Capitolo 32

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Domenica avevo scritto ad Hayden. Due volte. Non mi aveva mai risposto. Non volendo risultare troppo appiccicosa smisi di cercarlo ed evitai di pensarci, passando tutto il giorno a risentire la mia composizione e segnarmi dei punti da rivedere.

Avevo deciso che prima di portarla definitivamente alla competizione, che si sarebbe tenuta quel sabato, l'avrei fatta sentire a Rhonda. Volevo un'opinione esterna di una professoressa e lei era perfetta. Mi conosceva ma non aveva problemi a dirmi che c'era qualcosa che non andava o suonava male.

Durante quella giornata avevo anche provato a non farmi sopraffare dai ricordi della sera prima e dell'aggressione di Jordan. Quando ero tornata a casa, dopo essere rimasta a dormire a casa Miller, mi ero fatta un caldo bagno e mi ero strofinata la pelle fino a farla diventare rossa per cancellare le sue tracce. Purtroppo quelle invisibili erano sempre indelebili.

«Brillantini neri o oro?» chiese Mal, appoggiandosi agli armadietti.

Lo guardai confusa, «per cosa ti servono?»

«Il cartellone per la gara, ovvio.»

«Oddio, no. Niente cartelloni. È già tanto che abbia accettato la vostra presenza.»

«I cartelloni sono d'obbligo, dobbiamo attirare anche la giuria.»

Guardai Donna in cerca di supporto ma si strinse nelle spalle sconsolata, «sai che adora fare queste cose.»

Sbuffai, «va bene ma non farlo troppo appariscente.»

«Impossibile. Appariscente è il mio secondo nome.»

Grandioso.

Chiusi l'armadietto e mi appoggiai contro con la schiena.

«Hayden mi ha ignorato tutto il giorno. Dite che si è offeso per qualcosa?» domandai piano, per non farmi sentire dagli studenti che passavano.

«Magari è stato impegnato.» rispose Donna.

«O magari gli è venuto un colpo al cuore per la foto del bacio con Myles e il video in cui vieni sculacciata da suo cugino.» ammiccò il nostro amico.

Abbozzai un sorriso ma si spense poco dopo. C'era qualcosa che non andava. Non era una persona che viveva col telefono in mano ma neanche una che lo ignorava di così a lungo.

«Oggi lo vedrai?»

«Non so nemmeno se è tornato,» confessai a Donna, «sapete come sono quando bevo, ho paura di aver fatto qualcosa e di non ricordarmelo.»

«Sei stata con noi tutto il tempo, non hai fatto nulla di troppo strano.» mi rassicurò Malcolm.

Continuammo a discutere, questa volta su cosa avrei indossato per l'esibizione e al suono della campana corsi alla prima lezione. In quelle successive avrei avuto Biologia e Spagnolo, per cui, se ci fosse stato, lo avrei visto. Non volevo scrivergli per chiedergli se fosse tornato. E comunque due messaggi ignorati erano abbastanza, non ne volevo un terzo.

Appena iniziata la lezione mi ero ripromessa di non pensare a lui. O al perchè mi stesse evitando. Provai a concentrarmi sulla lezione ma con scarsi risultati. La mia mente continuava a ripetere quanto accaduto alla festa e quasi non lasciai la lezione quando quei ricordi mi sembrarono diventare di nuovo reali.

Quando qualcuno bussò alla porta, interrompendo la lezione, mi diedi una tregua con i pensieri e mi stropicciai gli occhi volendo solo tornare a casa e starmene sotto le coperte. Entrò un bidello con in mano un fogliettino che passò al professore.

Per un momento pensai di essermi sognata lo sguardo rapido del prof su di me, ma poi disse, «Adams, devi andare in presidenza.»

«Cosa? Perché?» domandai, cadendo dalle nuvole.

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