Capitolo 5.1

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LILITH

Il riflesso nello specchio mostrava una donna diversa da quella che conoscevo alla perfezione. Aveva sguardo esausto, pelle troppo pallida e spenta.

Sorrisi al mio riflesso e non vidi il winner smile per cui ero conosciuta dai media o dalle riviste che mi avevano intervistato: la mia bocca mostrava solo una smorfia e quegli occhi poco brillanti rispetto al solito smorzavano ogni tentativo di sembrare più viva.

Perché ero ridotta in quel modo? Avevo molti pensieri per la testa in quel momento della mia vita, come i colleghi assetati di attenzioni o il rettore dell'università, oltre ai miei genitori che erano spariti di nuovo dalla città senza nemmeno dirmelo, ma quello più assillante, che era il mio tormento, recava un nome specifico.

Tara Lancaster.

Anche se non volevo, dovevo ammettere di essere andata oltre i limiti della professionalità con lei, più di una volta, ed era solamente colpa mia.
Ero delusa da me stessa: perché avevo recitato quel tratto del carme di Catullo? Perché era così semplice cadere in tentazione con Tara?

Forse era stata colpa dell'intensità emotiva della serata, forse di quella luce negli occhi di Tara che mi aveva affascinato al punto di volerla baciare e stringere; avevo voluto dimenticarmi del mio ruolo nel nostro rapporto. Ero la sua docente di corso ed era così sbagliato desiderarla solo per me, bramare il suo corpo, la sua voce e conoscere i suoi pensieri più intimi.

Sbuffai per la frustrazione e mi concentrai sulle ultime preparazioni prima di uscire di casa.

Le lezioni alla Newrise University proseguivano meravigliosamente: nessun problema con gli studenti, ero soddisfatta di come stavano procedendo con le ricerche senza intoppi e una piccola ma buona parte dei miei colleghi non avevano complessi di megalomania o inferiorità, quindi mi trovavo bene con loro. Anche se il signor Calligham, un quarantenne con evidente disturbo narcisistico di personalità, non smetteva di tormentarmi con le sue frasi d'abbordaggio scontate e i suoi inviti fuori a cena a dir poco sconcertanti. Lui era un caso perso: pensava che tutto gli fosse dovuto e credeva di essere superiore agli altri, sempre pronto a scavalcare le persone senza provare un briciolo di rimorso...

Perdevo solo tempo prezioso pensando a lui.

Raggiunsi in macchina l'università, dirigendomi velocemente alla mia aula, come ogni giorno, per avere del tempo per me stessa e, vorrei negarlo, ma lo facevo anche nella speranza di rivedere Tara. Da qualche giorno non veniva all'università e vedevo solo la sua amica girare per i corridori dell'istituto o seguire le mie lezioni: ero tentata dal chiederle se Tara stesse bene o se fosse successo qualcosa, ma era fuori dalle mie possibilità, non potevo permettermelo, era sbagliato e non avevo il diritto di fare domande sul conto della mia studentessa.

Erano passati esattamente tre giorni dall'ultima volta in cui avevo visto Tara Lancaster e sentivo il bisogno di parlarle, provavo imbarazzo per questo motivo e cercavo continuamente di scacciare il pensiero di lei... e di me insieme a lei. Quel giorno alla biblioteca avevo quasi rischiato di baciarla e più passavano i giorni, più volevo averla al mio fianco: avrei voluto essere libera di guardarla come si guarda un fiore o il cielo quando è azzurro, con libertà, gioia, piacere e intensità.

Nonostante questo, non potevo rischiare la carriera che mi ero costruita a fatica e con molte rinunce; avrei dovuto accettare che Tara Lancaster non poteva essere altro che una studentessa per me. Quanto sarebbe stato difficile? Ero un'esperta dei meccanismi della mente umana, ma di fronte a questa situazione mi sentivo spaesata.

Forse stavo pensando troppo e questo era il vero problema.

Con questa convinzione che aleggiava tra i miei pensieri, stavo raggiungendo il parcheggio dopo una lunga giornata lavorativa, che volevo dimenticare. Non solo Calligham aveva pensato di spedire dei fiori, che avevo ovviamente rifiutato, ma si era permesso di parlare di me con alcuni colleghi amici, idioti come lui, dicendo che mancava poco a conquistarmi; avevo sentito certe cose oscene uscire dalle sue labbra, le stesse che usava davvero bene quando doveva adularmi. Eppure erano marce.

Injection: Phoenix RiseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora