Capitolo 45

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Sentii qualcosa muoversi dietro di me e un braccio sfilò da sotto la mia testa. Assonnata e intontita, mi girai tra le coperte e schiusi le palpebre gonfie per il sonno. Hayden si stava alzando dal letto.

«Che fai? È ancora presto...» borbottai.

Si voltò e lo vidi passarsi una mano tra i capelli disordinati, «lo so, vado ad allenarmi. Vuoi venire?»

Anche se le palpebre si erano già chiuse, dal tono saccente e ironico sapevo che stesse sorridendo.

«Col cazzo. Addio, Miller.»

Mi coprii fin sopra la testa con le coperte mentre ridacchiava.

Era sabato, era il primo giorno di vacanze di Natale ed era anche il diciotto dicembre ciò significava che era il giorno del regalo di Natale di Hayden a quella mostra, per questo il venerdì aveva insistito affinché restassi qui a dormire.

Dopo vari secondi di silenzio mi addormentai nuovamente e quando mi risvegliai la luce entrava dalle vetrate e in stanza non c'era ancora nessuno. Mi tirai su stropicciandomi gli occhi poi mi stiracchiai.

Scesi dal letto e afferrai il telefono sul comodino per vedere l'ora. Erano appena le otto e buttai fuori un sospiro di sollievo, non eravamo in ritardo sulla tabella di marcia.

Dopo essermi lavati i denti per togliermi il sapore impastato della notte, scesi al piano inferiore e nel mentre notai la porta di Brandon ancora chiusa segno che lui stesse ancora dormendo.

«Buongiorno, Adams.»

Salutò Hayden appena entrai in cucina, stava mangiando delle uova strapazzate con dello yogurt greco, gallette e un frullato. Dio, era sempre così noioso anche nella colazione.

«'Giorno, Miller.»

Era ancora in tenuta sportiva, con tanto di elastico che creava una tenera codina con i capelli.

«Pancake?»

«No, tranquillo. Mangerò i cerali con un po' di latte. Posso?»

«No, puoi mangiare solo l'erba del giardino.»

Ruotai gli occhi. Era mattina, doveva fare poco il simpatico.

«Certo che puoi, Kay.» sospirò.

Appena mi sedetti di fronte a lui per mangiare la mia tazza di latte con dei corn-flakes al cioccolato mi sentii osservata. Parecchio osservata.

«Che c'è?» domandai, affondando il cucchiaio della tazza fumante.

Diede un morso alla galletta, «allora, vuoi dirmi cos'è?»

«Cos'è cosa?» feci la finta tonta.

«Il mio regalo.»

«No.»

«Tra poco lo saprò lo stesso. Tanto vale dirmelo ora.» replicò, cercando di convincermi.

Sorrisi divertita, «non te lo dirò. Lo vedrai quando saremo lì.»

Alzò gli occhi e terminò l'ultima porzione di uova per poi alzarsi dallo sgabello.

«Almeno dimmi come mi dovrei vestire.»

«Come vuoi. Ma penso ci sarà gente e se non vogliamo farci vedere insieme forse dovresti portarti un cappello. Niente occhiali da sole. Sembreresti scemo.» conclusi e masticai quei buonissimi cereali.

Annuì, «ricevuto. Vado a lavarmi. Se hai ancora fame, mangia quello che vuoi.»

«Si, grazie.»

Una volta sola terminata anche io la mia colazione, tornai al piano superiore e presi il mio zaino con tutto l'occorrente e andai nel bagno in corridoio dato che lui era ancora nel suo.

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