Capitolo 25.2

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Gilbert, Arizona

CATHERINE

Scese le scale eravamo giunte in un nuovo corridoio, che ci portò in uno di scantinato che si rivelò un'entrata per i meandri sconosciuti di un sotterraneo. La porta che ci aveva condotto alla stanza era stata sfondata e dei grossi graffi solcavano il legno, finendo lungo la parete adiacente.
<<Anche Tara ha subito sperimentazioni, ma non è... non è come quel ragazzo.>>
<<Credo che Tara sia il successo di una vita di ricerche per Marc D'Owel e la vuole indietro per questo.>> Una profonda angoscia mi avvolse, immaginando quello che doveva aver passato la ragazza all'interno dei laboratori nascosti della Morales Company.

<<Sembra un vicolo cieco. Non c'è nulla qui...>>

La stanza impolverata che appariva con una sorta di cantina era quasi spoglia, tranne per qualche scatolone messo in un angolo e degli scaffali con cianfrusaglie varie sopra le loro mensole. Andai dritta dagli scatoloni, domandandomi se ci fosse qualcosa di utile dentro, ma a mia sorpresa trovai una botola nascosta dalla loro posizione. Spostai via tutto e mi accovacciai, puntando la torcia contro la botola.

<<Diana abbiamo appena iniziato...>>

La donna appena vide quello a cui mi riferivo, afferrò le mie cose, permettendomi di usare entrambe le mani per aprire il passaggio. La lastra di metallo era parecchio pesante e non riuscivo a sollevarla dai suoi fori circolari ai lati.

Mi guardai attorno confusa, poi controllai le scatole.

<<Che cosa stai cercando?>>

<<Qualcosa per... ecco qua!>> Trovai un piede di porco che probabilmente teneva nascosto chiunque usasse la botola (non era poi tanto nascosto comunque) e finalmente riuscii a sollevare la lastra, facendola scorrere sul pavimento.

<<Scendiamo ancora immagino.>> sospirò la bionda osservando la profondità dell'area sotto di noi. Delle scale permettevano di scendere di livello e decisi di andare per prima: <<Controllo la zona, poi scenderai anche tu.>> afferrai di nuovo la mia pistola e fissai la torcia nella mia cintura, per poterla usare appena sarei arrivata alla fine delle scale. Diana illuminava dall'alto.

<<Tutto bene?>>

<<Sì... direi che puoi scendere ora.>> mi guardai attorno puntando la torcia in più direzioni, ma non servì per capire che ci trovavamo nei condotti delle fogne, bastava la puzza.

Aiutai Diana sull'ultimo scalino che mancava, reggendola per la vita e quando giunse a terra, era tra le mie braccia: <<Siamo sicure che sia la direzione giusta?>> mi domandò lei strofinando le mie spalle con le mani.

<<Credo di sì, purtroppo. Forza, facciamo in fretta.>>
Davanti a noi si presentarono dei tunnel e ai nostri lati i canali delle fogne, pieni di un liquido scuro che tracciava la superficie con alcune chiazze e strascichi, accompagnato da mucchi di sporcizia.

Forse Vincent aveva fatto lo stesso percorso, ma a quel punto era inevitabile domandarsi come fosse possibile che proprio sotto l'orfanotrofio si trovasse questa serie di tunnel e passaggi: era possibile che avessero creato un collegamento di recente? Per quale motivo?

<<Non riesco quasi a respirare->>

Eravamo in cammino da una decina minuti, eppure non riuscivo ancora a capire dove ci trovassimo. Afferrai la radiotrasmittente che mi ero portata dietro per comunicare con i miei colleghi e tentai di contattarli: <<Qui detective Blossom ricevete?>>
Non sentii nulla, così continuai a provare a stabilire un contatto, finché sentimmo qualcosa. Un ruggito risuonò nelle gallerie, giungendo fino a noi e percuotendo le nostre ossa. Diana spalancò gli occhi ed io proprio in quel momento vidi una porta alle sue spalle: delle scritte solcavano la parete accanto alla maniglia e riconobbi subito il sistema elettronico che la teneva chiusa.
<<Come facciamo?>>
<<Non preoccuparti, noi della polizia siamo attrezzati a tutto.>> tirai fuori dal borsello un piccolo dispositivo che posizionai vicino al tastierino della porta: lampeggiò una luce rossa e nel giro di pochi secondi seguii un bip e la porta si aprì.

Injection: Phoenix RiseWhere stories live. Discover now