva. 

Avrei potuto fare retromarcia e lasciar perdere tutto, prendere quello come un segno del destino che mi diceva di lasciare stare e uscire da quel posto. Ma non lo feci. Ora o mai più, Mak.

Ingoiando un pizzico amaro nel vederli così concentrati a discutere, strinsi la presa della cinghia dello zaino adagiata alla mia spalla e mi incamminai nascondendomi tra le pareti composte da alti e colmi scaffali.

Vagai con lo sguardo noncurante sulle copertine dei libri, di tanto in tanto lanciavo delle occhiate alla mia sinistra appena si apriva un nuovo sbocco che mi permetteva di osservare i tavoli al centro della stanza ma loro erano in fondo e dovevo camminare ancora per diversi metri.

Da un lato ero sollevata del fatto che fosse impegnato perché per quanto potesse sembrare cosi semplice dire un banale "accetto", per me non lo era affatto.

Primo perché non avevo ancora compreso cosa avrebbe comportato tutto quello.

Secondo perché non riuscivo a capacitarmi del fatto che avrei fatto le prove in casa Miller. Con Hayden che girovagava in casa sua. Era una situazione troppo surreale anche solo da pensarci.

Sbuffai portando annoiata una gamba davanti all'altra ma appena uno scaffale terminò, aprendosi lo spazio che mi permetteva di guardare verso la sala, ecco che fui esattamente in prossimità del loro tavolo.

Oh, accidenti.

Non potevo sentire quello che si stavano dicendo sia perché non ero così vicina, sia perché parlavano con tono basso.

Ad ogni modo, realizzai di essere rimasta a fissarli un po' troppo perché ad un certo punto Hayden voltò la testa nella mia direzione e incrociai quelle gemme intense color cobalto che mi provocarono un sussulto e un'imprecazione contro me stessa per essermi fatta beccare a spiarli.

It's a ClichéWhere stories live. Discover now