Capitolo Settimo

1.8K 43 3
                                    

Mi siedo accanto a lui durante l'ora di filosofia, benché l'aula sia mezza vuota, il che significa altri cinquanta posti liberi dove avrei potuto accomodarmi, ma lo faccio solo per uno scopo. Lo vedo con la coda dell'occhio irrigidirsi sulla sedia non appena nota la mia presenza, e ciò mi sorprende, ma conoscendomi non è il caso di farne il centro d'attenzione dei miei pensieri proprio ora, poiché devo concentrarmi, e perciò parto subito all'attacco senza concedermi il lusso di fantasticare: «Ciao Nohea.» mi giro verso di lui con il busto, e ciò mi costa tanta fatica e pressione psicologica auto-impostami nel corso di molte, decisamente troppe ore precedenti. Sembra quasi sorpreso lo abbia chiamato per la prima volta con il suo nome, ma di tutta risposta lui: «Rebecca.» accenna con il capo sedendosi dritto, fin troppo data la posizione che mantiene di solito, e ciò rende l'idea di quanto io abbia studiato il suo stupido modo di sedersi in aula, il che è scoraggiante. Lascio comunque perdere la sua inutile provocazione: non spenderò un altro secondo di tempo nel ribadirgli il mio vero nome, dato che sicuramente lo avrà appreso, senza tuttavia essere intenzionato a pronunciarlo credo né ora e né mai.

Comunque, non si è fatto vedere in giro per tutta la settimana, ed Eula mi ha stressata parlandomi dei suoi dubbi e perplessità a riguardo per tutti i giorni precedenti chiedendosi dove fosse, il che è durato allungo dato che siamo di già a giovedì. Ho intenzione di rimediare ai miei errori, dato che il senso di colpa mi fa pensare sia dovuto a causa mia la sua prolungata assenza, per ciò che gli ho detto dandogli praticamente del puttaniere, e non che io rinneghi la cosa o che non la pensi, ma trovo sia una cosa brutta da sentirsi dire in faccia, sia nel caso lo si dica ad una donna che ad un uomo. Ha lo stesso pessimo peso, e ciò chiaramente ipotizzando stranamente lui possa essere il tipo di ragazzo da una sensibilità simile.

Ad ogni modo non voglio che Eula stia male non potendo avere l'opportunità di vederlo per qualcosa detto da me. «Come va?» spreco un ennesimo tentativo di essere carina con lui, ma stavolta è per un motivo che va oltre la mia persona, perciò mi pesa decisamente meno, e poi da qualche parte pur dovrò iniziare la conversazione! Si gira circospetto verso di me e mi dice interrogativamente: «Bene?»

Avviene un breve minuto di interruzione dato dal fatto che tutti si alzano in piedi per l'arrivo del professore, e tale mi costringe a fare lo stesso, mentre noto però Nohea indisciplinatamente restare seduto. La mia lingua avrebbe molto da dire, ma, ancora una volta, taccio. Cala il silenzio in aula, e il brusio di prima in sottofondo ci abbandona, il che mi mette a disagio in una maniera che per dieci minuti perdo la facoltà di perseguire il mio obiettivo, e quindi parlargli, ma poi finalmente dopo un'altra sessione di bombardamento personale psicologico riprendo bisbigliando con il volto rivolto verso di lui: «Non ti sei fatto vedere molto in giro.» devo arrivare dritta al punto, altrimenti non ce la farò mai! "Prima lo fai, prima puoi porgere attenzione alla lezione Becca!" Lo guardo mettere la matita tra le labbra, e il mio subconscio non fa che focalizzarsi su quello, e si faccia benedire così l'imposizione del non pensare a cose futili. Sollevo lo sguardo sui suoi occhi solo una manciata di secondi più tardi, e ritrovo un'espressione vuota, che mi fa temere non voglia rispondermi, e basta questo per farmi scivolare sulla sedia affranta. Forse sarebbe meglio lasciar perdere, ma Eula stessa non mi ha reso possibile evitare di pensarci: non ha fatto altro che chiedermi di notare la sua presenza ai miei corsi o no per poi riferirle tutto.

