Capitolo 43

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<Non voglio che tu venga ancora...> Dico flebile a Nohea, in un respiro debole.

<No...> Risponde, e benché non abbia neanche la forza di aprire gli occhi- e non motivata dal sapere una luce così forte fuori che mi darebbe fastidio- lo sento che piange mentre mi stringe la mano.

<Nohea...> Dico il suo nome, ma sento di stare per addormentarmi per la stanchezza.

<...no> ribadisce con la voce rotta e bassa. Inizia a ripetere un'altra fila di no, mentre inevitabilmente inizio a piangere anche io, e mi ritrovo cosi, nel letto di un ospedale a non avere sostegno, ma ancora più dolore che mi circonda.

Dopo quel risveglio all'evento a Kapolei, dopo che sono crollata sfinita, disperata sul terriccio, è arrivato lui, Nohea mentre quella ragazza di cui non ricordo sagoma cercava di aiutarmi in qualche modo. La mia situazione era arrivata a capo linea, e così Nohea chiamò un'ambulanza. Ricordo che mentre ero distesa sul lettino nella vettura non faceva che disperarsi come ora mentre metteva al corrente i paramedici della mia malattia aggiungendo che suo padre, e il padre adottivo erano morti della stessa, e chiedeva loro se io invece ce l'avrei fatta, non riuscendo a calmarsi emotivamente, auto rispondendosi, auto convincendosi di , che io sarei sopravvissuta, mentre qualcuno di loro cercava di fargli abbassare la voce, perché benché con gli occhi chiusi, ero cosciente.

È passato un bel po' di tempo da quel giorno, non so quanti, ma lui puntualmente è sempre qui a provare dolore per me, un dolore che non merito, un dolore che mi fa stare peggio, se ciò è possibile. Tento di convincerlo a non tornare più per l'ennesima volta, sperando questa sia la volta buona, ma lui non mi ascolta ... Lui non riesce ad ascoltarmi, anzi, non vuole.

<Nohea, avanti, andiamo via...> È la voce di Lea. Nohea come un bambino continua a dire di no, fin quando non sento la sua mano non stringere più la mia.

Fino ad ora sono venuti a trovarmi tutti nonostante Kapolei sia lontano dai loro posti in cui passano l'estate, e tutto ciò mi fa sentire in colpa...

<Tesoro...> È la voce di Kia, e qualcuno, forse sempre lei mi accarezza sulla fronte.

Mi sforzo di aprire gli occhi, ma non riesco del tutto per via della luce.

<Come stai?> Mi chiede sorridendomi.

<Oggi c'è un bel sole...> Aggiunge Lea, come se potesse importarmi.

<Non voglio veniate così spesso da me... Anche ieri eravate qui.> Mi sforzo di dire.

<No amore, eravamo qui la scorsa settimana... Sono passati già otto giorni.> Dice Kia.

<Oh Dio...> Reagisco, ma non poi con così tanto fermento.

<Devo chiamare mia madre!> Inizio a tastare non girandomi per vedere la superfice del comodino.

<Sta attenta...> Kia mi blocca la mano per evitare mi si sfili l'ago nel braccio.

<Ci abbiamo pensato noi, sta tranquilla.> Mi informa Lea, e sento la sua mano sulla caviglia coperta dal lenzuolo.

<Le avete detto che sono al campus vero? Avete inventato che mi si è rotto il cellulare...> Dico, ma so già la risposta in cuor mio, e infatti vedo Kia scuotere lentamente la testa con un sorriso capovolto.

<Non voglio sapere niente...> Dico poi. Richiudo gli occhi e faccio per girarmi di poco sul fianco.

<Vorrei solo uscire dal mio corpo, fluttuare libera senza paura di precipitare...> Lacrime sgorgano dai miei occhi chiusi.

<Vorrei che qualcuno risolvesse tutto al mio posto e mi svegliasse quando tutto è sistemato!> Mi sforzo di parlare mentre il pianto me lo vieta. Sento la porta aprirsi e chiudersi, segno che qualcuno è o uscito o entrato. Li riapro ombrati dalle lacrime, e mi rendo conto che Kia è uscita, e ora sta entrando Kealani con Isa.

<Lasciatemi da sola... Vi prego...> Mi giro del tutto sul fianco chiudendo gli occhi, sprofondando nel cuscino.

> Mi giro del tutto sul fianco chiudendo gli occhi, sprofondando nel cuscino

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To Be Continued...

Oasi ProibitaWhere stories live. Discover now