Capitolo 60- Seconda Parte

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<È suo?> Prendo un pupazzetto a forma di coniglio verde, bizzarro il colore, ma nel mondo dei bambini ogni cosa potrebbe essere reale.

<...si, ecco puoi sederti, scusa il disordine, ma non ho avuto ancora tempo per organizzare la casa.> Dice mentre sposta una pila di vestiti che era ad occupare tutto il divano, sulla poltrona.

<Non preoccuparti.> Gli dico soltanto mentre riposo sul tavolo da pranzo quel peluche.

<... Vieni.> Dice poi mentre si siede lasciandomi il posto libero accanto a sé. Vado a sedermici accanto, e accavallo le gambe perdendomi nel panorama a noi davanti dalla finestra.

<Appartamento sulla spiaggia...> Dico. Ricordo ancora quando all'inizio ero così entusiasta dal trasferirmi qui con lui e immaginavo che laureati avremmo vissuto insieme su una casa sulla spiaggia e avremmo avuto tanti bambini mulatti.

<...Non serve la TV qui, direi...> Dico e giro il volto verso di lui. Si perde nell'abbaio del sole fuori per pochi secondi, e poi si gira a guardarmi, mentre la luce dorata mi acceca per metà viso mentre sono girata a guardarlo.

<Come sei stata in questo mese?> Mi chiede. Mi giro verso di lui scrociando le gambe, e presso la gonna nel mezzo delle gambe per non scoprirmi.

<Il lavoro alla Kaiser, come supplente, e l'opportunità di conseguire gli ultimi esami attraverso corsi scolastici mentre lavoro lì è fantastico...> Dico, ma non continuo...

<... Eri entusiasta... Cosa c'è che non va?!> prende ad accarezzarmi sulla gamba scoperta lungo il ginocchio.

Cerca di capire il mio silenzio, e la sua mano si fa più delicata sulla gamba. Abbasso lo sguardo per guardarla così in netto contrasto con la mia pelle benché abbronzata.

<Devo lasciare il campus e l'idea del cambiamento mi terrorizza.> Non posso più sostenere gli orari correndo da una parte e l'altra. Sarebbe ora di abbandonare il campus, anche perché non mi ci vogliono più lì.

<Portare a termine i miei studi era l'unico obiettivo che avevo, e ora che sto per raggiungerlo, mi chiedo quali altri avrò.> Concludo in totale sincerità.

<Becca, gli obiettivi nella vita non finiscono mai, anche se non li programmi, ci sono.> Dice coscienziosamente.

<È l'idea di alzarmi al mattino in una casa che non sento mia, con lo scopo di lavorare che mi terrorizza. Ho paura che mi stuferei.> Rido di me stessa scuotendo la testa.

<... Cambiamo discorso, okay? Lei, Niele, quando la vedi?> Gli chiedo. Mi guarda come fosse preoccupato, ma appena sente il nome della sua bimba ogni tipo di brutto pensiero passa alla deriva.

<Temevo di trovarmi di fronte una situazione pesante da gestire, invece Lizzy non ha ricorso ad avvocati o alcunché... La gestiamo tra noi, e mi fa piacere lei sia così matura da pensare soltanto al bene di Niele.> Il suo sorriso è gigantesco, e non posso che sorridere di rimando.

<Lizzy la tiene nei giorni ordinari, e la porta da me il fine settimana, quando non lavoro, così è più facile per entrambi.>

<Il fine settimana dici...> Nell'esatto momento in cui pronuncio tali parole mi rendo conto che oggi è sabato.

<Allora forse dovrei andare, credo te la stia per portare.> Mi alzo in piedi.

<Becca, puoi restare, altrimenti non ti avrei fatto venire.> Si alza anche lui e mi prendere per mano.

<Oh, non preoccuparti, devo cenare con papà stasera, perciò...> Mi mette una mano sulla nuca e mi sussurra di fare silenzio con il verso.

<Stai tranquilla. Lo hai detto tu prima, io ti voglio accanto a me.> Dice. Certo, e io lo sono davvero come prima gli ho fatto capire pronta per questo? È solo una bambina, la sua bambina, non potrà che essere gentile, altruista, bella e dolce come lui, ma...

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