Capitolo 9.4

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TARA

Essere circondata da tante persone sconosciute e snob era uno dei miei incubi peggiori. La mia rabbia verso questo genere di ipocrisia cresceva da quando ero piccola e non aveva mai smesso di essere alimentata: in una città come Phoenix non era possibile ignorare la corruzione e la società fortemente divisa, tra ricchi e poveri. Sicuramente se avessi avuto la possibilità di andarmene, lo avrei già fatto, ma non avrei mai abbandonato le persone che amavo.

Guardai due uomini parlare ad alta voce delle donne più sexy della serata e fare commenti volgari senza preoccuparsi di essere ascoltati. Disgustata, mi allontanai, navigando nel mare di persone che popolava la sala della festa. Cercai con lo sguardo la mia docente, vedendola ancora impegnata con i suoi genitori, e sospirai: non volevo disturbarla, ma la situazione stava diventando intollerabile, mi sentivo fisicamente esausta, ma ero decisa a fare una bella figura per Lilith, nonostante si trattasse di una folla a cui non appartenevo e non avrei mai voluto frequentare.

I miei pensieri furono ancora una volta interrotti da alcuni invitati: una donna sui trent'anni mi aveva chiesto con un cenno della mano di raggiungerla e avevo dovuto assecondare le sue richieste, per evitare problemi, così appena mi avvicinai, mostrai il mio sorriso migliore (pur sempre finto) e la ascoltai.

<<Tu sei la ragazza che è venuta con Lilith Morgan, giusto?>>

Ah, si tratta di questo, dissi a me stessa, concludendo che la donna volesse, come molti altri prima di lei, chiedermi delle informazioni sulla stupenda e talentuosa Lilith Morgan. Non mi dispiaceva parlare con lei, ma di certo non lo avrei fatto con la gente presente alla festa di beneficenza! Fortunatamente una persona venne a salvarmi appena in tempo: si trattava di Steve! L'uomo salutò la trentenne invitandola a bere qualcosa con lui e mi lanciò un occhiolino discreto; era un segnale chiaro e deciso: me ne andai subito, raggiungendo ancora una volta il buffet, la sponda sicura in quel fiume violento di gente.

Non passò molto tempo prima di ritrovarmi ancora qualcuno alle calcagna, ma questa volta si trattava di una persona familiare che mi colse impreparata. Victoria Morales si avvicinò a me, sorridendomi con cautela, come se avesse paura di spaventarmi e farmi fuggire col suo approccio. La nostra conversazione fu breve, ma Victoria mi parve agitata e il suo sguardo indecifrabile, fisso su di me, mi lasciò perplessa.

<<Ehi, è un piacere rivederti, come stai Tara?>> la frase sarebbe stata una semplice espressione di cortesia se nei gesti di Victoria non avessi letto un interesse ulteriore: quando la guardai, sussultò e anche se le sorrisi per educazione, scambiando qualche parola con lei, vidi che non si rilassò nemmeno per un momento. Victoria Morales non mi era sembrata così strana all'inizio: col suo ruolo all'ospedale, avrei pensato che fosse una donna controllata e sicura in ogni situazione, ma in quel secondo incontro la mia prima impressione di lei stava scemando, lasciando spazio a qualcosa di nuovo e misterioso.

<<Sto bene grazie, lei invece?>>

<<Mai stata meglio.>> Strinse i denti nel dirlo, ma i suoi occhi sembrarono sprizzanti di energia; il cambiamento era stato così improvviso che mi destabilizzò e non seppi come continuare la nostra conversazione, ma per fortuna giunse un cameriere ad offrirci da bere e colsi l'occasione per cambiare argomento.

<<Sembra che qui le cose vadano avanti grazie all'alcol... ne portano continuamente.>>
<<Alle feste è sempre così!>>

Abbassai lo sguardo sulla borsa che teneva Victoria, rendendomi conto solo in quel momento che era l'unica tra i presenti a non aver lasciato i propri averi nelle mani del personale, però fu qualcos'altro che catturò subito la mia attenzione, ovvero il modo in cui la teneva. Era stretta contro la sua vita, quasi come se avesse paura che la potessero rubare da un momento all'altro.

Injection: Phoenix RiseWhere stories live. Discover now