Capitolo 63

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«A che ora è?» chiese mia madre mentre mi infilavo le scarpe.

Tutta la mia famiglia era in soggiorno. Anche Jamie e Ethan erano qui.

«Non so di preciso ma iniziano la mattina.»

Era venerdì. Dopo le lezioni avevo passato del tempo con i miei fratelli Ethan e Jamie che erano tornati per salutarmi, e ora stavo aspettando l'arrivo di Hayden per andare in aeroporto. Avevo il volo alle otto sera e poi mi sarebbe venuto a prendere Brandon, che era a New York da tutta la settimana.

Anche Hayden aveva un volo, ma era diretto verso Medellin.

«Facci sapere, okay?» disse mia madre, abbracciandomi velocemente.

«Va bene,» mi staccai da lei, «ora devo andare.»

Salutai tutti un'ultima volta e poi uscii di casa con il mio trolley nero. Albert era arrivato col suv e appena raggiunsi le porte posteriori, qualcuno da dentro le aprì prima che potessi farlo io.

Hayden mi aiutò prendendo la piccola valigia e io saltai dentro.

«Devi starci due giorni. Si può sapere perché è cosi pesante?»

«Ho bisogno di avere delle opzioni.» dissi altezzosa.

Gli uomini non avrebbero mai capito.

Hayden era seduto di fianco a me e alzò gli occhi mentre afferrava le mie gambe per metterle sulle sue. Mi appoggiai con la spalla allo schienale e sospirai.

«Mi dispiace lasciarti sola.» disse, la testa contro al poggiatesta e rivolta verso di me.

«Lo so, non preoccuparti.»

Mi accarezzò le gambe e mi scrutò, «andrà bene, Adams. Sei brava. Ricorda solo le correzioni che abbiamo rivisto in questi giorni.»

Annuii, «lo farò.»

«Bene,» sospirò, «Brandon ti accompagnerà e poi tornerà a casa sua. È un problema?»

«No. Nessuno può entrare in casa, no?»

«Solo chi ha il codice, quindi nessun estraneo.»

Perfetto. Mi dispiaceva rimanere da sola quella notte perchè non avrei chiuso occhio e la presenza di Hayden avrebbe aiutato, se ci fosse stato.

«Io torno appena posso.»

«Non fare cazzate,» lo guardai seria, «e non lasciarti istigare da tuo padre.»

«Ci proverò.»

Accennai un sorriso e mi sporsi col busto per accarezzare la sua guancia e lasciargli un bacio sulle labbra.

«Pensami. Ne avrò bisogno domani.»

«Ti penso sempre,» mormorò, «ma la maggior parte del tempo sei nuda, è un problema?»

Scossi la testa divertita e gli tirai uno schiaffetto sulla fronte, «idiota.»

Si spinse contro di me, io indietreggiai fin contro la portiera e lui quasi si sdraiò sopra di me. Strofinò le punte dei nostri nasi fino a che non mi baciò dolcemente. Io mi sciolsi contro le sue labbra morbide e piene. Mi strinse in fianco e in fretta la sua mano si intrufolò sotto la felpa, accarezzandomi la pelle nuda. Poi, si allontanò dalle mie labbra puntando al mio collo. A quel punto, chiusi gli occhi beandomi di quel momento.

«Non mi lasciare altri segni. Si vedono ancora quelli della scorsa volta.» lo avvertii appena capii la sua intenzione.

«Mi piacerebbe ripetere quello che abbiamo fatto la scorsa volta in questo preciso istante.»

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