Decido così di concentrarmi sulla lezione e le parole del professore sul filosofo Seneca. Proprio quando ero riuscita a dimenticarmi del mio piano la sua gamba tocca la mia, e interiormente- o forse- sobbalzo al tocco. Mi sento come quando mi prese la mano, ed è una cosa così stupida non riuscire a controllare il mio corpo e le mie sensazioni ad ogni suo contatto, perfino involontario. Mi sento solo in colpa.

Ed ecco che di nuovo la mia attenzione è proiettata verso di lui, mentre combatto per non guardarlo con la coda dell'occhio. Lo sento tossire e sistemarsi sulla sedia, ma come se avesse colto la mia rigidità fisica, non accenna a togliere la sua gamba così vicina dalla mia. Prendo un respiro profondo mentre mi fisso le gambe. Concentrati sulla lezione: "Seneca, condotto a Roma ancora fanciullo fu educato alla retorica e alla filosofia intraprendendo la carriera senatoria, diventando avvocato, questore e senatore nonché oratore e scrittore di successo..." ripeto le parole mentalmente del professore. Dannazione, non avrei dovuto sedermi accanto a lui. Cosa credevo avrei mai ottenuto? Non mi sento davvero in colpa! La sua storia con Eula è appesa ad un filo per il solo semplice fatto che non è una vera storia. Mi sono impicciata semplicemente per scopi che riguardavano me stessa, a chi voglio raccontarla! Stupida Becca impicciona! La verità è che volevi sapere dove è stato, perché avresti notato la sua assenza anche se non ci fosse stata Eula a ricordartelo. E perché mai l'avresti notata comunque? Perché sei un idiota attratta dal mistero, e lui è la persona più indistinta nei fatti e nelle parole che tu abbia mai incontrato! Dovresti ringraziare il tuo stupido stile di vita passato, sempre sigillata in una campana di vetro! Grazie mamma e papà, davvero! E' come quando a dieci anni volevo ad ogni costo pattinare su quello stupido lago ghiacciato e ci finì dentro. Affogai, senza saper nuotare. Ricordo che il pesante capotto si inspessì maggiormente riempiendosi d'acqua e nonostante provassi a riemergere vedendo la luce su di me era inutile, non sapevo nuotare ed affogavo ogni secondo di più. Fu un miracolo che riemersi viva acciuffata da un olimpico che soggiornava lì da meno di una settimana per superare la sfida di attraversare il lago ghiacciato. E come sono finita a pensare a questo? Un ricordo così spiacevole che mi porta ad iniziare a respirare affatica. Tutto quanto mi dà davvero troppe cattive tensioni! «Per accorgerti della mia mancanza devo occupare almeno un po' della tua mente.» riprende il filo del discorso come se di mezzo non fossero trascorsi minuti e minuti, e per altro lo riprende nel momento peggiore per la mia povera coscienza, e il suo respiro caldo che sento sull'orecchio visto che ci si è avvicinato per parlarmi dato che siamo nel bel mezzo della lezione mi dà la botta finale. Mi concentro mentre respiro a fatica a vederlo con la coda dell'occhio, e inizio a sentire ancora più caldo oltre i gradi di già fin troppo alti. Per non parlare poi della sua risposta così centrata. Vorrei solo alzarmi e andare via come se non avessi mai preso questa stupida iniziativa! Non so neanche io però dove e come trovo la forza di rispondere, probabilmente solo per farla finita quanto prima e averlo lontano e non così addosso: «Hai preso una vacanza dallo studio?» alludo al fatto sia stato un bel po' via, e chiaramente voglio sapere dove. Non c'è davvero un senso logico del perché io ci tenga così tanto a saperlo, ma è peggio di quando la scorsa settimana Eula vietò a lui e i suoi amici di venire in camera, e mi odio per il fatto di darci così tanta importanza. «Vorresti sapere dove non è così?» sembra mi legga nel pensiero, e stavolta si avvicina ancora di più all'orecchio per parlarmi, tanto che vengo percorsa da brividi freddi che sono semplicemente un paradosso per il caldo che sento! Non oso girare la testa, e lascio che i pochi capelli mi coprano il profilo. «Perché vuoi saperlo?» stende un braccio sulla mia spalliera e mi sento irrecuperabilmente accerchiata da lui, senza riuscire a spostarmi per dare un solo attimo di ripresa al mio corpo, ma anzi, prima che la mia testa comandi dell'altro a quest'ultimo, si ritrova ad agire fregandosi da solo: mi giro verso di lui, il suo viso a un palmo dal mio, i respiri che si mischiano. I miei occhi fanno l'altalena tra il suo sguardo e le sue labbra. Lo sguardo così intenso, le labbra così inumidite. Quest'ultime detengono il premio catturando per maggior tempo la mia attenzione, e quando finalmente sposto lo sguardo nel suo, ritrovo i suoi occhi a guardami le labbra mentre inconsciamente le mordevo. Questo è il genere di cose che mi spingono solo ad odiarmi, odiarmi e odiarmi! «Pura curiosità.» rispondo alla sua domanda col fiato spezzato, e solo allora i suoi occhi tornano nei miei. Fortunatamente, o forse no, arriva un ragazzo che gli chiede se il posto intermedio della fila alla quale siamo seduti, il posto alla mia sinistra, è libero. Così entrambi ci alziamo per permettergli di passare a sedersi, e nel mentre che attendiamo di poterci risedere: «Menti, e io non rispondo ai bugiardi.» mi dice stizzito, cambiando completamente registro rispetto quello di un attimo fa, e ciò chiaramente mi influenza. «Perché dovrei mentire?!» rispondo come per affermare che non mento. Non ammetterò mai il fatto che l'ho pensato, perché non so neanche io perché. Come posso spiegarli qualcosa che neanche io capisco? Anzi, forse sarà perché probabilmente Paulo mi manca ed ero abituata a passare ogni giorno della mia vita con lui. Certo, che sciocca, sarà per questo! Ed infatti basta questo pensiero per calmarmi a vista d'occhio.

