Capitolo 12 - Parte 1

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Avevo lo stomaco sottosopra.

«Abbiamo portato da bere?»

«No. Avrei dovuto?» domandò Malcolm.

Si, cazzo. Stavo sudando freddo e continuavo a mangiarmi le unghie per il nervoso.

«Io sono eccitato e so perché. Tu perché sei in questo stato?»

Probabilmente, per lo stesso motivo.

«Non lo so.»

Mi lanciò uno sguardo storto, «bugiarda.»

«Zitto e cerca parcheggio.» sbuffai scivolando nel sedile.

Venerdì sera era arrivato più in in fretta di quanto mi aspettassi. O più in fretta di quanto avessi voluto.

Ci sarebbe stata la prima partita di campionato e ciò significava solo una cosa: Hayden avrebbe giocato.

Ed era dannatamente tutto surreale.

Qualche mese prima Hayden Miller era in giro per il mondo ad esibirsi e a presentarsi ad eventi per milionari, e ora era un giocatore della mia scuola.

«Ma che cazzo...»

Girai lo sguardo verso l'entrata della scuola e la mascella mi cadde alla vista della quantità di gente ammassata nel cortile che si stava dirigendo verso il campo da football, illuminato dagli alti lampioni nei vertici del campo.

Non si era mai vista così tanta gente per una partita.

«Queste persone non sono solo della nostra scuola.» commentai con certezza ma perplessità mentre rallentava passando vicino all'ingresso.

Ovviamente, il parcheggio era pieno ma volevamo capire chi fossero e perché fossero lì. E c'era solo una risposta.

«Dici che sono qua per Miller?» chiese mentre schiacciava il piede sull'acceleratore per allontanarsi e cercare parcheggio altrove.

Era ovvio che fossero lì per lui. C'erano moltissime ragazzine e lui era abbastanza famoso per cui non avrebbero di certo perso l'occasione di vederlo sudato con i muscoli delle gambe e braccia che si contraevano a suon di placcaggi e touchdown.

In fondo, io ero li per lo stesso motivo.

«Spero che Donna ci abbia tenuto i posti migliori.» ammisi con un sospiro.

Lei era già qua essendo nel corpo delle cheerleader e dovendo esibirsi prima dell'inizio della gara alla quale mancava ancora mezz'ora.

«Lo spero anche io. Voglio che le sue gocce di sudore mi colpiscano.»

Feci una smorfia di disgusto mentre lo fissavo, «tu sei pazzo.»

Ricambiò lo sguardo con mento alto, «almeno non mento a me stesso.»

Ruotai gli occhi, «non sono agitata per lui. Mi fa strano l'idea che sia davvero qui, in questa città, a giocare nella nostra squadra. È- non so... assurdo.»

«Qualcuno avrà capito che siamo persone fantastiche e doveva premiarci per questo.»

Sorrisi scuotendo la testa e appena parcheggiò poco lontano da scuola, slacciai la cintura per scendere dalla macchina.

L'aria fresca colpii le gambe nude ma non avevo freddo. Inoltre la giacca a bomber che indossavo era abbastanza calda da infondere calore nel mio corpo coperto da una gonna di jeans nera e un top aderente a maniche corte a bianco.

Tenni la borsa a tracolla e affiancai il mio amico che mi circondò le spalle con un braccio. Non essendo così lontani dal campo e dalla scuola, si potevano udire i vari cori e fischi provenienti dagli spalti.

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