Capitolo 13.2

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<<Ti consiglio di prendere i pancake. Sono davvero buoni!>>

Laura mi sorrise e mi porse il menù. Ci trovavamo in un bar vicino all'hotel, che aveva consigliato la italiana e che a parer suo era il migliore di Williams. Il locale era piccolo, ma davvero accogliente e piuttosto colorato. La cassa, nell'area laterale del bar, si trovava vicino alla vetrina dei dolci che facevano venire l'acquolina in bocca. Dovevo ammettere che quasi nessuno sarebbe riuscito a rinunciare a quelle prelibatezze, i dipendenti del locale lo sapevano bene e si ritrovavano spesso a fare dolci proposte al momento del pagamento, vincendo il controllo del cliente, se non aveva già mangiato qualcosa.

<<Mi fido di te.>> Risposi al consiglio di Laura con un sorriso un po' forzato, ma sperai che non se ne accorgesse. Il cameriere prese i nostri ordini e mentre aspettavamo l'arrivo dei caffè e dei pancakes, Laura iniziò a farmi domande, forse con l'intenzione di scoprire come mai fossi fuggita dalla mia città o forse per pura curiosità.

<<Che cosa fai nella vita? Sei una studentessa anche tu?>>

<<Sì, studio alla Newrise University di Phoenix.>>

<<Wow, si tratta di un'università prestigiosa, giusto? Che cosa studi?>>

<<Psicologia>> affermai pensando ad una certa docente che nei corsi mi aveva fatto perdere la testa per altro, facendomi dimenticare persino la mia passione che mi aveva condotto a studiare in quella facoltà.

<<Interessante. Anche io ho seguito dei corsi di psicologia qua e là sia per interesse che per il mestiere. Quindi vieni da Phoenix o..?>>

<<Sì vengo da Phoenix. Nata e cresciuta là. Non ho mai abbandonato la città a dire il vero ed è abbastanza imbarazzante dirlo ad alta voce...>> risi con autoironia, ma pensandoci bene, il motivo per cui non avevo mai abbandonato la città, forse era lo stesso che mi aveva costretta a fuggire.

<<Tranquilla, non tutti desiderano o possono viaggiare nella vita, inoltre Phoenix mi pare una bella città anche se non l'ho ancora vista di persona.>>

Arrivarono i nostri ordini e iniziammo la colazione, alternando momenti di pausa e brevi conversazioni, per poi, una volta finito, pagare e uscire dal locale. Laura voleva mostrarmi Williams, soprattutto desiderava portarmi alla 66, una strada che diceva fosse sempre animata e piena di cose interessanti, per poi condurmi più all'esterno della zona urbana. Il tour fu davvero piacevole e mi aiutò a distrarre la mente: ovviamente feci attenzione a non toccare nessuno, ancora troppo insicura riguardo ai miei poteri per rilassarmi attorno ad altre persone. Mentre io e Laura giravamo per la città, mi mostrò anche un paio di ristoranti e negozi, in modo che sapessi orientarmi per sapere dove andare se avessi avuto bisogno di qualcosa.

Route 66 era davvero piacevole alla vista, con tutte le sue luci e persino macchine d'epoca, negozi e locali che ricordavano quelli presenti nei film western. Per la prima volta dopo molte ore di sola disperazione, mi sentivo meglio, anche se nel mio cuore non smetteva di aleggiare la preoccupazione che la mia salute peggiorasse.

<<Eccoci nella parte di Williams che preferisco!>> Laura allungò il braccio verso il lago di Santa Fe. La vista era meravigliosa: lo specchio d'acqua rifletteva i colori cangianti della vegetazione sulle sue sponde, saltando da toni verde chiaro al marrone verdognolo. Essere in mezzo a quello spazio verde era come una boccata d'aria fresca dopo essere stata a lungo in città.
Laura mi aveva parlato dei vari laghi che erano presenti in zona, come il Gonzalez o il Cataract, che a parere dell'etnografo, aveva una vista meravigliosa.

<<Sono nata e cresciuta tra le montagne, quindi mi trovo bene solo in mezzo alla natura.>> Laura mi invitò a sedermi in mezzo all'erba, all'ombra di un albero, e mi parlò ancora un po' dello spazio naturale che circondava Williams.

