Capitolo 16

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«Mak...»

Dave. No, era ancora presto.

«Mak, sveglia.»

Questa volta venni toccata anche sulla spalla. Continuai ad ignorare la sua voce e dormire pacifica.

«Mak, fuori c'è quel tizio.. Miller.»

Spalancai gli occhi e mi ritrovai a fissare il mobile. Hayden? Cosa ci faceva qui? Mi rigirai sotto le coperte e strinsi le palpebre alla forte luce che entrava dalla stanza.

Grugnendo assonnata mi portai un braccio sul volto e con occhi ancora gonfi guardai mio fratello con un cipiglio, «cosa?» gracchiai.

Ruotò gli occhi, «Miller ti vuole parlare, ti sta aspettando in macchina.» spiegò per poi darmi le spalle e camminare verso la porta.

Cosa?

«Hay- Miller, vuole parlare? Con me?» ripetei con estrema confusione mettendomi a sedere.

Si fermò sull'uscio e incrociò le braccia appoggiandosi allo stipite, i suoi occhi scuri mi scrutarono attenti, «è fuori da almeno cinque minuti, ha detto di sbrigarti.»

Il mio cervello stava cercando di elaborare il tutto. Io e lui non ci parlavamo, quindi, perchè era qui?

«Quanto hai bevuto ieri?» chiese.

Sbuffai stropicciandomi gli occhi, «abbastanza da preoccuparmi sul perchè Miller sia qua.» ammisi amaramente mentre spostavo le coperte.

«Be' ti consiglio almeno di lavarti i denti. Probabilmente il tuo alito saprà di topo morto.»

Lo guardai male e tirai su un finto sorriso, «grazie, come farei senza di te.»

Sospirò, «me lo chiedo anche io.»

Ruotai gli occhi e lo osservai andare via e lasciarmi sola in stanza. Dal piano di sotto già sentivo molte voci e urla segno che tutti erano già in piedi. Nonostante il sonno che viveva ancora nel mio corpo, mi alzai e andai a recuperare il telefono sulla scrivania per capire che ore fossero. 

10.47. Ugh, è ancora presto. Dannato Miller.

Pensando che fosse una cosa veloce e indolore, andai solo in bagno per poter lavarmi viso e denti e usare un paio di volte il collutorio. Il mio specchio diceva che era meglio se uscissi con un sacchetto di carta in faccia, per cui feci una smorfia e tornai in camera per infilarmi i primi vestiti che trovai sulla sedia. Recuperai il telefono e poi scesi al piano inferiore.

«Makayla, di chi è il ragazzo con quella Porsche?» domandò immediatamente mio padre dal soggiorno appena mi vide passare per il corridoio.

«Um, nessuno di importante.» borbottai, infilandomi le scarpe per poi uscire di casa.

Il cuore accelerò nel petto appena i miei occhi si posarono sull'auto sportiva nera lucente e mi passai le mani tra i capelli per sistemare il groviglio di onde e ricci.

Mentre scendevo i gradini di legno del mio porticato c'era solo una domanda che mi rimbombava in mente: cosa cazzo era successo ieri sera?

Trattenendo uno sbadiglio aprii la portiera ed entrai nell'auto spenta di Hayden. Mi sedetti senza preoccuparmi di allacciare la cintura e mi voltai per guardarlo dritto in faccia piegando una gamba sulla seduta per stare più comoda. 

Ignorai la stretta del mio stomaco quando lo vidi. Indossava un paio di occhiali da sole sulla testa da tenergli fermi le ciocche arricciate, e mi scrutava con un'espressione divertita che mi fece quasi innervosire.

Che diavolo voleva?

«Che vuoi, Miller?» sospirai con fare seccato, e anche stanco. 

Quello stronzo mi aveva fatto svegliare e io volevo tornare a dormire al più presto. Sentivo ancora gli occhi e le labbra gonfie per il sonno.

It's a ClichéTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang