Capitolo 12.1

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<<Sono qui, non ti lascio

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<<Sono qui, non ti lascio... respira con me, con calma...>>

Il mio battito irregolare e il mio respiro affannato, non erano il problema maggiore in quel momento, ma grazie al conforto che stavo ricevendo dalle braccia di Lilith e dalla sua voce gentile e calda, riuscii poco a poco a stare meglio.

<<Mar-c-... Marc, era Marc!>> balbettai il suo nome, aggrappandomi alla maglietta che stava indossando. Lilith mi strinse ancora più forte.

<<Mi ha trovata-!>>

<<Shh... non gli permetterò di farti del male...>> accarezzò i miei capelli, baciando la mia tempia e la mia guancia, asciugando le mie lacrime. Col volto nascosto contro il petto di Lilith e la sua voce confortante, mi sentivo lontana da quel mondo e da quella vita che stavo cominciando a detestare, perché era fuori controllo, perché era tutta un'enorme bugia. Lilith però era vera, così come quello che sentivo per lei.

<<Lilith... Non posso farcela...>>

<<Si invece, tu ce la farai, perché non sei sola, hai capito? Non sarai mai sola. Ci sono molte persone al tuo fianco che ti amano e ti sosterranno!>>

<<Proprio questo è il problema!>> mi separai da lei, per poterla guardare in faccia. Lilith stava piangendo e aveva chiazze di sangue sui vestiti; mi guardai la mano, premendola contro di me.

<<Non voglio fare del male a nessuno...>> il rosso che macchiava la corvina mi fece tremare e pensai all'eventualità che un giorno non sarebbe stato il mio sangue a sporcarla. Lilith sembrò capire perfettamente i miei pensieri, ma scosse semplicemente la testa e mi osservò con attenzione, con un'espressione che mi parve delusione. Non volevo deluderla, non volevo ferirla o irritarla, ma non stavo ragionando: se fossi stata lucida avrei compreso che non avrei trovato modo di allontanarmi da tutti e difenderli dalle mire di Marc, poiché Lilith era nel suo mirino fin dall'inizio e sicuramente la mia assenza non avrebbe migliorato le cose.

<<Vado a prendere il kit medico, aspetta qui...>> lasciò un bacio sulle mie labbra prima di andare a prendere quello che serviva per pulirmi le ferite.

Sospirai, guardandomi attorno: la cucina era un disastro, con pezzi di vetro per terra e sangue sull'antella alla mia destra, oltre che sul bancone a cui mi ero appoggiata durante la chiamata; il mio telefono era lontano da me e si trovava sotto al tavolo. Probabilmente lo avevo spinto via senza rendermene conto, ma era meglio così. Non volevo sentire nessuno, non volevo vedere quel numero sconosciuto sullo schermo e tantomeno desideravo ripensare alle sue parole.

Eppure ciò che aveva detto su mio padre... Non potevo fidarmi o avrei dovuto? Quanta verità e quanta malizia macchiava il suo tono quando mi aveva provocato e preso in giro con quell'orribile affermazione?

In passato Marc D'Owel era stato il mostro peggiore di tutti, quando diceva che avrebbe fatto qualcosa, non esisteva modo di impedirglielo, lui lo portava sempre a termine i suoi compiti, specialmente quando si trattava delle sue orribili sperimentazioni. Non si fermava davanti a nulla, nemmeno alle atrocità che avrebbero condotto alla morte quei bambini che aveva rapito. Non si fermava alle suppliche, alle proteste, ai pianti, al sangue che scorreva sulle sue mani... Non era umano e non lo sarebbe mai stato in vita sua.

Injection: Phoenix RiseWhere stories live. Discover now