<<Cataract Lake non è molto lontano, si trova nell'area nord-ovest di Williams e, se ti va, mi farebbe molto piacere condurti anche lì. Ha una vista stupenda.>>

<<Non mi dispiacerebbe, ma non voglio rubarti troppo tempo se hai da fare.>>

Mi guardai attorno, respirando l'aria fresca e sorridendo, anche se debolmente. Essere circondata dalla natura aiutò a rilassarmi e liberare per un momento la mia mente da tutti quei pensieri assillanti e distruttivi che mi tormentavano.

<<Sono libera ora, non preoccuparti.>>

Io e Laura rimanemmo in silenzio per un altro po' e quando sentimmo di esserci godute abbastanza il paesaggio e l'aria pulita, tornammo nel centro cittadino. La giornata trascorse in fretta e senza rendermi conto delle ore che passavano e di quello che capitava, ci ritrovammo a cercare un ristorante dove cenare insieme. Mi trovavo davvero bene con Laura ed ero grata di averla incontrata, ma la mia testa spesso si perdeva, vagava per altri posti e ad altre persone, non presenti a Williams. Ad un certo punto mi ritrovai in giro per Williams nelle sue ore serali, mentre Laura parlava con un amico del posto. Ci saremmo incontrate per tornare insieme all'hotel, ma nel frattempo ne avrei approfittato per osservare la città da sola.

Durante il pomeriggio avevo informato Rick Lorenzini di non potermi presentare al lavoro per i prossimi giorni e cercai, senza nascondere troppe informazioni, di spiegargli in che situazioni mi trovassi: mi fidavo di lui e non avevo problemi a dirgli che dovevo fuggire per un po' dalla città. Rick per fortuna mi adorava ed era buono di natura: mi rassicurò che aveva tutti i turni coperti e che di recente aveva assunto anche un part-timer nuova. Dopo aver parlato con Rick, notai l'aumento di messaggi non letti che il mio telefono stava collezionando e venni investita da una forte ansia: sentivo il cuore battere con forza e l'aria iniziava ad essere più spessa del solito, rendendomi difficile respirare.

Provai a superare quelle sensazioni e mi occupai anche di chiamare l'agenzia da cui avevo noleggiato l'auto. Mi ritrovai così a discutere al telefono con uno dei loro dipendenti per avermi dato un auto malridotta e non mi accorsi che sulla strada stava arrivando una macchina fuori controllo; suonò il clacson e mi venne un flash della notte dell'incidente in centro a Phoenix e non riuscii a reagire con prontezza.

La macchina sbandò e quasi mi investii, ma caddi sull'asfalto evitando l'impatto con il veicolo. Il colpo mi tolse il fiato, ma mi ripresi piuttosto velocemente: mi alzai e vidi l'auto mezza distrutta, ma quello che mi preoccupò di più fu verificare che la persona all'interno fosse viva. Raggiunsi la portiera del guidatore e vidi un uomo accasciato sul volante: non riuscivo a capire in che condizioni si trovasse, ma era evidente che dovesse essere allontanato dall'auto immediatamente e ricevere soccorso. Riuscii ad aprire la portiera solamente sfruttando la mia forza fuori dal normale.

L'uomo sembrava aver battuto la testa, così cercai di fare attenzione mentre lo tiravo fuori dall'auto e lo facevo stendere sull'asfalto. Mi accorsi solo in quel momento che la strada cominciava ad affolarsi per la commozione che si era andata a creare nell'incidente e sentivo anche delle sirene in lontananza. Io mi guardai attorno confusa dal chiasso: stavo perdendo controllo, me lo sentivo e la folla che ci circondava era troppo stretta, non riuscivo a respirare.

Mi alzai velocemente, barcollando, poi caddi di nuovo a terra, ma solo allora mi accorsi di un particolare che prima non avevo notato, il mio telefono si trovava distrutto a pochi passi dallo pneumatico del veicolo. Una sua ruota doveva averlo schiacciato durante l'impatto!

Urlai frustrata: senza telefono, avrei raggiunto un livello superiore di isolamento; non avrei potuto scrivere messaggi o chiamare i miei amici, soprattutto non avrei potuto sentire Lilith!

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Injection: Phoenix RiseWhere stories live. Discover now