Capitolo Sedicesimo

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Nonostante la nottataccia passata a fissare il soffitto pensando tutto il temo a quanto accaduto, mi sono imposta di venire a lezione nella mia gonna a pieghe nera e camicia a maniche lunghe bianca. Mi fa male la testa, ma sento Dio dalla mia parte, ed è questo che mi basta e mi dà la forza. Inoltre il fatto che lo abbia scoperto- mi chiedo come, anche se non dovrei- mi fa sentire più leggera. Dovevo dirglielo io, ma il fatto che mi abbia tolto questo peso, e in più si sia sfogata mi ha fatta sentire ripagata dal mio trasgredire.

Ad ora di pranzo mi concentro sul fatto di quanto sia un voto a favore il fatto sia difficile incontrare in un campus così grande casualmente persone che si conoscono, ed è un voto a favore no? "Si Becca, lo è!" mi dico interiormente convincendomi del fatto io non abbia desiderio di incontrare casualmente nessuno, ma poi a smentire la mia tesi arriva Sandy: «Ciao.» si siede di fronte a me. «Mi dispiace essere sparita e di non averti risposto alle chiamate...» inizio ma mi interrompe: «Non ti ho mai chiamata io. Ma non sono qui per questo. Perché sei andata via dall'alloggio?» «Non lo sai?» le chiedo con aria di sufficienza. Eula l'avranno sentita ieri sera fino al dormitorio D, o comunque le voci saranno girate, soprattutto visto che lei è nello stesso alloggio di Eula. Mi guarda per una decina di secondi e poi inizia a raccontarmi: «Nohea è stato tutto il giorno a cercarti preoccupato visto che non ti si era più vista dopo la festa. Lei è uscita di senno chiedendogli più volte perché gli importasse così tanto di te, e cosi...» quindi lo sa, allora perché me lo chiede? È irritante e basta, soprattutto dal momento in cui cerco di dimenticarmi di questa faccenda, motivo per il quale resto solo a fissarla sperando comprenda e vada via, ma lei non demorde: «Hai cambiato stanza perché ti senti in colpa?» mi chiede. Abbasso lo sguardo. Risponderle ad alta voce mi costa fatica solo al pensiero visto il groppo che sento formarsi in gola al solo pensiero. Mi lascio coprire dai capelli mentre la sento continuare: «Non devi. Non è mai stato amore con Eula, o con me... visto come si è comportato ieri, con te è diverso...» «Per favore, non voglio parlare di lui...» dico al limite alzandomi e scappando letteralmente via. Sono fragile, sentire un essere terreno che ha peccato al mio stesso modo giustificare le mie azioni dandole il valore dell'amore mi devia, mi fa credere ci possa essere un modo perché le cose vadano diversamente da come stanno andando ora, ma non è così. Non è così perché non sarebbe il bene, e il bene è solo questo ora.


«Ci tengo che non entrino maschi in camera. Te lo dico sul nascere, visto che l'altra ragazza era abituata a portarsene uno diverso a sera. Sono fidanzata, e al mio ragazzo ciò non sta bene. Quindi se non ti dispiace...» punta le mani sui fianchi mentre guarda Nohea in piedi vicino alla finestra. Sono appena entrata in camera dopo aver trascorso gli ultimi dieci minuti a piangere in bagno. «Scusa Isadora, non so cosa ci faccia qui...» poso la mia borsa sul letto mentre metto le mani fra i capelli accaldata. «Non voglio che ricapiti ciò che è accaduto stanotte, così ti pregherei di risolvere tutta questa faccenda al di fuori.» dice Isa avendo capita la situazione. «Scusa.» ripeto mortificata e solo ora guardo Nohea negli occhi come per fargli capire di uscire, e ciò mi costa probabilmente un patto col diavolo visto ciò che mi scuote dentro. «Esci?» gli chiedo così visto che non apprende- o forse fa finta di non capire- il mio sguardo. «Non esco se prima non abbiamo un confronto.» si siede come fosse un ragazzetto prepotente sul letto, il mio. Isadora sbuffa. «La faccenda è chiusa.» sento l'ansia che mi stringe la gola. «Non è chiusa. Credevi davvero che cambiando stanza non ti avrei trovata Becca?» arriva davanti a me. «Becca...» mi richiama Isadora. «Potresti lasciarci soli un minuto?» chiedo a Isadora, capite le sue intenzioni del non andarsene. «Lo conto.» dice sbuffando e poi uscendo.

