Capitolo 38

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Il gelido mi sveglia nel mio letto di una stanza di motel spoglia e asettica. Si è spalancata la finestra probabilmente per la chiusura usurata. Striscio fin lì e la chiudo stringendo la maniglia con forza- per quanta ne possa avere da appena sveglia- guardo l'orario accendendo il display del cellulare sul comodino. Sono solo le quattro del mattino, e prima di addormentarmi erano le due. Ho dormito pochissimo. Qualcuno bussa alla porta della mia stanza e la cosa mi pare assurda. <Chi è?> chiedo prima di aprire.

<Reception.> mi risponde una voce maschile. La apro.

<C'è un'allerta meteo. Posso entrare per mettere l'asse alle finestre così rimangono ben chiuse?> annuisco al signore che procede.

<C'è stata un'allerta già alle sei del pomeriggio...>

<Il meteo non si comanda, soprattutto qui in Texas! Il vento si è già alzato.> dice indaffarato. Va in bagno e fa lo stesso con quella finestra.

<Siamo ben forniti quindi non c'è nulla da temere. Resti al centro della stanza e non si avvicini alle finestre. Ecco a lei un lume a batteria. Se le serve qualunque cosa siamo in reception per il resto della notte. Buon riposo.> dice lasciandomi il lume. Odio il Texas, e sinceramente non so come faccia la gente a viverci. Decido di rimettermi nel letto con la mia lampada vicino per paura di rimanere al buio.

Poco dopo sento ribussare alla porta. Mentre mi alzo per andare ad aprire penso che il vento non mi sembra così forte come oggi pomeriggio, e non piove o tuona. Apro la porta senza chiedere chi sia visto che tanto potrebbe essere di nuovo quel signore, ma appena aperta mi ritrovo di fronte Nohea. Il mio cuore singhiozza. <Cosa ci fai qui?> chiedo con la sola luce del corridoio che lo illuminano fiocamente. Indossa ancora i vestiti del matrimonio, e i suoi capelli cresciuti sono totalmente scompigliati.

<Eri sveglia?> mi chiede per risposta. Scompiglio i capelli.

<Mi hanno svegliata per prendere precauzioni per l'allerta meteo.> rispondo confusa mentre indietreggio per farlo entrare. Entra dentro senza dire niente. Richiudo la porta. Vado verso il letto per accendere la luce della lampada, ma hanno tolto l'elettricità di già nelle stanze. Recupero perciò il lume a batteria datomi dal signore e cerco il pulsante sulla base per accenderla. Ha una luce biancastra. La poso sul comodino.

<Quelle cose che mi hai detto erano vere?> mi chiede mentre cercavo di sistemare le coperte del letto. Lo vedo ancora vicino alla porta d'entrata. Mi siedo all'indiana al centro del letto.

<Me lo chiedi Nohea?> appaio irritata, ma in realtà sono solo stanca.

<Perché sei qui?> lo vedo avvicinarsi al letto e sento le palpebre pesanti.

<Ho bisogno di parlare con te.> dice.

<Sei qui no?> mi chiedo cosa voglia dirmi ancora, ancora dopo che gli ho chiesto silenzio.

<Posso sedermi?> mi chiede. Annuisco. Si siede di fronte a me, al centro del letto nella mia stessa posizione.

<Sono stato male in questi giorni. Mi sono chiesto spesso cosa cazzo ci sia in me che non vada.> si passa le mani nei capelli mentre mi soffermo sulle sue occhiaie così solcate.

<Non so perché io prova quasi piacere nel buttare giù ogni cosa che mi circonda di positivo. Faccio cose che non voglio davvero fare, e dopo me ne trovo pentito ma non posso tornare indietro e se ci tornassi probabilmente ci cadrei comunque nell'errore.> strofino gli occhi. Non capisco dove voglia arrivare.

<Come con te. Sono in stallo. È cambiato qualcosa.> dice.

<Cosa?> Lo riprendo dopo un po' visto che tace. Intende in lato positivo o negativo? Scuote la testa alzando le spalle.

Oasi ProibitaWhere stories live. Discover now