«Dimmelo tu Rebecca.» dice deciso mentre si risiede. Poco dopo mi siedo anche io mentre ripenso al suo tono così immensamente fastidioso, saccente e prepotente. Mi porta ancora una volta a modificare il mio umore dannazione! Ritorno a guardare il professore totalmente in collera quando d'un tratto mi afferra il polso della mano che avevo sul viso per potermi coprire, in qualche modo, difendere da lui, come per sottolineare il fatto che non avrei più emesso una sola sillaba nei suoi confronti. La incatena sul banco, e poi il suo tono basso ma letale dritto nell'orecchio destro: «Allora ti accontenterò Fisher: ad intrattenermi nel lasso di breve tempo con più ragazze. Soddisfatta della risposta?!» brutale, cafone mi lascia andare il polso e non riesco a trattenere il mio sdegno, la tensione tenuta troppo allungo, e così mi alzo senza pensarci due volte e decido di andare via afferrando tutte le mie cose mentre sotto lingua esprimo la mia indignazione. Chiedo di passare al ragazzo sedutosi sulla mia sinistra poco fa, nonostante la strada per raggiungere la fine della fila sarebbe stata più corta passando per Nohea. Il ragazzo me lo concede, e così di seguito prendono ad alzarsi tutte le altre cinque persone fino ad arrivare alla fine. Con rapidità scendo la scalinata mentre alle mie spalle sento l'eco di Nohea che prepotente dice qualcosa al ragazzo arrivato in ritardo a lezione sedutosi prima accanto a me in merito al fatto non si sia preoccupato poi così tanto di spostarsi per farmi passare senza che il suo corpo non fosse così attaccato al mio, cosa della quale mi rendo conto solo ora ripercorrendo le mie ultime mosse, mentre andando via dall'aula sotto gli occhi di tutti mi ripeto quanto non mi sbagliassi su di lui: è un puttaniere, ed è un suo problema! 

To Be Continued...

Oasi ProibitaHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin