Capitolo 52

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Ha organizzato un altro evento.

Pensi davvero ti accetterà fino in fondo?

Quelle frasi mi avevano tormentata silenziosamente per tutto il tempo, avevo cercato di rimuoverle pensando alla bellissima sorpresa che mi aveva fatto portandomi alla Juilliard ma il mio cervello era bastardo e continuava a farmici pensare. 

Di quale evento parlava? E perchè non avrei dovuto accettarlo? Era legato al fatto che si sentiva un mostro? Ma com'era possibile? Perchè non si voleva aprire con me?

Era pomeriggio, in quel momento eravamo in ascensore, con già le porte aperte e ferme su un piano, perchè stavamo andando nel loft di Brandon. 

«Ehi.» toccai dentro Hayden che sembrava essersi incupirsi.

Lui sbattè le palpebre quasi svegliatosi da uno stato di trance e mormorò uno scusa prima di uscire per farmi strada.

«Questa sera staremo qui?» chiesi.

«Mh?» aggrottò la fronte, «non lo so.»

Mi morsi l'interno della guancia ma non dissi nient'altro. Era strano. Durante il tragitto per Brooklyn si era chiuso e non avevo idea del perchè. Se avessi fatto qualcosa di strano.

Ci fermammo di fronte ad una porta, sembrava essere l'unica in quel corridoio. Hayden suonò il campanello alla porta e mi infilai le mani in tasca attendo l'arrivo di Brandon.

Quando quest'ultimo aprì la porta, notai subito uno sguardo inquieto.

«Non hai letto i messaggi, idiota?» sibilò il cugino.

Hayden aggrottò la fronte e, mentre tirava fuori il telefono, una voce provenne dall'interno.

«Spostati, coglione!» Brandon venne afferrato per le spalle e allontanato.

Il mio cuore accelerò leggermente per la confusione e un ragazzo dai capelli corvino, la pelle chiara e occhi cupi dello stesso colore del carbone si presentò davanti a noi.

«Fratello, perchè non entri?»

Hayden imprecò e io iniziai a non capire più nulla. Chi diavolo era? 

«Figliolo, avanti. Ho già perso fin troppo tempo.» tuonò un'altra voce maschile dall'interno del loft di Brandon.

Ottimo. Quella doveva essere la giornata di incontro coi parenti. 

Hayden inspirò a fondo e mi spinse dietro di lui facendomi accigliare, «Brandon esci e sta con lei.»

«Oh, no. Lei entra.» disse il ragazzo.

«Col cazzo.» ruggì Hayden.

«Hayden, non farmi perdere altro tempo e porta il tuo culo qui. E anche quello della ragazza.»

Sinceramente, avrei preferito stare qui ma non avrei lasciato Hayden.

«Hay--»

Mi tacciò con uno sguardo oltre la spalla, «non parlare e non fare cazzate.» 

Mi ritrovai ad annuire anche se indispettita.

«Hai un telefono per un motivo o sbaglio?» L'uomo--il padre di Hayden era seduto su una poltrona nel soggiorno in fondo alla sala. 

Noi restammo vicino alla cucina, che si trovava proprio in prossimità della porta. Brandon mi afferrò il braccio e mi tirò al suo interno tra l'isolotto e il bancone ad angolo. Lo guardai preoccupata e lui mi regalò un sorriso dispiaciuto, tenendo il braccio sopra le mie spalle. Puntai gli occhi sul padre di Hayden, il signor Steven Miller, uomo conosciuto da molti per le sue imprese fatte da sè. Era vestito elegante, come poteva vestirsi un solito uomo di affari potente, aveva i capelli perfettamente pettinati, il ciuffo era riportato indietro e leggermente a lato, con un bel po' di lacca, osservai. Quando si alzò con un sospiro annoiato, si sistemò la giacca e i suoi occhi -identici a quelli del figlio- trovarono i miei leggermente intimoriti da quella situazione.

It's a ClichéWhere stories live. Discover now