Capitolo 3.1

109 17 2
                                    

TARA

Hoppla! Dieses Bild entspricht nicht unseren inhaltlichen Richtlinien. Um mit dem Veröffentlichen fortfahren zu können, entferne es bitte oder lade ein anderes Bild hoch.

TARA

Ero spaventata: correvo senza una meta e senza sosta, rabbrividendo ad ogni sirena che udivo provenire dall'area vicino a casa mia, pensando che da lì a poco sarebbe arrivato qualcuno a prendermi. Quando avevo visto il bambino in pericolo, avevo agito prima di pensare, buttandomi in mezzo alla strada per schermarlo e tirarlo via dalla strada.

Il camion non si era fermato se non dopo essersi scontrato col mio corpo ed ero ancora via ed incolume. Dopo essermi resa conto di quello che era successo ero scappata senza voltarmi indietro, veloce come un lampo.

Piangevo a dirotto e respiravo a fatica, soffocata dal mio affanno dovuto alla corsa disperata, ma non mi sarei fermata finché non fossi stata esausta. Avevo percorso forse già più di tre isolati e non sentivo la minima variazione nel mio stato fisico: non stavo faticando nonostante respirassi rapidamente e il cuore minacciasse di uscirmi dal petto.

<<Cazzo!>> mi fermai in un vicolo e diedi un pugno al muro per la frustrazione; nemmeno questo mi feriva. Rimasi piegata sulle gambe cercando di calmarmi e scacciare via parte dell'agitazione e della paura, poi sollevai gli occhi sul muro rimanendo pietrificata da quello che vidi: avevo lasciato un solco molto grosso nella parete e attorno ad esso il materiale era crepato. Mi tappai la bocca trattenendo un urlo e caddi a terra, portandomi contro il muro opposto, il più lontano possibile da quello che avevo fatto. Esaminai rapidamente la mia mano, ma non aveva subito danni, era come se non fosse successo niente. Stavo impazzendo? Eppure, anche se strofinavo gli occhi, li chiudevo e li aprivo ripetutamente, il solco profondo nel muro opposto rimaneva fisso, fermo davanti a me.

Scossi il capo, rendendomi conto che se fossi rimasta in quel vicolo troppo a lungo, qualcuno si sarebbe insospettito, avrebbero visto il solco nel muro e chiesto spiegazioni che ovviamente non potevo fornire.

Mi rialzai vacillante, con le gambe che tremavano indebolite dallo spavento, e mi allontanai dal vicolo, rientrando nelle aree illuminate dai lampioni e dalle luci della strada. Mi ritrovai in una via affollata, fin troppo soffocante per me: era tardi e la gente era fuori per divertirsi, mentre io stavo vagando immersa nelle mie preoccupazioni e la mia confusione senza fine.

Portai le mani sul mio volto: la pelle era troppo calda, la mia fronte bruciava o forse era un'impressione. Ad un certo punto mi scontrai con qualcuno e pensai che si sarebbe fatto male ma non successe nulla! L'uomo con la pelle scura era rimasto fermo a fissarmi, senza insultarmi per essergli andata addosso o scusarsi; sembrava così familiare che mi venne un brivido e giurai persino di conoscere il suo nome, ma non poteva essere possibile. La testa cominciò a girarmi e l'uomo tentò di afferrarmi per il braccio; aveva uno sguardo preoccupato in volto. Gli sfuggii, decisa che sarei dovuta tornare al mio appartamento per stare meglio: il chiasso mi stava facendo scoppiare le orecchie e le luci si fecero troppo forti, sembravano farmi bruciare gli occhi, e sentivo il cuore che batteva ancora troppo velocemente.

Quando giunsi alle scale per il mio appartamento, ero nel bel mezzo delle mie sofferenze: macchie di luce e buio occupavano la maggior parte del mio campo visivo e oltre al mal di testa intollerabile, sentivo come se ci fossero delle fiamme sotto la mia pelle. Nella mia mente comparvero delle immagini e non capivo se fossero ricordi o deliri.

Injection: Phoenix RiseWo Geschichten leben. Entdecke jetzt