CAPITOLO 2.2

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LILITH

Finite le lezioni della giornata, avevo ricevuto un messaggio dalla mia amica Diana Smith, che lavorava come dottoressa al St. Joseph's Hospital di Phoenix. Conoscevo Diana da quando eravamo adolescenti e fin dall'inizio eravamo andate d'amore e d'accordo: lei era la persona più gentile e solare che conoscessi. Sarebbe stato impossibile per chiunque odiarla.

Controllando la nostra chat lessi la sua richiesta di vederci al Gola Vice per una cena, per rivederci e passare del tempo insieme. Non conoscevo il locale ma Diana aveva insistito dicendo che una sua amica si era trovata benissimo e il cibo era davvero buono; in realtà non mi importava veramente dove saremmo andate, mi importava solo passare del tempo con lei.

Quando giunse l'ora di incontrarci, uscii dal dipartimento universitario per raggiungere il vasto parcheggio della Newrise. Trovai facilmente la mia auto, una Tesla nera, parcheggiata nell'area adibita ai docenti.

Entrai nel veicolo e quando mi ritrovai al volante, feci un respiro profondo.
Da qualche giorno ero strana, facevo cose strane, proprio come avevo fatto la sera prima con quella studentessa, Tara Lancaster. Dovevo continuamente ricordarmi che fosse proprio questo, una mia studentessa, eppure averla vista al parco la mattina prima delle lezioni, aveva cambiato qualcosa. Pensavo a lei come la ragazza gentile e bella che mi aveva salvato da un'imminente caduta. Quando i nostri corpi si erano scontrati, avevo sentito la sua presa forte e sicura mentre circondava i miei fianchi per reggermi, poi avevo incontrato il suo sorriso gentile e rassicurante, accompagnato da fantastici occhi castani che mi avevano lasciato col fiato sospeso.
Tara Lancaster era una ragazza in forma, poco più bassa di me, di una bellezza naturale che ti costringeva a guardarla, ma non avrei dovuto avere pensieri simili su di lei.

Eppure nella mia mente continuavano ad apparire immagini di Tara Lancaster, sembrava che fossi destinata a pensarci. Persino i docenti mi parlavano di lei: coloro che avevano avuto modo di incontrarla non facevano altro che dire che lei fosse "la studentessa più brillante" dei loro corsi e probabilmente era popolare anche tra i suoi colleghi più giovani.

Avevo occhi per vedere quanto fosse desiderabile nella sua semplicità ed era proprio quello che mi attraeva di più. Doveva per forza essere una mia studentessa? Mi sarebbe piaciuto vivere in una realtà in cui non eravamo legate da un rapporto professionale invalicabile, ma dovevo rassegnarmi ai fatti presenti. Questo non voleva dire che riuscissi sempre a resistere ai miei istinti.

Quella sera a cena con Penelope non le avevo tolto gli occhi di dosso: era bella e sensuale, con occhi profondi e sicuri; non aveva abbassato lo sguardo nemmeno una volta con me. Flirtare con lei era stato un errore, soprattutto dopo aver appreso che fosse una mia studentessa, ma durante la serata avevo ceduto alle sensazioni che mi provocava la sua vicinanza. Ad ogni modo, mi ero ripromessa che non sarebbe più successo nulla fra noi, avrei mantenuto le distanze per impedire che quella semplice attrazione fisica si trasformasse in qualcosa di più profondo.

Una volta giunta al Gola Vice decisi di confidarmi con Diana, visto che era la persona di cui mi fidavo di più e sapeva dare ottimi consigli, ma prima ancora di giungere all'argomento che più mi premeva, vidi la stessa ragazza che volevo scordare!

<<Una bella ragazza in arrivo->> commentò Diana, scherzosamente, osservando la studentessa che ci stava raggiungendo. Se solo sapesse...

<< Buonasera, ecco i menù, spero di non avervi fatto aspettare troppo, ma il locale è un po' affollato->> la sua voce era allegra, ma il suo corpo era teso e mostrava i segni della fatica di una giornata lavorativa. Quindi studiava e lavorava anche fino a tardi? Lo faceva per scelta o per necessità?

Injection: Phoenix RiseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora