Capitolo 16.1 - "Il sapore della vendetta"

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Foto e solo foto, prive di utilità, finché non vidi una donna al suo fianco.

<<Ah... sarà un bel punto di partenza...>> Inviai la fotografia alla stampante accanto al computer e una volta ottenuta l'immagine che avevo scelto, la fissai con minuziosità sulla piccola lavagna appesa davanti alla mia scrivania, facendo attenzione all'orientamento rispetto alla superficie lucida e bianca. Doveva essere dritta come le altre.

<<Ora... dove ero rimasto?>> mi alzai dalla sedia, seguendo il corridoio alle mie spalle, per raggiungere la sala del mio appartamento. Presi il telefono che avevo lasciato su un mobiletto del soggiorno e chiamai la persona a cui stavo pensando: <<Pronto?>>

<<Pronto signor Morales, sono io. Mi aveva chiesto di raccogliere informazioni sul conto del suo sottoposto e me ne sono occupato. Ho inviato il tutto in un'email al suo indirizzo di posta elettronica. Lì troverà allegate anche delle foto, a sostegno delle affermazioni da me presentate. Sembrerebbe che Marc D'Owel abbia lavorato alle sue spalle per molti anni->> mentre parlavo, raggiunsi la cucina, mettendo in vivavoce il telefono per prendere una bottiglia di vino rosso e un calice, versando la bevanda in maniera abbondante.

<<Se quello che dici è vero, me ne occuperò personalmente. Per il momento tienilo d'occhio. Raggiungimi in ufficio domani, parleremo faccia a faccia del resto... ah, un'ultima cosa, ricordati di quello che ti ho detto.>>

Sghignazzai dopo aver chiuso la chiamata: non sopportavo quell'uomo, ma mancava poco tempo e avrei risolto ogni problema, estirpando la radice. Seguire Xavier Morales per tutti quegli anni era stato stressante e delle volte avevo quasi perso il controllo, rischiando di farla finita senza pensare alle conseguenze delle mie azioni. Ma dovevo seguire il piano.
Raggiunsi la sua camera da letto e mi guardai allo specchio, provando varie espressioni facciali: felicità, rabbia, dolore, tristezza e così via. Erano perfette, pensai, poi sistemai la camicia bianca perfettamente stirata e presi la mia giacca nera, tornando in cucina per finire il bicchiere di vino.
La seconda volta che presi il telefono, chiamai un altro numero, preparando il tono di voce per apparire preoccupato: <<Ehi Catherine, come vanno le cose? Mi avevi detto che dovevi parlarmi di qualcosa. Sono libero se vuoi che ti raggiunga.>>
<<Sono un po' incasinata qui, ma... potremmo vederci tra un'ora? Vengo da te>> rispose la detective e feci una smorfia infastidita: <<No,nessun problema, ti raggiungo io in ufficio, visto che sono già in giro.>> Mentii, afferrando le chiavi dell'auto per poi uscire dall'appartamento.

<<Va bene grazie, a dopo.>> Chiusi la chiamata e sbuffai, entrando in macchina e uscendo dal parcheggio del quartiere in cui abitavo: possedevo un bel appartamento, un lavoro che aveva una buona paga e una buona reputazione. Tutto quadrava con i miei obiettivi: avevo lavorato molto per riscattarmi dal mio vecchio status e grazie alle opportunità della vita e alle mie abilità ci ero riuscito.

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