«Puoi parlare.» dico. Voglio solo che si sfoghi come ha fatta Eula per riavere la pace, il sereno nella mia vita. Il temprale è troppo, e di mio sono già un ciclone, e le due cose combinate porterebbero il tornado, ed una situazione avversa cui nessuno si vorrebbe trovare, né tanto meno io visto che ci sono già passata.
«Non hai niente da dirmi?» mi sembra stanco, e quasi demente direi dallo sguardo. Incrocio le braccia. "Ti prego, aggrediscimi e basta se devi" scuoto la testa.

«Dove sei stata?» mi chiede. Scuoto succhiandomi il labbro inferiore per impormi di non piangere di nuovo, e visto che sotto il suo sguardo non riesco a gestirmi, faccio per andarmi a sedere per ricacciare le lacrime dentro.

«Sai dove sono stato io Becca?» sembra mi chiami con il mio nome per punirmi, e ciò mi fa sperare sia rapido e indolore, ma la sua figura al momento davanti a me a contrastarmi senza piegarsi a mia altezza, mi mette ancora più angoscia, finendo per soffocarmi appesantendosi sul petto. «Guardami se hai il coraggio.» insiste e sento il cambiamento delle sue emozioni tramite la sua voce: inizia a infuriarsi. Mi costringo così ad alzare la testa per guardarlo, tutto purché questo finisca quanto prima. «Sono stato a cercarti perché sono un idiota. Sono un idiota a perdere tempo dietro una come te!» si ferma. Riprende fiato come se avesse corso. «Hai perso d'un tratto la lingua??» alza più i toni.

Mi rendo conto che probabilmente sono stata cieca io a non rendermi conto di quanto davvero stesse impiegando i suoi sentimenti- seppur contorti- in questa storia, e ciò è deprimente, eppure liberatorio, ed è per questo che l'unica cosa che mi viene da fare è alzarmi per abbracciarlo. Quando metto le braccia attorno al suo collo, e il petto sul suo mentre sento la sua tachicardia, l'unica cosa che mi viene da dirgli dal cuore è: «Ho sbagliato e Dio mi ha perdonata. Spero anche tu trova la forza per farlo.» le lacrime scendono in fretta sulle guance come un fiume in piena.

Mi spinge da lui tirandomi via da sé dai fianchi, con le mani strette attorno. «Non voglio la tua compassione. E non voglio che tu dica che hai sbagliato, perché tutto ciò che è amore non è mai una cosa sbagliata. Dovresti spiegare questo al tuo Dio, certo a meno che tu non sia stata così fottutamente falsa con me.» va via.

Non mi aspettavo mi perdonasse, ma mi sarebbe piaciuto avrebbe compreso. Mi sarebbe piaciuto poterli dire che non ho mentito neanche un secondo con lui, e tutto ciò che ho fatto, l'ho fatto perché era amore, un amore che certo non può esistere, non può esistere perché sto con Paulo e non può esistere perché lui incarna ogni vizio, ogni forma di attrazione di cui ogni parte di me è attratta, ed è per questo che porterebbe il mio corpo e il mio spirito, a diventare dannato, e io voglio essere celeste come i miei, come Paulo e come la sua famiglia, perché sono mormone, e l'essere mormone rientra nella mia vita. L'essere mormone è la mia vita.

To Be Continued...

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